E' stata appena risolta, almeno temporaneamente la diatriba
sull’IMU, che già le polemiche e gli scaricabarili si susseguono con
ininterrotte litanie di rimpallo di responsabilità inerenti al fatto che
quello che viene definito dal centrosinistra “cedimento a Berlusconi” è solo un
cappio che maschera altre tasse perché i soldi mancano e li si dovrà trovare
con altre gabelle.
Un vergognoso tiro alla fune che ha come unico scopo quello
di smontare il misero contentino che il PdL sta dando ai suoi elettori per
giustificare il perdurante inciucio con il PD. Tanto che se, puta caso, il
centrosinistra dovesse vincere le prossime elezioni, c’è da stare più che certi
che la tanto vituperata IMU sarà ripristinata in un battibaleno. Questa è la
miseria di un paese in cui nemmeno l’abbraccio indissolubile tra due componenti
politiche che dovrebbero essere tra loro antagoniste, riesce a fare in modo che
si trovino soluzioni definitive e strutturali al perdurante degrado a cui
stiamo inesorabilmente andando incontro.
E non è un caso che ciò avvenga da quando quella componente
politica che ha segnato per circa un secolo la storia del nostro Paese,
configurandone le tappe più significative e socialmente avanzate, è stata
adombrata nella sua damnatio memoriae, fino a rendere quasi impossibile in
partenza che essa possa rinascere ed influire concretamente di nuovo nelle
sorti dell’Italia. Peccato davvero che le generazioni di ventenni non abbiano
mai visto, e chissà mai se lo vedranno, un vero partito Socialista all’opera in Italia.
Per loro questa parola è destinata a restare nel vocabolario delle astrazioni o
in quello dei sinonimi impropri ed impossibili, assimilandolo a ladro o
corrotto, quando, piuttosto, non è mai cresciuto tanto latrocinio e tanta
corruzione dal momento in cui il Partito Socialista Italiano si è eclissato
quasi definitivamente dal panorama politico italiano.
La cosiddetta sinistra radical chic italiana, che tutto è
fuorché socialista, nutre una particolare avversione per la povertà e per il
patrimonio frutto dei risparmi degli italiani, specialmente se esso si
concretizza in case di abitazione, tanto che uno dei suoi guru, nella rivista
“guida” L'Espresso, del gruppo editoriale più rappresentativo del
turbocapitalismo oggi in atto, arriva persino ad ipotizzare soluzioni di
“macelleria” per coloro che non dovessero farcela a pagare l’IMU.
Lo zelante editorialista della rubrica che non a caso si
chiama “libero mercato” propone addirittura che i poveri vecchietti che si
ritrovano come patrimonio di famiglia la loro casa, magari frutto di una vita
di risparmi, di sacrificio e di mutuo, e che non ce la fanno a pagarla, passino
allegramente dal mutuo magari appena estinto con una banca, ad un altro con lo
stato, per pagare tutte le rate IMU dovute, o al momento di lasciare la casa in
eredità, oppure in quello in cui dovranno venderla. Praticamente passando da una
rapina all’altra. Il cinismo di certi loschi figuri fa solo crescere la saliva
in bocca..con desiderio impellente di espellerla..
Il fatto è che questi guru non vivono in Italia, ma negli
USA e il loro compito è quello di sparare castronerie sul modello americano per
beatificarlo, senza minimamente preoccuparsi della situazione che esiste in
Italia, anzi, forse senza nemmeno conoscerla.
Ci si dice che le tasse sulla casa negli USA sono più salate
delle nostre…già, ma quelle sul reddito? Il reddito dell’editorialista
dell’Espresso risente di un’aliquota del 31,9%. Meno di un terzo delle sue
entrate, dunque, se ne va in tasse. Ma se il “guru” vivesse e lavorasse in
Italia e soprattutto se fosse “fedele” al fisco, egli sopporterebbe una
pressione fiscale effettiva pari al 55%.
E se fosse un pensionato “di latta” forse anche di più.
Quindi questa è la riprova che in Italia non solo la
sinistra non esiste, ma che quella che prova a spacciarsi millantando crediti
inesistenti, è pure peggiore della cosiddetta destra. E questo lo diciamo noi
che restiamo fedeli ad una idea e ad una concretezza socialista che va ben al
di là delle definizioni improprie e del tutto artificiose con cui si mascherano
i veri interessi trasversali.
La realtà, nuda e cruda, è che qui si sta vivendo ormai una
situazione sudamericana da anni settanta-ottanta, con una popolazione in cui il
10% di riccastri in combutta inossidabile con le stanze del potere, detiene più
di metà della ricchezza complessiva del paese, dovuta sempre di più a
sfruttamento da lavoro nero, a delocalizzazioni, a speculazioni finanziarie, a
taglieggiamenti di vario genere, a pensioni d’oro e a privilegi scandalosi che
nessuno si sogna di toccare.
