Leonardo Boff*
La
Terra è un pianeta piccolo, vecchio, con i suoi 4,44 miliardi di anni,
6400 km di raggio e 40.000 di circonferenza. Circa 3,8 miliardi di anni
fa si sviluppò in lei ogni tipo di vita e da circa 7 milioni di anni, un
essere cosciente e intelligente, superbamente attivo e minaccioso:
l'essere umano. Di preoccupante c'è il fatto che la Terra ormai non ha
più risorse sufficienti nella sua dispensa per fornire alimenti e acqua i
suoi abitanti. La sua biocapacità si sta indebolendo di giorno in
giorno.
Il
giorno 13 agosto è stato il Giorno del Sovraccarico della Terra (Eart
Overshooting Day). Questa è l'informazione ricevuta dalla Rete
dell'Impronta Globale (Global Footprint Network), la quale insieme con
altre istituzioni come il WWF o il Living Planet seguono
sistematicamente lo stato della Terra. L'impronta ecologica umana
(quanto di beni e servizi ci serve per vivere) è stata oltrepassata. Le
riserve della Terra si sono esaurite e abbiamo bisogno di
1,6 pianeti per venire incontro alle necessità nostre senza considerare
quelle molto importanti della grande comunità di vita (fauna, flora,
microrganismi). Nel nostro linguaggio di tutti i giorni: la nostra carta
di credito è in rosso.
Fino al 1961 avevamo bisogno di appena il 63% dei beni e servizi della Terra, per
venire incontro alle nostre richieste. Con l'aumento della popolazione e
dei consumi già nel 1975 avevamo bisogno del 97% della Terra. Nel 1980
noi si pretendeva il 100,6%, primo Sovraccarico dell'impronta ecologica
planetaria. Nel 2005 eravamo arrivati alla cifra di 1,4 pianeti.
Attualmente nell'agosto del 2015 siamo a 1,6 pianeti.
Se
ipoteticamente volessimo, ci dicono i biologi e i cosmologi,
universalizzare il tipo di consumo che i paesi opulenti pretendono per
sé, sarebbero necessari cinque pianeti uguali all'attuale, il che è
assolutamente impossibile oltre che irrazionale (cf. R.Barbault, Ecologia generale 2011, p.418).
Per
completare l'analisi è necessario riferire la ricerca fatta da 18
scienziati sopra "I limiti planetari: una guida per lo sviluppo umano in
un pianeta in cambiamento", pubblicata nella prestigiosa rivista Science,
gennaio del 2015 (buon riassunto in IHU, 9 febbraio 2015). Vengono
riportate nove frontiere che non possono essere violate caso contrario
mettiamo a rischio le basi della vita sul pianeta (cambiamenti
climatici; estinzione di specie, diminuzione dello strato di ozono;
acidificazione degli oceani; erosione dei cicli di fosforo e azoto;
abusi nell'uso della terra come disboscamento; scarsezza di acqua dolce;
concentrazione di particelle microscopiche dell'atmosfera che
influenzano il clima e gli organismi vivi; introduzione di nuovi
elementi radioattivi; nanomateriali; micro plastiche).
Quattro
delle nove frontiere sono state oltrepassate, ma due di queste -
cambiamenti climatici, estinzione delle specie - che sono frontiere
fondamentali, possono portare la civiltà al collasso. E' quanto hanno
concluso i 18 scienziati.
Questi
dati mettono in scacco il modello vigente di analisi dell'economia
della società mondiale e nazionale, misurata attraverso il PIL. Questo
implica un intervento invasivo nei ritmi della natura e lo sfruttamento
dei beni e servizi degli ecosistemi in vista dell'accaparramento e con
quello l'aumento del PIL. Questo modello è un imbroglio, perché non
considera il tremendo stress al quale vengono sottomessi tutti i servizi
ecosistemici globali che garantiscono la continuità della vita e della
nostra civiltà. In forma irresponsabile e irrazionale considera tal
fatto, con le sue gravi implicazioni, come "esternalità", cioè, fattori
che non rientrano nella contabilità nazionale e internazionale delle
imprese.
E
così gaiamente andiamo incontro all'abisso che si apre qui davanti a
noi. Curiosamente, nelle discussioni sui temi economici che si
organizzano settimanalmente in TV, mai o quasi mai si fa riferimento ai
limiti ecosistemici della Terra. Con rare eccezioni, gli economisti
sembrano ciechi e accecati dalla dalle cifre del PIL, ostaggi di un
paradigma vecchio e riduzionista di analizzare l'economia concreta che
abbiamo. Se tutte le frontiere fossero violate, come tutto pare
indicare, che cosa succederà con la Terra viva e con l'Umanità? Dobbiamo
cambiare le nostre abitudini di consumo, le forme di produzione e di
distribuzione come non si stanca di ripetere l'enciclica del Papa
Francesco sulla “Cura della casa Comune". Ma su questo gli analisti non
dicono nemmeno una parola. Non arrivano a immaginare che possiamo
conoscere un finale ecologico-sociale apocalittico senza precedenti.
Immaginiamo
il pianeta come un aereo di linea, con i suoi limiti per quanto
riguarda gli alimenti, l'acqua e il combustibile. L'1% viaggia in prima
classe, il 5% tra gli esecutivi e il 95% in classe economica o insieme
alla ai bagagli in un freddo spaventoso. Arriva un momento in cui tutti
tutte le riserve si esauriscono. L'aereo plana un po' e in seguito
precipita e i passeggeri di tutte le classi pèrdono la vita.
Vogliamo
questo destino per la nostra unica Casa Comune e per noi stessi? Non
abbiamo alternative: o cambiamo le nostre abitudini o lentamente
scompariremo come gli abitanti dell'isola di Pasqua, fino a lasciare
appena alcuni rappresentanti, magari invidiosi di chi è morto prima.
Effettivamente, non siamo stati chiamati all'esistenza per conoscere un
finale così tragico. Sicuramente "il Signore, sovrano amante della vita"
(Sab 11,26) non lo permetterà. Non sarà per miracolo, ma attraverso i
cambiamenti delle nostre abitudini e con la cooperazione di tutti.
* Leonardo Boff, scrittore, ecologo, filosofo
Traduzione di Romano Baraglia
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