Aggiungo questo mio intervento sul 70° anniversario della morte di Stalin che non vuole essere una sua celebrazione apologetica ma solo un inquadrarlo meglio nel tempo in cui visse e per quello che disse e fece, in un'epoca in cui l'Unione sovietica era minacciata da forti spinte controrivoluzionarie all'interno e da attacchi da parte di varie potenze internazionali all'esterno. Nonostante ciò, essa fu in grado di elevare sensibilmente il tenore di vita del popolo e dotarsi di un potente apparato militare e industriale che in seguito le consentiranno di vincere la guerra e quella che era ritenuta allora la maggiore potenza militare del mondo.
Ciò fu possibile perché contrariamente a quanto si crede, Stalin sburocratizzò una struttura statale che tendeva a farsi nomenclatura, vedendo progressivamente scemare la partecipazione dei lavoratori alle assemblee, restituendo loro la partecipazione al lavoro quotidiano dell'amministrazione dello Stato.
Come avvenne ce lo spiega lo stesso Stalin: “Avviene attraverso organizzazioni sorte per iniziativa delle masse, attraverso commissioni e comitati di ogni genere, conferenze ed assemblee di delegati che si formano attorno ai Soviet, attraverso gli organismi economici, i comitati di fabbrica e di officina, le istituzioni culturali, le organizzazioni di partito, le organizzazioni dell'Unione della gioventù, le cooperative di ogni genere, ecc.
I nostri compagni talvolta non si accorgono che intorno alle nostre organizzazioni di base del partito, sovietiche, culturali, sindacali, educative, dell'Unione della Gioventù Comunista, dell'esercito, delle sezioni femminili, e di ogni tipo brulica un vero e proprio formicaio di organizzazioni, commissioni, conferenze sorte spontaneamente, che abbracciano masse di milioni di operai, e di contadini senza partito, un formicaio che crea con il suo lavoro quotidiano, impercettibile, meticoloso, silenzioso, la base e vita dei Soviet, la fonte e la forza dello Stato sovietico”
Questa citazione ci fa capire come la forza di Stalin non consistesse tanto nella imposizione di una ferrea dittatura autocratica ferocemente portata avanti con la persecuzione sistematica degli oppositori, che per altro ci fu, nelle situazioni complesse e difficili in cui si trovò l'URSS, ma piuttosto nella sua capacità di mobilitare masse sterminate e profondamente eterogenee, per origine, etnia e cultura, senza che necessariamente fossero irregimentate dal partito, ma solo tenute unite da uno sforzo comune di emancipazione collettiva.
Stalin lo disse esplicitamente nel definire la dittatura del proletariato non uno scopo ma solo un mezzo, con queste parole: "La dittatura del proletariato non è fine a se stessa: la dittatura è un mezzo, è la via che porta al Socialismo. E che cosa è il Socialismo? Il Socialismo è il passaggio dalla società in cui esiste la dittatura del proletariato alla società senza Stato” In questo, bisogna riconoscere che era in perfetta linea con le idee di Marx, ed evidentemente intende per società senza Stato una collettività mobilitata permanentemente per la sua emancipazione e per il suo benessere condiviso, priva di classi e di contrasti sociali.
Ciò nonostante, soprattutto dopo il 1937, nonostante gli sforzi e la mobilitazione collettiva che vide un intero popolo stringersi intorno alla sua guida, si accentuò la tendenza di Stalin alla autocrazia e alla sistematica persecuzione degli oppositori con episodi anche molto cruenti, ma questo fu dovuto all'incremento dei pericoli esterni collaterali a quelli interni che minacciavano l'Unione Sovietica. Nel 1925 già Francia e Germania si erano riavvicinate in funzione antisovietica, crescevano le voci per una “crociata anticomunista” delle nazioni, in Polonia ci fu un colpo di Stato che portò al potere un personaggio che ammirava Napoleone per la sua invasione della Russia e che voleva strappare l'Ucraina all'URSS, acquisendo pure un protettorato sui paesi baltici, . La Gran Bretagna ruppe le relazioni diplomatiche e commerciali con l'URSS, invitando la Francia a fare lo stesso, a Pechino l'ambasciata sovietica subisce l'incursione di truppe cinesi sobillate dalla Gran Bretagna, a Varsavia viene assassinato l'ambasciatore sovietico da un emigrato della Russia Bianca, infine a Leningrado viene fatta esplodere una sede del Partito Comunista. A ciò si aggiunge la crisi del 29 e un brusco calo della quantità di grano immessa nei mercati.
Fu a questo punto che la posizione di Bucharin e di Stalin si divaricò profondamente, mentre il primo voleva perseguire a tutti i costi una espansione rivoluzionaria in Europa tanto illusoria quanto foriera di spinte disgregatrici, Stalin invece affermava di voler consolidare la politica economica nell'URSS, procedendo a tappe forzate e mediante una capillare mobilitazione popolare, verso la collettivizzazione agricola che avrebbe garantito una produzione tale da poter finanziare lo sforzo industriale e bellico per mettere al riparo l'URSS da ogni pericolo.
