di Carlo Felici
Quando le montagne partoriscono i
topolini, l'unico problema è cercarli finché non li si trova
concretamente, perché, evidentemente, in questi casi, non fanno a
tempo a nascere che già si perdono in spazi infiniti.
E' così per il tanto strombazzato
“patto sulla scuola” del neo governo affetto da uno spasmodico
riformismo giovanilista.
I punti che vanno emergendo partono da
un assunto sacrosanto che però appare, appunto, come quando una
montagna in preda alle doglie si agita, solleva un gran polverone..da
cui esce timidamente un topolino che, tra tanto clamore e tante
nuvole di terriccio, non si sa più dove sta e né dove va.
L'assunto è che la scuola deve essere
il cardine di una società, e aggiungiamo, però anche la ricerca,
l'innovazione, la capacità di competere. Se non si comincia infatti
a praticare queste qualità da quando si è piccoli, difficilmente le
si potrà mettere in campo da grandi, specialmente se poi non ti
danno né mezzi né risorse per farlo, costringendoti così a
trovarle all'estero.
Stabilizzare gli insegnanti è dunque
la prima cosa, ma cominciamo da quelli già in ruolo, che le
precedenti riforme, con ritmo asfitticamente sincopato, hanno
costretto oggi a ballare da un corso all'altro e a fare spesso e
volentieri i tappabuchi senza più uno straccio di continuità
didattica. Lo conferma il sottoscritto che, insegnando Lettere, prima
che il furore riformista venisse messo in campo aveva due corsi con
continuità didattica assicurata, mentre oggi, invece, ne ha cinque
ballerini e svolge anche una sola ora a settimana in una classe,
facendo concorrenza alla collega di religione.
Immettere in ruolo i precari è
sacrosanto, ma non per costringerli a fare i supplenti a vita, bensì
per coprire cattedre scoperte che vanno integrate con una adeguata e
piena continuità didattica. E in ogni caso, non si vede perché la
figura del supplente debba sparire, specialmente se si prevede che
chi si candiderà per insegnare dovrà fare dell'opportuno tirocinio,
prima di avere una cattedra tutta sua..se mai l'avrà.
Un piano di assunzione pluriennale poi,
esattamente come l'elargizione degli 80 euro a pioggia (e senza
meriti famigliari di vario genere), corrisponde all'ennesima
democristiana politica clientelare, per cui, “se duro” forse
avrai il posto e se “cado” invece no..per cui votami..
La questione del merito è poi annosa,
se ne parla e straparla infatti da un sacco di tempo, ma oggi
finalmente sappiamo dove vuole andare a parare: all'abolizione degli
scatti di anzianità, al cottimismo di cattedra, per cui se ti
sottometti devotamente alle direttive dirigenziali e sei disposto a
fare più ore da tappabuchi, in attesa che la supplentite passi,
allora avrai qualche spicciolo in più, altrimenti ciccia..resterai
un docente “paria” europeo con uno degli stipendi più
scalcagnati che esistano nel continente.
Chiariamo subito un fatto: il merito
individuale nella scuola può esistere per le qualità di un docente
o di un altro, ma nei risultati, quello che conta è sempre un merito
di gruppo, collettivo: a partire dai Consigli di Classe, e
continuando per quelli di Interclasse e, non ultimi, per i Collegi
dei Docenti in grado di assicurare concreti indirizzi innovativi ed
efficaci strategie per risolvere i problemi delle singole classi e
dei singoli studenti. Solo una sinergia di intenti assicura nella
scuola risultati validi, lo sgomitare gli uni contro gli altri per
mettersi in evidenza, non solo è un pessimo esempio per gli alunni,
ma porta a situazioni incresciose, anacronistiche e invivibili.
Singolare poi è il fatto che anziché rafforzare la possibilità che
gli utenti valutino il servizio a loro erogato, si pensi piuttosto a
dare facoltà di valutazione ai dirigenti scolastici, senza per altro
capire chi e come dovrebbe, a sua volta, valutare il loro operato.
Una valutazione quindi che
borbonicamente cala sempre dall'alto e non viene mai, come accade nel
mondo un po' più progredito del nostro, dal basso.
Ci auguriamo infine che non ci venga
riproposto l'ennesimo salto della quaglia del gradone che avvenne
alcuni anni fa: solo in base alla frequenza di corsi obbligatori,
tenuti da società e associazioni private di vario genere, che
ovviamente si facevano pagare, su tutto e di più..persino sul
bridge. Abbiamo ancora il paradosso che per passare di ruolo il
punteggio dell'abilitazione non conta un accidente..e parliamo di
merito.
Una proposta sensata c'è stata: quella
di scaricare dalle tasse l'acquisto di libri indispensabili per il
lavoro di un docente..ma in questo caso il topolino è stato abortito
prima che nascesse.
Infine la questione degli orari, degli
scatti e degli oneri di lavoro, se lo metta bene in testa questo come
ogni altro governo, deve essere regolata in sede di contrattazione
collettiva nazionale, non puo' certo essere affidata ad un sondaggio o
ad un non ben definito patto clientelare con gli elettori.
E il contratto dei docenti ormai latita
da più di cinque anni.
A rendere ancora più grottesca tale
questione vi è la questione annosa della quota 96, e cioè il fatto
che molti insegnanti debbano, indipendentemente dai loro meriti,
essere costretti a lavorare quando meriterebbero abbondantemente di
andare in pensione, per i diritti che hanno acquisito nel tempo, già
da quando i nostri e le nostre solerti e avvenenti governanti attuali
vestivano il grembiulino.