Eccolo quindi il bandolo della matassa con cui semplicemente
si potrebbe spiegare ad uno studentello cosa potrebbe essere una grande forza
socialista in questo Paese, non certo quella che si accanirebbe contro l’unico
patrimonio senza gambe per scappare, ma quella che aspetterebbe al varco i
ricattatori del mondo del lavoro, quella che saprebbe come colpire le rendite
parassitarie e speculative, la grande evasione fiscale, le delocalizzazioni
selvagge. Non quella che incrementa la svendita del patrimonio immobiliare dei
cittadini per farlo finire nelle tasche degli stessi speculatori, evasori e
taglieggiatori in grado di comprarsi tutto quello che i poveri cristi onesti,
lavoratori e risparmiatori di una vita sono costretti a svendere a causa di un
carico fiscale insopportabile.
Diciamolo una volta per tutte: il Socialismo non è contro la
proprietà privata, non è contro il patrimonio, non è contro la ricchezza e
tanto meno contro il libero scambio. Il Socialismo è contro la proprietà dei
mezzi di produzione usati per sfruttare i lavoratori, è contro la ricchezza
ricavata da speculazioni e da taglieggiamenti, è contro lo scambio ineguale di
opportunità e di valore. E’ per la giustizia sociale non per il livellamento
sociale, è per la libertà di iniziativa e di creatività, non per quella
di realizzare oligopoli e monopoli commerciali.
C’è un profondo deficit di cultura ed una terrificante
assuefazione di origine clientelare e clericale alla logica di consorteria e al
trarre profitto dal vassallaggio che rende possibile tutto ciò, è quella logica
dei Trimalcioni abituati e proni a tutte le nefandezze, a tutti i più
triviali servaggi, pur di emergere ed avere una fetta di quella torta
riservata dai padroni ai loro servi, affinché assicurino loro la schiavitù
salariale di un intero popolo di latta, la medesima che rende un intero paese
perdurantemente “servo e di dolore ostello”.
Un'Italia serva e debole è la migliore garanzia di una
Europa succube e senza prospettive di reale emancipazione, ovviamente questo
chi ha interesse a insistere nel suo infinito imperialismo guerrafondaio, lo sa
bene, così come sa altrettanto bene che una Patria-Italia forte ed indipendente
sarebbe, come in passato, il preludio indispensabile e necessario per un
Mediterraneo ed una Europa altrettanto forte ed indipendente.
Meglio dunque rimpinzare i servi Trimalcioni affinché
esercitino il loro potere, affinché siano garanti dell'unica loro attitudine al
servire, imponendola a tutti, volenti o nolenti. Meglio riempire di guerre e di
migranti disperati il mare e le nostre coste per ingrassare loschi Caronti con
profitti di bragia, meglio stravolgere l'identità e la cultura di una nazione.
Questo si fa ovunque si metta in atto ogni politica
neocoloniale, in tutti i continenti, ora anche in quello europeo.
Ma cosa si fa per rovesciare questa perversa dinamica che
sta distruggendo anche le nostre radici, portandoci a spendere più per servire
in armi che per valorizzare, scuola, formazione, ricerca e un patrimonio culturale
ed artistico di inestimabile valore? Più per credere obbedire e combattere e da servi, piuttosto che
per pensare, ribellarsi e lottare per emanciparsi da popolo libero?
Stando così le cose (e sfido chiunque dotato ancora di un
briciolo di dignità e libertà di pensiero a confutarle), rebus sic stantibus,
solo una rivoluzione.
Quella che ti fa cacciare i padroni, i loro vassalli,
valvassini e valvassori, restituendo al popolo e alla sua Patria-Italia la sua
dignità, la sua sua Tradizione, la sua giustizia e la sua libertà.
L'unico Socialismo oggi vincente è quello patriottico ed
ecologista, quello che crede all'internazionalismo non in forma astratta, ma
solo in base a indirizzi concordati e comuni per una comune emancipazione nella
diversità degli intenti, delle storie e delle realtà sociali, economiche e
politiche. E' quello Sudamericano, non quello europeo, terribilmente asfittico,
impotente, e spesso servo di interessi neocoloniali, guerrafondaio ed
interventista, come se non più dei governi dichiaratamente neoliberisti, oppure
proteso alla tutela degli interessi nazionali di un grande e rinnovato
lebensraum (spazio vitale).
La strada verso un Socialismo autenticamente patriottico,
libertario (perché basato non su una nomenklatura di potere ma sulla
responsabilità, sulla autonomia e sull'autogestione), in Italia è dura,
tortuosa e difficile, soprattutto perché appena si prova a parlare di Patria in
questo paese, emergono inesorabilmente gli spettri del suo passato fascista,
fino a fare spesso dell'antifascismo una sorta di caricatura di se stesso,
dimenticando proprio che i partigiani erano patrioti, prima ancora che
combattenti “di parte”. Lo erano Mattei, Pertini, Terracini, Spinelli fautori
di una Patria-Italia grande, in una Europa altrettanto grande e dei popoli, e
non degli speculatori e dei banchieri, lo dovremmo essere ancora tutti noi,
riuscendo a fare finalmente quella rivoluzione socialista di cui abbiamo
bisogno, al grido di Patria o morte!
Sempre se morti non lo siamo davvero, al grido di..
“solo Renzi può battere Renzi” o già sepolti con una risata grillina.
C.F.
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