di Carlo Felici
Si fa pubblicità ad un prodotto quando
lo si vuole lanciare sul mercato e si crede, altrimenti, che non
potrebbe avere consumatori né spazio per potersi affermare. In
genere, infatti, è difficile vedere la pubblicità di prodotti
largamente venduti e consumati, la si osserva, in questi casi, solo quando
qualcuno di essi viene aggiornato con uno nuovo e nemmeno per tanto
tempo, se il trend prosegue come quello del modello precedente.
Il fatto, dunque, che la televisione di
Stato, in Italia, ci propina a raffica, da un po' di tempo,
pubblicità di ogni genere sulle magnifiche sorti e progressive
dell'Unione Europea, quando non lo ha mai fatto in precedenza,
nemmeno in tempi in cui la UE era in formazione o quando certi
trattati capestro erano pronti per essere varati, è un sintomo
preciso delle difficoltà che l'Italia ha a restare in un contesto
ormai gradito sempre meno dai suoi cittadini. In poche parole, nella
mentalità dell'italiano medio, almeno negli ultimi tre, quattro
anni, da quando cioè la crisi economica si è fatta più dura, lo
stare in questa comunità appare sempre di più come restare nella
gabbia di uno zoo, in cui, per altro, i gestori hanno deciso di
risparmiare sullo spazio concesso agli animali e sul loro cibo.
Questo è in effetti il risultato di un rigorismo fine a se stesso, o
meglio, che non ha altra finalità che dirottare gli investimenti dai
settori produttivi a quelli speculativi.
In Italia, anche se molti non se ne
accorgono o sono facili prede dei pifferai del “tutto bene madama
la marchesa”, si rischia ormai l'unità nazionale, per vari fattori
concomitanti.
Il primo è che il divario tra Nord e
Sud, con la crisi economica, si è acuito ed aggravato a causa sia
della disoccupazione endemica giovanile, sia dell'avanzare di mafie
sempre più invadenti ed arroganti sia, infine, per fenomeni
migratori che stanno assumendo proporzioni bibliche a causa dei
conflitti sempre più aspri nella sponda sud-est del Mediterraneo.
Il secondo è dato dallo scollamento
progressivo tra il tessuto produttivo e lo Stato che non riesce ad
onorare con sufficiente solerzia i suoi debiti con le aziende e che
negli ultimi anni ha tagliato le sue stesse gambe, colpendo settori
nevralgici come la scuola e la sicurezza, che sono il collante
essenziale di tutto il tessuto sociale complessivo.
Il terzo è la spirale perversa di un
debito che cresce, in mancanza di crescita produttiva e di consumi, a
causa di un costo del lavoro reso sempre più gravoso da lavoratori
che sono costretti a lavorare fino a tarda età, magari demotivati, e
che sbarrano così l'accesso ai giovani, per un costo elevatissimo
delle materie prime che dobbiamo importare a prezzi superiori ad
altri paesi europei, per una macchina burocratica e amministrativa
elefantiaca e inefficiente che non viene snellita per un motivo ben
preciso.
Se gli investimenti fossero infatti
favoriti da condizioni amministrative più idonee ed efficienti, si
spezzerebbe improvvisamente quel circolo vizioso tra politica e mafie
che ha alimentato ed alimenta tuttora un giro di affari tra i più
lucrosi al mondo e che fa dell'Italia uno dei paesi più corrotti che
esistano. Se ciò accadesse, si libererebbero forze sane e, di
converso, diminuirebbe quella gran quantità di lavoro nero e
sommerso che è alla base del reclutamento di manodopera sempre più
sfruttata e precaria e, ovviamente, calerebbero in picchiata i
profitti di chi la gestisce per i propri fini lucrosi: amministratori
locali collusi con organizzazioni criminali che, tra l'altro, ormai
finanziano, magari con appositi istituti finanziari di riciclaggio e
copertura, certe attività che pur entrano nel ciclo produttivo,
anche se sono in nero, più delle banche che non si fidano delle
imprese perché esse rischiano sempre di più, per mancanza di mezzi
e di competitività, il fallimento.