Ma evidentemente lo spasmodico
riformismo giovanilista è affetto da una certa dose di schizofrenia:
da una parte vuol rottamare il “vecchio”, dall'altra se lo tiene
ben stretto con tutte le grinfie, sono i paradossi del gelato alla
liquirizia e al limone.
Possiamo dunque serenamente concludere
che senza il riconoscimento di due meriti essenziali connaturati alla
sola professione docente: uno stipendio nella media europea, e il
diritto di andare in pensione senza costrizioni, ogni altra questione
sul merito è ridicola e insensata.
Veniamo alle altre questioni: quella
del sostegno è sacrosanta, è necessario assicurare agli studenti
concretamente i loro diritti, a partire da coloro che sono titolari
di legge 104, cosa che non avviene, anzi, per esperienza diretta,
posso dire che avviene spesso il contrario, si dà magari molto
risalto a chi ha difficoltà di apprendimento, e per coloro che invece
hanno disabilità certificate, non ci sono strumenti o strategie
idonee da mettere in campo o insegnanti di sostegno da avere dal
primo giorno in classe. E questo accade perché sovente la burocrazia
dei “pezzi di carta” prevale su ciò che operativamente e
tempestivamente è necessario praticare da subito, e non attendendo
che le “carte” arrivino da chissà dove.
Nella scuola non ci sono psicologi né
medici scolastici, come accadeva un tempo. Anni fa periodicamente,
persino gli insegnanti erano soggetti all'esame della tubercolina per
prevenire forme di contagio, oggi che il pericolo della TBC è
tornato prepotentemente per l'arrivo di poveri disperati e malati che
a migliaia si riversano sulle nostre coste ogni giorno, contagiando
anche chi li accoglie nell'immediato, questo esame non si fa più.
Quindi direi che le scuole devono
tornare ad avere strumenti e specialisti in grado di operare in loco
più che strombazzare sui corsi da somministrare ai docenti per un
fai da te senza né capo né coda.
La lotta alla dispersione scolastica da
tempo avrebbe dovuto essere affrontata con un biennio unico della
scuola superiore da frequentare obbligatoriamente e con forte valenza
formativa. Invece siamo ancora al busillis se tagliare un anno nella
scuola media o nella scuola superiore, infischiandosene alla grande
del raccordo cruciale trai due cicli.
L'innovazione digitale ben venga, ma se
un computer funziona ad alta velocità e poi un tetto gli crolla
sopra, temo che la navigazione supersonica non serva nemmeno per
scappare dal banco.
Le scuole aperte da mattino alla sera
con quali risorse economiche si tengono in funzione? Chi li paga i
bidelli per un orario di 15 ore al giorno? Oppure con questa scusa si
mira ad appaltarle ad associazioni che ne trarranno lucro, magari
sostituendosi alle offerte formative dei docenti in servizio, come
già avviene per alcuni spazi già appaltati da certe scuole? E'
forse questa l'ennesima scusa per finanziare le scuole private che in
Italia sono fra le peggiori al mondo, bocciate continuamente
dall'OCSE?
L'alternanza scuola-lavoro cosa vuol
dire? Far entrare i privati nei Consigli di Istituto, per compensare
eventuali finanziamenti con iniziative di tirocinio non pagato oppure
con dovute sponsorizzazioni? Ci sono negli USA già insegnanti che
periodicamente si mettono il cappellone da cuoco e fanno pubblicità
ai fast food per incrementare i fondi scolastici, io sto già
pensando ad un bel travestimento da pizzettaro.
Il governo parla di rilancio
dell'autonomia scolastica e quest'anno ha obbligato tutte le scuole
ad adeguarsi allo stesso calendario scolastico, un'altra bella
schizofrenia del cosiddetto spasmodico riformismo giovanilista.
La vera autonomia si fa raccordando le
istituzioni scolastiche con quelle culturali del territorio, a
partire dai Municipi, facendo entrare nelle scuole coloro che
organizzano mostre, convegni, cineforum, attività di formazione,
cinema, teatro, letteratura, ricerca scientifica, non evidentemente
andando a raccattare sponsorizzazioni da banche, istituti finanziari
oppure da gestori di catene di fast food.
Facciamola finita una volta per tutte con questo sistema di crediti e debiti che serve solo per abituare il cittadino, fin da piccolo, a entrare nel Monopoli di una società in cui è destinato ad essere valutato solo come merce da utilizzare per fini di profitto.
Facciamola finita una volta per tutte con questo sistema di crediti e debiti che serve solo per abituare il cittadino, fin da piccolo, a entrare nel Monopoli di una società in cui è destinato ad essere valutato solo come merce da utilizzare per fini di profitto.
Insomma il topolino è uscito e si
agita parecchio, ma si stenta a trovare dove effettivamente vada a
parare se non sul cacio degli ennesimi maccheronici tentativi di
farsi un po' di pubblicità mentre si corre solo su un tapis roulant
che non porta da nessuna parte.
Renzi continua nella sua affabulazione
per convincere gli italiani che a lui non ci sono alternative e che
lui sfida l'impossibile ripetendoci, fino alla nausea: “Se era una
cosa facile, non eravamo qui..”
Vuole un patto serio sulla scuola?
Ebbene, cominci con l'usare bene il congiuntivo.
Non è ancora stato riformato e temo
per lui che non sia riformabile.
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