di Carlo Felici
Abbiamo più volte auspicato il tramonto della sinistra e il risorgere del Sol dell'Avvenire, cioè di un autentico movimento Socialista capace di interpretare correttamente i nodi della crisi strutturale odierna e creare una alternativa di sistema che non corrisponda alle caratteristiche di uno sterile frontismo autoreferenziale di opposizione permanente, e allo stesso tempo non identificabile con il solito collateralismo delle truppe cammellate pronte alla bisogna per l'ennesimo centrosinistra in fregola di supposte alla vasellina.
Tutto questo ha motivato
la nascita di Risorgimento Socialista che, nelle premesse e nelle
assemblee fondative, aveva alimentato grandi speranze e una notevole
partecipazione, se non altro per la curiosità di capire come, dove e
se si sarebbe affermata questa proposta, tesa a catalizzare una sorta
di alternativa di sistema, per produrre finalmente quella metamorfosi
necessaria a passare da una sinistra di assemblati che hanno come
programma praticamente solo la loro lista, ad un progetto socialista
innovativo che fosse capace di camminare con le sue gambe, proprio
per la qualità dei suoi contenuti e l'originalità dei suoi
programmi.
Come e perché un
autentico Socialismo, coniugato con la parola sinistra, sia da
considerarsi, a seconda dei casi, o un ossimoro oppure un
tautologismo, lo abbiamo già detto, così come intendiamo debba
essere il Socialismo coniugato con le sfide e le contraddizioni del
XXI secolo, per questo, pertanto, rimandiamo al precedente intervento.
Ora cerchiamo piuttosto di
capire perché questo progetto chiamato per l'appunto Risorgimento
Socialista, con l'intento di far risorgere contemporaneamente i
valori e la specificità sia della proposta che del Paese a cui è
destinata, rischi di fallire sul nascere.
Innanzitutto il Movimento
è nato con un intento “largo ed elastico”, che ha saputo
concretizzarsi in una Dichiarazione di Intenti molto “aperta”, significativa e
condivisibile, la quale avrebbe dovuto essere la premessa per una
sorta di “contaminazione” a tutto campo di valori e di prassi
socialista, in special modo laddove il ruolo di quello che è rimasto
solo di nome un partito socialista è completamente venuto meno
perché schiacciato sulla prassi politica di un PD a conduzione
renziana.
Ricordiamo in sintesi i
punti fondamentali di questa dichiarazione che chiunque volesse può
in ogni caso leggere integralmente:
“Il nostro e’ un
impegno di lotta contro la distruzione formale e
sostanziale della nostra Democrazia ,come sistema di
governo complessivo della società fondato sulla piena e libera
rappresentanza della domanda politica e sulla mediazione democratica
delle conflittualità sociali, all’interno di una rete di valori
generali definiti dai principi inviolabili della nostra Carta
Costituzionale – ll nostro e’ un atto di volontà consapevole e
diretto contro la liquidazione esplicita della
identità Socialista e Democratica , come modello e
punto di riferimento della nostra sinistra di governo, compiuta dal
nuovo Partito Democratico .”
E ancora:
“E’ su questa base che parte oggi la
costruzione di un movimento, per il
Risorgimento Socialista; privo di nomenklature
racchiuse in gruppi dirigenti rigidi e stratificati,
in cui la compattezza politica ed operativa e’ affidata
esclusivamente alla qualità ed alla larga condivisione delle sue
proposte, con un comitato promotore aperto e plurale,
a direzione collegiale, espressione
della nostra assemblea costituente aperta e permanente, e,
soprattutto, con strutture territoriali di movimento a
livello locale cui tutti possono partecipare, quali
siano le scelte individuali di appartenenza partitica passata o
presente, per realizzare una rete diffusa di nostre iniziative , per
costruire un tessuto di rapporti attraverso cui far valere il nostro
contributo come un fattore essenziale di un più complessivo processo
di rinascita della sinistra italiana.
Non ci chiuderemo in noi stessi, ma
parteciperemo attivamente a tutte
le iniziative in atto ad ogni livello e di qualsiasi natura
funzionali alla difesa prioritaria della nostra democrazia
costituzionale ed alla
costruzione di una nuova sinistra nel nostro paese, non rinunciando a
voler verificare davanti agli elettori, se necessario anche
autonomamente , la qualità del nostro messaggio e delle nostre
proposte qualora il processo costituente a sinistra a cui guardiamo
non riesca a sorgere, o non possa essere definito in tempi brevi.”
A questo
punto è nata in molti la domanda cruciale: Risorgimento Socialista è
un partito o una Associazione?
