A costo di sembrare impertinente oppure indifferente, per me l'immagine
emblematica della crisi siriana non è quella dei “gasificati”,
ma piuttosto quella del senatore Mc. Cain che, mentre il Senato
delibera sull'eventuale intervento armato degli USA in Siria, se ne sta
stravaccato a giocare a videopoker.
Per carità, nulla da invidiare ai senatori nostrani, che si
sdraiano addormentandosi sui sedili o i cui concerti “pianistici”
sono famosi al mondo e persino negli oceani, per non parlare poi
degli straordinari incontri di pugilato, su cui ormai si tuffano pure
gli allibratori
Questa, che vi piaccia o no, è la “democrazia” (il maddeché
è superfluo), o meglio la maschera grottesca con cui un regime,
ormai planetario, cerca in maniera sempre più ridicola di
nascondersi per continuare a contare sulla complicità delle
addomesticate masse votanti.
Sulla crisi siriana sono stati versati fiumi di inchiostro, per
cui queste brevi note non pretendono certo di offrire la migliore
chiave di lettura dell'ennesima impresa neocolonialista che
l'Occidente, a guida inossidabilmente USA, si accinge ad
intraprendere.
L'ambizione resta evidentemente quella, dal Kosovo, alla Libia ed
ora verso la Siria, passando per Israele, di rendere il Mediterraneo
un lago americano, con solidi e fedeli approdi, specialmente lungo le
nostre coste italiane, in un perdurante clima di guerra d'azzardo in cui si rialza la posta in gioco in continuazione e sempre si più. E' lo stesso gioco d'azzardo che orienta i meccanismi speculativi dei mercati oppure le società di rating. La foto del senatore americano che gioca a videopoker nel Senato ne è l'immagine più efficacemente simbolica ed emblematica. E' il saloon della democrazia
L'unico intoppo, per questo progetto che non è altro che la
prosecuzione di una guerra perdurante di conquista, intervallata solo
dalla rottura del muro condominiale tra est e ovest, ma con
l'obiettivo sempre più dichiarato di estendere il Vallo Atlantico da
Nord a Sud, è oggi un altro Stato che, pur essendo oggi a guida
socialista, nutre ambizioni analoghe nel Mediterraneo: la Francia.
E' quindi arduo decidere se condannare il presidente Hollande per
avere rinnegato ogni minima moralia socialista con il suo perdurante
anelito neocolonialista e guerrafondaio, perfetta prosecuzione di
quello del governo conservatore che lo ha preceduto nell'intervento
in Libia, oppure applaudirlo perché l'unico in grado di competere
ancora nel Mediterraneo contro lo strapotere USA.
Noi che evidentemente continuiamo a preferire il socialismo di
Pascoli a quello di Labriola, almeno nelle posizioni che riguardarono
la politica internazionale, siamo tuttora per una condanna netta e
senza riserve.
Anche perché con essa condanniamo allo stesso tempo un Partito
Socialista Europeo del tutto inesistente, impotente ed inutile,
specialmente nella capacità di mediare ed affermare, a livello
continentale, politiche che mettano al primo posto la pace, la
diplomazia e la solidarietà tra i popoli, impedendo concretamente
derive nazionaliste e guerrafondaie.
Non crediamo tuttavia, con spirito pienamente libertario, che per
spegnere l'incendio che rischia di trasformare il Mediterraneo in un
lago di sangue, in particolare con le migrazioni bibliche che seguono
alle perduranti guerre, si possano o debbano esaltare pompieri come
Russia, Cina o Iran, e non per sottilizzare sulla loro carta di
identità, ma semplicemente per il fatto che essi stessi non hanno
alcuna intenzione di esercitare quel ruolo di spegni incendio.
Le recenti crisi internazionali hanno infatti dimostrato che
quelle che appaiono solo ad occhi distratti come potenze antagoniste,
sono in realtà perfettamente inserite nella dinamica globale del
turbocapitalismo e traggono anch'esse vantaggi dai conflitti, in
termini di vendita di armi, sfruttamento delle materie prime ed
espansione dei mercati speculativi.
Nell'antitesi tra Socialismo e barbarie, Russia, Cina ed Iran non
esprimono dunque la prima opzione ma la seconda, e se poi
coniughiamo, come è necessario, il Socialismo con l'imperativo
categorico di salvare la Terra per salvare l'umanità, ciò è ancora
più evidente.
Da questo punto di vista le carte in regola le hanno di più certi
governi Sudamericani, o almeno la tendenza in atto in alcuni degli
stati Sudamericani, non tutti, se infatti prendiamo ad esempio l'Ecuador che
è seriamente orientato a vendere 3 milioni di ettari di foreste
pluviali alle compagnie petrolifere cinesi per ripagare i suoi
debiti. Una barbarie che equivale ad una guerra alla natura e ad i
popoli indigeni che la popolano.
Noi, dunque, nella diatriba siriana, non siamo affatto tentati di
sostenere il dittatore Assad, tanto meno il lupo famelico americano o
i falsi pompieri che strillano solo per alzare il prezzo della loro
altrettanto famelica indifferenza come Russia e Cina.
Noi restiamo dalla parte del silenzio dei popoli innocenti,
vilipesi, martoriati e trucidati, sia quando restano nella loro
patria dilaniata, sia quando sono costretti a scappare, naufragando
in un mare di disperazione.
Noi restiamo convinti che la ragione principale di un
Ecosocialismo che sa validamente contrastare la barbarie globalizzata
nella riduzione dell'essere umano e della natura a merce per fini di
profitto, consista ancora e principalmente nel “fare la guerra alla
guerra”, in ogni luogo ed in ogni tempo.
Che sia tuttora la molla principale di una rivoluzione necessaria
e globale e sempre più impellente per salvare la Terra e l'Umanità
dal completo annientamento e dalla totale desertificazione, da
combattere con ogni mezzo comunicativo e pratico.
Il Comandante Chavez ci ha lasciato in eredità un messaggio
chiaro e preciso con queste testuali parole: “Se
vogliamo salvare la Terra e l’Umanità dal cambiamento climatico
dobbiamo prima farla finita con il capitalismo”, precisando che “il
cambiamento climatico è l’effetto e non la causa del sistema
capitalistico”.
Questa
è la vera espressione di un Ecosocialismo che contrasta la barbarie,
questa la bussola non per un unico paese, ma per l'intera umanità.
Guerre
e devastazioni ambientali ormai procedono di pari passo e sono a
tutti gli effetti già guerre atomiche; ridicolo pensare di
condannare le armi chimiche quando si usano in continuazione armi
all'uranio impoverito che contaminano permanentemente ambienti,
persone e persino soldati belligeranti.
Chi
oggi ancora si ostina a scrivere nel suo simbolo una parola come
“sinistra” che non significa più nulla perché di fatto non
rappresenta concretamente tali obiettivi, e contemporaneamente mette
al primo posto l'allargamento delle intese (anche in questo caso in perfetto stile da pompiere del nulla) che servono solo per
passare dalla zuppa con il piattino di lenticchie al pan bagnato
nelle lacrime dei lavoratori, non ha capito un accidente della
dicotomia Socialismo o barbarie, e forse farebbe meglio di gran lunga
a sostituire la bussola con l'astrolabio, se non altro per rialzare
un tantinello la testa..
C.F.
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