L'Italia, in questo modo, si sta, come
è sempre più evidente, “balcanizzando”, e cioè sta diventando
un paese che, da grande potenza industriale, è ridotto sempre di più
a crocevia di scambi e di attività lucrose soprattutto per grandi
criminali, politici e mafiosi, destinati così a gestire le nostre
risorse ed il nostro territorio solamente in base ai loro sporchi
fini (droga, rifiuti tossici, prostituzione, vendita di armi,
commercio di clandestini e persino di minori e di organi umani..),
con la conseguenza che, chi non rientra in questo sistema di
vassallaggio e di sfruttamento che porta pochi ad arricchirsi sempre
di più e molti ad impoverirsi in maniera vertiginosa, è costretto
ad andarsene o a chiudere bottega.
La picconatura del sistema Italia ormai
ha raggiunto le fondamenta, perché si è fatta strutturale, in
quanto questi apparati hanno ormai capito che il colpo definitivo può
essere assestato proprio traendo immediato vantaggio dal contingente.
Essa così investe oggi sia
l'architettura istituzionale sia la storia dell'Italia.
Distruggere la Costituzione e
annientare la storia del Risorgimento e della Lotta di Liberazione
sono gli ultimi elementi che consentono di far perdere sia il senso
sia l'identità per cui un popolo può esistere ed in cui esso si
deve riconoscere.
Relegare l'amor di Patria nella
retorica e magari lasciar marcire qualche suo servitore in lontane
galere d'oltremare, svilendo così ogni dignità nazionale,
considerare la sovranità nazionale come una sorta di impaccio di cui
liberarsi in nome dei presunti vantaggi dei cosiddetti Stati Uniti di
un'Europa senza Costituzione, senza governo, senza unità fiscale e
senza un suo esercito, criticare le basi stesse su cui tale unità è
sorta, avendo nel mirino continuamente il suo protagonista
principale: Garibaldi, tacciato di essere poco più che un ladrone di
cavalli, un avventuriero, un opportunista e un fucilatore criminale,
considerare l'antifascismo (indissolubile rispetto
all'anticapitalismo) come superato, e infine distruggere la stessa
architettura della Costituzione, nata dalla lotta al dispotismo serve
proprio a fare dell'Italia una “nuova espressione geografica”.
Uno sgorbio politico, sociale ed economico che serve solo come
discarica e base militare per un continente ridotto a Vallo
Atlantico: a muro di contenimento della pressione Nord - Sud che sta
seriamente minacciando l'egemonia di chi si è cullato per decenni
nel sogno di poter restare l'unica superpotenza al mondo.
Noi italiani non abbiamo mai avuto una
piena sovranità nazionale, da quando abbiamo perso la seconda guerra
mondiale, per decenni siamo stati la sentinella avanzata di un
Occidente vincolato al fattore K. Dalla caduta del muro condominiale
tra Est e Ovest, avremmo dovuto conquistarcene un pochina di più,
invece è andata in maniera diametralmente opposta. Perché siamo
diventati la componente strutturale del muro portante (e quindi molto
più solido e rischioso) tra Nord e Sud.
La prima iniziativa è stata quindi quella di
liquidare anche quel poco di autonomia e di capacità di gestire gli
equilibri geostrategici nel Mediterraneo che aveva visto come
protagonisti alcuni leaders della cosiddetta Prima Repubblica:
Mattei, Andreotti, Moro, Nenni, Craxi e via dicendo, che avevano saputo
legare gli interessi dell'Italia con quelli di vari paesi della
sponda sud-est del Mediterraneo, garantendo così pace e reciproco
sviluppo economico e sociale in gran parte di questo bacino
storicamente nevralgico per tutta l'Europa e per tutto il mondo,
spesso pagando un prezzo altissimo quando l'autonomia rischiava di
diventare concreta indipendenza politica ed economica: la loro stessa
vita.