E la
risposta tesa a costruire un soggetto politico autonomo che fosse
degno di tale significato, ha avuto come conseguenza quella di creare un
ennesimo minipartito, ovviamente con il suo ministatuto, il quale
comporta, si badi, nel suo stesso Statuto costitutivo ben sette organi
gerarchici
il Congresso Nazionale (CN)
* il Comitato direttivo/politico (CDP)
* il Coordinatore nazionale (S)
*L' Esecutivo nazionale (SN)
* I Comitati Regionali (CR)
* la Conferenza Generale permanente degli iscritti (CG)
* Comitato di Garanzia
* il Comitato direttivo/politico (CDP)
* il Coordinatore nazionale (S)
*L' Esecutivo nazionale (SN)
* I Comitati Regionali (CR)
* la Conferenza Generale permanente degli iscritti (CG)
* Comitato di Garanzia
Insomma doveva essere “privo
di nomenklature racchiuse in gruppi dirigenti rigidi e stratificati”
ma
le medesime nomenklature, una volta uscite dalla porta, sono
rientrate allegramente dalla finestra, e per altro stanno dimostrando
di funzionare poco o niente. Quando forse basterebbe al loro posto, solo
un piccolo e snello organo dirigente collegiale di cinque sei mebri al
massimo, eletto periodicamente dalle assemblee nazionali, per coordinare
e dirigere tutte le azioni nel territorio.
Un
movimento del genere, tuttora costituito da qualche migliaia di
aderenti (almeno sulla carta) sparsi in tutto il territorio, avrebbe
dovuto dotarsi di strumenti, in rete e territoriali, assai elastici ma
altresì concreti, per verificare permanentemente i suoi indirizzi e
stabilire, volta per volta, come attualizzarli e sostenerli,
adottando, allo stesso tempo, linee politiche e di sostegno elettorale
condivise, anche quando fossero frutto di un aspro dibattito interno.
Ogni
dibattito, anche molto acceso, così come ogni documento che
eventualmente ne fosse scaturito, avrebbe dovuto circolare solo
all'interno del movimento, per non rischiare di presentare una
immagine del medesimo già erosa e sfilacciata sul nascere, se non
addirittura fratturata al suo interno.
Questo
ovviamente, comporta non la creazione di ambiti di confronto aperti in
cui ogni eventuale dissenso, specialmente in rete, viene bannato, e
nemmeno, di converso, la necessità di spazi chiusi solo all'ambito
delle strutture gerarchiche statutarie, di quelle piccole nomeklature
che sono rinate probabilmente solo per blindare il gruppo dirigente e
prevenire eventuali ricambi all'interno di esso. E tra l'altro
contraddicendo lo Statuto stesso il quale recita testualmente: “La
Dichiarazione di Intenti a cui si ispira il RISORGIMENTO SOCIALISTA ,
che costituisce parte essenziale dello Statuto e’ L’ATTO
FONDATIVO del RISORGIMENTO SOCIALISTA, e come tale non può essere
oggetto di alcuna modifica congressuale”
Se,
infatti, la stessa Dichiarazione di Intenti prevede che non debbano
esserci gruppi dirigenti rigidi e stratificati, non si capisce
proprio come mai il Movimento debba avere sette organi interni che li
riproducono.
Il
risultato di questa contraddizione e della incapacità di essere
elastici, coinvolgenti e dialetticamente uniti, appare evidente nelle
scelte politiche che il movimento ha inteso fare sin dalla sua
nascita, buttandosi anche incautamente e senza ancora un concreto
consolidamento territoriale, nelle scelte elettorali
che lo hanno spinto e lo spingono tuttora a inserire i propri membri
in liste di altrui origine. A Roma, si è sostenuta la lista Fassina
con candidati di RS per i quali è mancata inevitabilmente una
adeguata campagna elettorale, e che sono stati così inevitabilmente
bruciati e sacrificati alla mera velleità di dimostrare di
“esserci”, poi si è sostenuta la candidatura della Raggi, con
mero intento “destruens”, cioè solo tanto per contrastare quella
del PD, e senza al contempo vincolare concretamente questo consenso
ad un vero programma da verificare e compatibile con gli intenti
anche territoriali di RS. In Sicilia, si preparano le elezioni con ben
tre posizioni di RS, una a sostegno della lista unitaria della
Sinistra, che è quella ufficialmente riconosciuta da RS, un'altra
sponsorizzata dai sovranisti indipendenstisti siciliani e da un
gruppo di RS che ha pubblicato un documento in otto punti rilanciato
dal CLN e dai principali siti sovranisti, e un'altra ancora apparsa
di recente frutto di una sorta di “conciliabolo” svoltosi a
Palermo con l'intento di sostenere una non ben definita
“prospettiva
laica, socialista, autonomista e di sinistra per la Sicilia, messa in
campo, estemporaneamente, da alcuni ambienti di tradizione e area
socialista”
L'impressione
che si ha da tutto ciò è che la crescita territoriale di RS sia
stata piuttosto spontaneistica e per taluni protesa più a tirare
l'acqua al proprio mulino e a quello dei propri mugnai di sempre,
piuttosto che a dare un contributo che fosse direttamente connesso e
perfettamente coerente con la pregevolissima Dichiarazione di Intenti
che il Movimento si è dato sin dall'inizio, così come è evidente
che coloro che hanno contribuito a creare quella Dichiarazione,
vedendo contraddetti i suoi principi, hanno esitato e tuttora si
astengono dal partecipare al Movimento stesso.