Indubbiamente la collettivizzazione forzata ebbe costi sociali e umani abnormi, ma già nel settembre del 1934, si volle tornare ad una legalità che comportasse l'esercizio del diritto, in una società in cui non ci fosse antagonismo di classe e in cui il popolo potesse scegliere palesemente i propri delegati a suffragio universale maschile e femminile. Stalin affermò allora di voler persino respingere gli emendamenti alla nuova Costituzione che proponevano di privare dei diritti elettorali i ministri del culto, assicurandone la libertà, così come di privarne tutti coloro che non erano in grado di esercitare un lavoro o perché "non produttivi" anziani o perché disabili, fu respinta anche la proposta di proibire le cerimonie religiose.. Promosse la necessità di far accedere ad alte cariche i senza partito, dicendo che “la nostra politica non consiste affatto nel trasformare il partito in una casta chiusa”, per questo mobilitò specialisti, ingegneri e tecnici che si riconoscevano nel suo operato ma non provenivano dalle file del partito comunista. Allo stesso tempo, promosse accanto agli incentivi morali anche quelli materiali, sostenendo che un livellamento dei salari non era conforme ad una adeguata organizzazione del lavoro, introducendo il principio della “responsabilità personale” nello svolgimento del lavoro e dei premi che ne conseguono.
A questo punto si sviluppa un contrasto lacerante interno con Trozky che accusa Stalin di voler reprimere il movimento internazionalista proletario e di voler esercitare dei compromessi, mediante la sua burocrazia interna, con la borghesia nazionale ed internazionale, sostenendo che l'aggressione dei paesi imperialisti si può sconfiggere solo con il sostegno dei ceti proletari dei paesi aggressori.
Stalin invece è sempre più convinto che bisogna ricucire le ferite laceranti del passato, raggiungere una stabilità determinata dall'unione del partito con le masse dei lavoratori, e allo stesso tempo praticare una accorta politica di relazioni internazionali che veda l'URSS come protagonista della storia europea ma senza finalità espansionistiche.
Evidentemente questo è uno scontro mortale, che nella prospettiva di Trozky presuppone che l'aggressore tedesco possa essere utilizzato per sconfiggere, come era accaduto nel caso di Lenin, l'apparato militare di Stalin per sopprimerlo e rimuoverlo dal potere, e dall'altra invece, secondo Stalin, presuppone un contenimento temporaneo della spinta tedesca verso Est, con una spartizione delle aree di influenza, pur nella consapevolezza che lo scontro sarebbe stato inevitabile. Come è palese, la prima ipotesi, comportava una sconfitta strategica dell'URSS, la seconda una vittoria posticipata
Il diario di Goebbels conferma che i tedeschi avevano una radio clandestina che incitava alla ribellione in Russia, esortando il popolo a seguire Trozky
Per cui Trozky rappresentava agli albori della seconda guerra mondiale un pericolo mortale per l'URSS.
Molte persone oggi ripetono il ritornello di Stalin criminale senza una adeguata conoscenza storica e decontestualizzando completamente certe teorie palesemente false che hanno cominciato a circolare su Stalin dopo la sua morte e dopo il famoso rapporto di Krusciov
In effetti morto Stalin, Krusciov, per legittimarsi e compattare i consensi e risaltare, fece uscire un rapporto pieno di menzogne su Stalin che lo criminalizzava e che fu preso al volo da tutto il mondo anti comunista per screditare non solo Stalin, ma tutta l'URSS. Eppure i carri armati in Ungheria non li mandò Stalin ma Krusciov, Stalin non mandò truppe a reprimere dissensi popolari da nessuna parte, perché era ovunque popolarissimo anche nei paesi dell'Est. Fu Krusciov ad essere contestato, perché aveva scollato, al contrario di Stalin, la classe dirigente dal popolo, costruendo una nomenklatura, che proseguì nel tempo coi suoi successori e generò dissenso e rivolte represse con i carri armati. Ma Stalin non fece nulla di tutto ciò.
Questo ci sentiamo di dirlo come affermerebbe Tacito SINE IRA ET STUDIO, cioè senza una partigianeria di alcuna sorta e con una attenta documentazione delle fonti soprattutto sovietiche emerse con l'apertura degli archivi fino a qualche tempo fa secretati.
Carlo Felici
PS aggiungo infine che non sono "stalinista", sia perché l'unico stalinista è stato Stalin sia perché sono uno studioso di storia che cerca di documentarsi il più possibile, consapevole del fatto che ogni tesi storica è "perfettibile", per documentarsi su Stalin bisogna leggerlo, e in Italia pochissimi lo hanno fatto, anche perché la sua intera opera, dal 1950 è pressoché irreperibile se non sul mercato antiquario e se si è fortunati. Ultimamente sono riuscito a trovarla, e volete sapere...come erano le pagine, da 73 anni a questa parte? Intonse! Non le aveva mai lette nessuno.
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