La seconda, connessa con la prima, ha determinato la nascita di partiti contenitori di
interessi trasversali e svincolati completamente da serie
progettualità politiche e sociali, si è rivelata strategica per la
diminuzione della nostra capacità di svolgere un ruolo autonomo in
campo internazionale. L'avvento dei guitti della politica,
provenienti per lo più dal mondo dello spettacolo, ha completato un
quadro che oggi ci vede completamente privi di iniziativa e di
indipendenza, schiacciati tra l'incudine di una egemonia militare
statunitense che ha incrementato la presenza di truppe, mezzi
militari americani e persino programmi televisivi (film, telefilm e
brutte copie di show televisivi) nel nostro paese, e il martello di
una egemonia economica tedesca che, con il ricatto dello spread e del
debito, ci impedisce sul nascere ogni possibile margine di
investimenti, di crescita e di iniziativa autonoma.
In questo contesto, si capisce bene
perché si vuole un Senato di nominati prima ancora di varare una
seria politica industriale, o una sul lavoro, sull'occupazione, sui
servizi e sull'amministrazione dello Stato. Perché è del tutto
evidente che a gestire le nuove leggi non debbono esserci i
rappresentanti del popolo e quindi dell'unità e della sovranità
dello Stato, ma solo i fiduciari di quelle lobbies amministrative
locali colluse con gli apparati corrotti e con quella criminalità
che da più di settantanni non è altro che il braccio armato dei
nuovi colonizzatori dell'Italia. Prima usata per sbarcare, poi per
combattere il pericolo rosso, ora per garantire la supremazia di una
porterei inaffondabile nel Mediterraneo.
Un popolo, però, si badi, è ridotto
in servitù, non solo a causa dell'arroganza dei suoi dominatori, ma
ancor di più, per la sua inedia ed inerzia, per la sua incapacità
cioè di essere consapevole e di lottare per liberarsi da un giogo.
Essere quindi regrediti a “volgo disperso che nome non ha” a
causa delle meschinerie autoreferenziali, delle corruttele,
dell'egoismo, dei municipalismi, della mancanza di cultura e di
quella coscienza collettiva che è civile prima ancora che “di
classe” è inevitabile per coloro che si adagiano ad un divenire
storico, considerandolo senza alternative, più o meno come il maiale
ritiene che il suo orizzonte si fermi al pappone che gli viene
fornito quotidianamente, e che, per di più, è contento di colui che
glielo fornisce anche quando quello entrerà nel suo cortiletto per
scannarlo. E con tutte le stragi impunite, gli omicidi eccellenti e le varie missioni di polizia bellica internazionale, gli scannamenti sono stati già parecchi ed è difficile ipotizzare che si possano arrestare. Perché sono stati sempre allineati e coperti dal continuo dispotismo di una perdurante menzogna.
Oltre a ciò, ormai gli italiani che
fino a circa trenta anni fa erano considerati un popolo con un
modello di famiglia tra i più solidi al mondo, si scannano pure da soli,
senza alcun intervento esterno. Qui, negli ultimi tempi, infatti, si
muore molto di più in famiglia “ordinaria” piuttosto che in una
“mafiosa” anche perché una mafiosa ammazza solo quando non può
fare altrimenti, quando cioè vede le basi del suo malaffare messe in
serio pericolo. Quando tutto le va a gonfie vele non ne ha alcun
bisogno. E qui ormai il vento spira in una direzione ben precisa.
Nonostante questo quadro, che ormai più
che essere allarmante è concretamente tragico, l'Italia, almeno per
chi ancora ci crede, resta un Paese straordinario, non più
riformabile però, ma solo “rivoluzionabile”, in senso
patriottico, internazionalista e legalitario.