Un
Movimento, per sua stessa definizione, si differenzia da un partito,
perché, rispetto ad esso sa “muoversi” e cioè sa rimettersi in
discussione, sa prescindere dalla conduzione assolutista di un
leader, sa andare oltre le piccole o grandi nomenklature e sa
soprattutto confrontarsi al suo interno, anche in modo aspro, ma
sempre costruttivo, con lo scopo di restare coerente con i suoi
principi, rendendoli, mano a mano, sempre più efficaci e concreti
nella capacità di realizzarli operativamente.
Un
movimento che invece resta vincolato alle logiche di partito,
anche perché costituito da personaggi che, soprattutto a livello
direttivo, le hanno praticate per tanto di quel tempo da non riuscire
più a liberarsene, rischia piuttosto di restare prigioniero delle
sue contraddizioni ed affondare con esse.
Per
esempio, si può dimostrare tanto solerte nell'eliminare il dissenso
mediatico, quanto incapace di controllare quello nei territori, con
una immagine complessiva e risultante altamente schizoide, in cui a
risaltare non è un collettivo che lancia una proposta innovativa
largamente condivisa, ma un insieme di militanti intenti per lo più
a lanciare tanto repentinamente il loro sasso o sassettino, per
dimostrasi poi altrettanto abili subitaneamente, a nascondere la loro
mano.
Chi
scrive non ha evidentemente intenti distruttivi o corrosivi ma si
limita, ovviamente dal suo punto di vista e con i limiti che anche esso
comporta, ad analizzare dei fatti ed una condizione che, per vari
aspetti, provoca non tanto rabbia, quanto piuttosto amarezza,
soprattutto per chi da vari anni si è speso senza chiedere mai alcun
tornaconto, solo per far risorgere i valori socialisti e con essi
anche la dignità di questo Paese.
Non
esistono facili soluzioni, così come non esistono semplici
scorciatoie, il lavoro di un Movimento democratico e socialista è in
molti casi lungo, difficile e complesso, ma, allo stesso tempo, non
impossibile se si tengono a mente alcuni fondamentali principi che
così possiamo sintetizzare:
- Un Movimento non può essere legato mani e piedi alle decisioni del suo leader (maximo o minimo che sia), ma deve sapere decidere riunendosi e votando, volta per volta, le decisioni e gli orientamenti fondamentali che ritiene di dover mettere in campo
- Esso non può restare prigioniero delle logiche di appartenenza a questo o a quel partito in cui si è militato in precedenza o a cui si ritiene di voler far riferimento, solo perché più grosso; se il granello di senape può fare diventare l'albero frondoso, l'albero frondoso può anche far marcire il granello di senape
- Le decisioni e la linea politica di un movimento devono essere condivise il più largamente possibile, devono essere discusse, io direi, nell'esclusivo ambito sue assemblee aperte agli iscritti (ove manchi il luogo fisico se ne trovi un altro virtuale, il M5S qualcosa avrà pur insegnato), e votate a maggioranza. Una volta fatto ciò, tutti devono essere tenuti a rispettare quelle decisioni e ad impegnarsi con il massimo delle loro forze per attuarle, senza operare in senso diverso o contrario, specialmente usando il simbolo del Movimento.
Si
potrebbero aggiungere dei corollari a questi assiomi, ma preferisco
non dilungarmi e, dato che probabilmente l'ho già fatto, concludo
semplicemente con una citazione del padre fondatore del Socialismo
Italiano: Filippo Turati:
Se
si nega a ciascuno la libertà di dare un contributo critico ad un Movimento, si
nega allo stesso Movimento di esistere; se ciascuno crede che il suo
(fosse anche quello del capo stesso del Movimento) contributo critico
al Movimento debba coincidere con il Movimento stesso, allora ha già
sepolto il movimento prima che esso possa nascere.
Evitiamo
pertanto di sbattere contro il muro delle contraddizioni e che si possa dire ancora, come aveva scongiurato lo stesso
Turati: “Come
sarebbe bello il socialismo
senza i socialisti”
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