Tra le tracce dei temi proposti ai
maturandi ieri, forse la più intrigante è quella sugli omicidi
politici.
A guardarla così, dopo una breve
scorsa, sembra più che altro un esorcismo, il ministro infatti ha
messo insieme omicidi politici di vario genere, di varie epoche e del
tutto scollegati tra loro, con un unico filo conduttore che sembra
sotteso ai brani presentati: l'omicidio politico è sbagliato
comunque, in tutte le epoche.
La prima cosa che colpisce innanzitutto
è il taglio prettamente manualistico e cronachistico dell'antologia
offerta allo studente.
Abbiamo su Francesco Ferdinando alcune
righe che ci descrivono i fatti ma che non lasciano minimamente
presagire il clima in cui quell'attentato maturò, e cioè, tra l'altro, che l'erede al
trono era uno dei principali sostenitori della pace e voleva
scongiurare la guerra con la Serbia a tutti i costi.
Il secondo brano su Matteotti non
menziona minimamente il fatto che il coraggioso deputato Socialista
stava indagando e soprattutto stava per denunciare pubblicamente i
loschi affari che legavano strettamente il nascente regime fascista a
quegli speculatori che, senza scrupolo alcuno, lo finanziavano e
traevano ancora profitto da affari illeciti.
Il terzo, su Kennedy, lascia
completamente in ombra il fatto che il Presidente americano avesse
negato l'appoggio aereo ai controrivoluzionari cubani sbaragliati
nella baia dei Porci e stesse, con il provvedimento del 4 giugno
1963, sottraendo alla Federal Reserve il suo potere di affittare la
moneta al governo, in cambio del pagamento di interessi. Questo
sicuramente avrebbe impedito al debito di crescere e avrebbe colpito
gli interessi di un gigante finanziario come la FED, restituendo
sovranità monetaria allo Stato. Nulla nella traccia è menzionato in
merito all'impegno preso dal presidente di uscire dal Vietnam entro
il 1965, e cioè entro il suo secondo eventuale mandato. Kennedy si
trovò così a sfidare il governo monetario attaccando al cuore i due
sistemi nevralgici da sempre usati per indebitare gli stati: la
guerra ed il controllo della moneta da parte di una banca privata.
Praticamente ciò che accade oggi all'Italia e ad altri paesi europei
con la BCE e con le missioni internazionali.
Infine su Moro cosa abbiamo? Alcune
righe di cronaca che nulla ci dicono del fatto che egli stesse
cercando nuovi equilibri politici, accelerando con gli accordi con il
PCI, il passaggio di quel partito ad una area socialdemocratica, e
soprattutto il fatto che anche lui, come Kennedy, si stava battendo
per restituire sovranità monetaria al nostro Paese.
Egli ebbe infatti l'idea di emettere
biglietti di Stato a corso legale senza chiedere in prestito
banconote a Bankitalia, ciò per consentire l'emissione Sovrana,
senza debito, di cartamoneta a corso legale. Pochi sanno che in tal
modo le spese dello Stato furono finanziate per circa 500 miliardi
tra il '60 e il '70 e senza ricorrere a tagli, ma semplicemente
emettendo una cartamoneta di 500 lire a corso legale.
Gli ulteriori indizi della trama di
omicidi illustri che qui ci viene offerta dal ministro come uno
spezzatino ridotto all'osso, sarebbero tanti e notevoli, ma evitiamo
di dilungarci perché non vogliamo certo svolgere il tema al posto
degli studenti.
Quello che ci preme osservare piuttosto
è la liceità o meno del cosiddetto “omicidio politico” che,
evidentemente, nei casi menzionati appare non solo illecito, ma del
tutto immorale, quasi una sorta di "martirio".
Eppure non siamo affatto convinti che
sia così. Specialmente considerando l'omicidio politico più
importante perpetrato agli inizi del XX secolo, quello di Umberto I,
ad opera di Gaetano Bresci, inquadrabile perfettamente nella
categoria del “tirannicidio”, speriamo sia superfluo infatti
ricordare che quel re fece cannoneggiare la folla decorando
l'artefice della strage che ne seguì, e che Bresci disse a chiare lettere
che lui aveva “attentato al Capo dello Stato perché responsabile
di tutte le vittime pallide e sanguinanti del sistema che lui
rappresenta”, mettiamoci tra di esse anche un intero popolo
meridionale costretto alla rivolta, alla fame o all'emigrazione, e massacrato
senza pietà.