In senso patriottico perché va
ricostruita tutta una serie di orientamenti culturali e sociali che
rimettano al primo posto la nostra storia, la nostra cultura e le
nostre tradizioni, con il preciso obiettivo di valorizzarle e
renderle seriamente competitive.
In senso internazionalista perché gli
orizzonti necessari per ampliare le nostre esportazioni e rifornirci
di energia con costi inferiori agli attuali, devono essere allargati
ai paesi emergenti con un deciso ripensamento degli orizzonti
geostrategici a cui veniamo vincolati tuttora, con persone coraggiose
che non temono nulla, nemmeno di mettere in gioco la loro stessa
vita.
In senso legalitario perché senza
rilanciare i principi basilari della nostra Costituzione (che non a
caso si vuole demolire definitivamente), senza rendere più efficace
e snella la sua applicazione, non si spezzerà mai il collare messo
all'Italia e la catena che la tiene tuttora “serva e di dolore
ostello, non donna di provincia ma bordello”, e cioè quello che è
fondato sulla trinità demoniaca: politica corrotta-criminalità organizzata-lavoro
nero.
Il Papa che viene da paesi da sempre in
lotta per emanciparsi anche a costo di essere mandati nell'inferno
del default, se ne è reso conto più di altri, ricorrendo al suo
strumento più forte e persuasivo, anche se temiamo, per i tempi che
corrono, per mancanza di fede, piuttosto “spuntato”: la
scomunica. Ci auguriamo comunque che abbia successo, e soprattutto
che Egli abbia lunga vita e che i suoi “ministri” siano sempre
più solleciti alle sue indicazioni e che, di conseguenza, anche le
Madonne in processione non piangano più e non abbiano alcun
cedimento né genuflessione, ma stiano ben salde e dritte a
testimoniare quella sola verità ed onestà che rende liberi.
Però noi dobbiamo contare anche su
qualcos'altro che sia più concreto.
Dobbiamo basarci su una nuova coscienza
politica e civile, dobbiamo avere il coraggio di testimoniarla nei
luoghi di lavoro, della sofferenza ormai endemica, nelle piazze,
nelle scuole, e, si badi, solo in ultima istanza nel web (perché il
mondo virtuale non ha mai cambiato quello reale), sottraendo ai
pifferai il monopolio della protesta.
Per far questo è necessario avere una
coscienza unitaria che porti a identificare come bene primario comune
per cui lottare, in primo luogo, la libertà e la dignità di essere
italiani.
Non si tratta però di abbattere
L'Europa in nome di una nuova Italia nazione e non si tratta nemmeno
di abbattere una Repubblica in nome di un'altra.
Cosa possiamo e dobbiamo volere lo
scrisse a chiare lettere Garibaldi:
“Noi non vogliamo abbattere la
monarchia per fondare le repubbliche, vogliamo distruggere il
dispotismo in tutte le sue forme per fondare sulle sue rovine la
libertà e il diritto. Il dispotismo è la menzogna: e la menzogna
deve essere odiosa a tutti, anche a coloro che non colpisce
direttamente nella loro esistenza e nei loro interessi. Il solo
rimedio contro il dispotismo è la fratellanza dei popoli.”
Ecco la rivoluzione di cui abbiamo
bisogno e per cui dobbiamo lottare con nuove forme di organizzazione
politica combattendo la concezione del "partito contenitore" di interessi, superando l'illusione di fare politica solo con il web, oltrepassando forme sterili di associazionismo in ordine sparso autoreferenziale, con nuovi strumenti di mobilitazione, anche e non solo sindacale, concreta, con il coraggio che
non arretra nemmeno di fronte al rischio di perdere la vita: quello
che ci liberi, insieme ad altri, in Italia, in Europa e nel mondo,
dal dispotismo della menzogna che riduce esseri umani e natura a sola
merce per scopo di profitto.
Che li ingrassa come maiali che sguazzano nella melma della loro miseria morale e sociale, sospesi tra
pappone e scannatura.
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