Vari attentati per ucciderli vennero
messi in atto anche contro Mussolini, contro Hitler e contro Stalin
anche se non ebbero esito positivo.
E' quindi del tutto evidente che la
questione “omicidio politico” deve comportare una efficace
riflessione su quanto e quando esso rientri nella categoria del "martirio" o del
“tirannicidio”
Una scelta, quest'ultima, che viene definita fin
dall'antichità, non solo come lecita, ma persino moralmente
necessaria, e se lo studente liceale forse ricorda bene Armodio e
Aristogitone oppure Bruto e Cassio, magari gli è più difficile
menzionare Giovanni di Salisbury che per la prima volta nel Medioevo
considerò legittima l'uccisione di un tiranno che avesse violato non
solo le leggi divine, ma anche il suo patto con il popolo dei suoi
sudditi.
E che dire poi di Vittorio Alfieri?
(questo almeno nei programmi liceali ci dovrebbe essere) Egli nel suo
trattato Della Tirannide afferma che colui che non vuole diventare
complice di un tiranno, rendendosi partecipe della vita servile e
corrotta della sua corte, e soprattutto volendo salvaguardare e
difendere la libertà morale a cui non vuole in alcun modo
rinunciare, ha solo due possibilità, altrettanto lecite, sebbene
estreme: il tirannicidio o il suicidio.
Alfieri però è ben consapevole che il
tirannicidio è molto rischioso e può solo essere messo in atto in
condizioni particolari e rare, e che è più frequente, per altro,
che si ricorra al suicidio per sfuggire allo spregevole dominio di un
governo tirannico e totalitario.
A questo punto temiamo però che il non
sappiamo se chiamare incauto o troppo avveduto studente avrebbe
seriamente rischiato di fermarsi a riflettere sui fin troppo numerosi
suicidi in corso in Italia e nei paesi più poveri di una Europa che
va configurandosi come un assetto monetaristico e finanziario
capitalistico e totalitario. Sulle sempre più numerose persone che,
per non essere umiliate dalla precarietà endemica, dalla questua del
lavoro nero rivolta a clientele o ad organizzazioni malavitose, dopo
essere state licenziate a causa di leggi che hanno reso sempre più
facile il truce compito dei buttafuori aziendali, di fronte alla
palese immoralità di questo sistema che pretende di avere la nomea
dell'unico mondo necessario e possibile, non potendo fare più altro
per se stessi e per la propria famiglia, per mantenere quella
sacrosanta dignità morale personale che dovrebbe essere assicurata
non solo dalla Costituzione, ma anche dalla religione maggiormente
praticata in Italia e in Europa, non vedendosi “rimettere i loro
debiti” e non potendo rovesciare gli artefici di tale infame e
tirannico assetto criminale, ammazzano irrimediabilmente loro stesse.
E' assai pericoloso che uno studente
arrivi a pensare tutto ciò, specialmente se vi si aggiunge il fatto
che il suo futuro è destinato ad essere desertificato nella penosa
trafila in una università squalificata, nella permanenza nel limbo
bamboccionesco dei falliti in partenza, soprattutto perché poco o per niente figli di papà, e infine in una penosissima età adulta
destinata a restare senza casa, senza famiglia e senza figli (perché
senza un lavoro che possa degnamente garantirli) indotta per giunta
a concludersi nella discarica di una vecchiaia senza pensione.
Meglio dunque che il giovane studente
non pensi al “tirannicidio” e che consideri l'omicidio politico
sempre e comunque un fatto aberrante, anche se per far questo si
arriva all'astrusità di mettere sullo stesso piano un erede ad un
trono imperiale come Francesco Ferdinando con un socialista nemico di
tutti i troni come Matteotti, o il capo di una repubblica
presidenziale-imperiale come Kennedy con un politico di un partito
“vassallo” di un paese-provincia di un impero economico,
finanziario, militare e politico come Moro.
Meglio che il "maturando" ci parli di un mosaico di
storie, al meglio delle sue possibilità, ricordando il suo
manualetto di storia e magari cercando il più possibile di rendere
il quadro unitario non troppo “astratto” o “cubista”.
E soprattutto molto meglio se non legge
Alfieri o se lo considera solo un letterato di altri tempi, uno che
era tanto “fuori di testa” da legarsi alla sedia, per consentirsi di attuare il suo “volli, fortissimamente volli”
E' meglio così in un mondo ed in una
società in cui è già tutto “voluto” in partenza.
C.F.
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