di Carlo Felici
Chi segue i
miei interventi sa che non ho mai smesso di riferirmi ad una
questione di cruciale importanza che è alla base della metastasi che
sta divorando questo paese, fin quasi a minarne le basi
costituzionali e la sua stessa unità nazionale: è la questione del
lavoro ormai purtroppo indissolubile da una continua emorragia di
risorse umane e di vite di imprenditori e lavoratori.
Oggi,
paradossalmente, si muore per precarietà, mancanza o perdita di
lavoro più al Nord che al Sud, e in particolare, in quella zona che,
fino a qualche tempo fa, veniva descritta come una sorta di isola
felice e di modello innovativo e propulsivo per l'economia italiana:
nel Nord-Est.
Lì, infatti
si è sviluppata da circa trenta anni, ma, analizzando bene la
situazione, anche da molto prima, una forma particolare di economia
produttiva, e cioè da quando il fascismo scardinò profondamente il
sistema della cooperazione che si era prepotentemente affermato negli
anni 1919-20, con il controllo delle Case del Popolo e delle Leghe di
contadini e operai, e ad esso sostituì forzosamente un altro sistema
di piccola imprenditoria, di mezzadria sotto ricatto padronale, ove
fosse necessario, in ogni caso incentivando più la conduzione del
piccolo padroncino, magari responsabile verso i suoi lavoratori, che
un sistema produttivo basato su una struttura più grande di
produzione, fondata su una contrattazione permanente e organizzata, o
magari anche autogestita per stabilire orari di lavoro e salari.
L'economia produttiva del “piccolo è bello perché è nostro”,
fondata sul legame quasi famigliare e paternalistico tra imprenditore
e lavoratore, non funziona più in un mondo scardinato dalla
globalizzazione.
Ricordiamoci
poi, che tutto ciò,allora, venne imposto con una guerra civile, a
suon di bastonate, di omicidi, di devastazioni e di ricatti messi in
opera con la metodologia della criminalità organizzata.
Perché
ricordare tutto questo? Ebbene, perché Monti, pochi giorni fa, ha
fatto riferimento proprio al 1921, e non a caso, accennando ad un
Partito Democratico che alcuni vorrebbero complice ed artefice di
tutti i mali ma che, invece, va seguito con molta attenzione nella sua
prassi e sicuramente molto di più di un pifferaio magico dell'ultima
ora come Grillo.
Bersani ha
fatto una proposta significativa che è la premessa per rivedere
tante altre misure che stanno stringendo il cappio intorno al collo
degli italiani, in vista della loro balcanizzazione definitiva.
Bersani ha
infatti dichiarato: “Se
toccherà a noi, nel 2013, pagheremo gli arretrati alle aziende che
hanno lavorato per la Pubblica Amministrazione per un importo pari a
10 miliardi di euro l’anno per 5 anni” Ciò comporterebbe la
necessità
di
emettere Titoli di debito pubblico vincolati, per un totale di 50
miliardi di euro in 5 anni, per saldare i debiti delle P.A. nei
confronti di molte piccole e medie imprese.
Questa,
al di là dell'aria fritta su cui molti stanno facendo a gara per
dimostrarsi i più esperti nel settore, mi pare effettivamente la
proposta più ragionevole e concreta che un politico potesse fare in
questa campagna elettorale, oltre, evidentemente, a quella su una
forte riduzione dell'IMU sulla prima casa.
Molti
non sanno, o forse non vogliono sapere infatti, che la maggior parte
delle aziende bonsai, del Nord-Est, in cui il suicidio di massa sta
dilagando, falliscono proprio perché lo Stato e gli enti locali, in
particolare, sono insolventi nei loro confronti, nel senso che non
pagano o pagano con forti ritardi, i servizi da essi erogati.
Con
l'unico risultato che a permettersi di poter eseguire servizi in
stato di insolvenza risultano essere solo aziende che hanno alle spalle
magari ingenti capitali, provenienti da attività illecite, o
comunque fuori controllo. Inutile aggiungere da chi e come esse
possono essere controllate.
L'Europa, in ogni caso, tra le altre norme ha emanato una direttiva 2011/7 UE,
la quale prevede
che le Pubbliche Amministrazioni paghino le imprese entro 30-60
giorni al massimo. L’Italia l' ha recepita con il Dlgs
192/2012
e,
con la Circolare
del
23 gennaio 2013 ed ha dichiarito che le norme sui pagamenti valgono
anche per il settore edile.
Il
problema è come finanziare tale onere. Ma la soluzione sarebbe
ottenuta per il 60%
tagliando l’acquisto di cacciabombardieri F35, e per il 40%
attingendo ai Fondi strutturali europei.
Possiamo dire che questa sicuramente, nella situazione assai critica
in cui ci troviamo, è una proposta concreta non solo fattibile, ma
anche sicuramente in controtendenza, perché è del tutto evidente
che una emissione di titoli farebbe nell'immediato aumentare il
debito, ma porterebbe anche inevitabilmente a rimettere seriamente in
discussione il capestro del fiscal compact.
La
maggior parte del debito pubblico nostrano è in mano a banche e
istituti finanziari che con tutta probabilità, non reggerebbero ad uno sforzo
del genere se non in condizioni di pieno risanamento e di mancata
esposizione a titoli tossici, non è escluso quindi che lo stesso PD,
per acquisire maggior credibilità, abbia voluto avviare verso un
profondo risanamento quella che molti definiscono una banca ad esso
contigua: il Monte dei Paschi di Siena. I cui titoli, come sempre
avviene quando si mette in opera una procedura del genere, prima
vanno a picco e poi però volano, a tutto vantaggio di chi ha fiuto
speculativo
Se
dunque Monti che è “salito” in campo, proprio perché ha visto
sfumare la prospettiva della Presidenza della Repubblica e
avvicinarsi sempre di più lo spettro di una sua estromissione dalla
futura Presidenza del Consiglio, a favore di Bersani che,
anche se con margini di vantaggio minori, i sondaggi danno tuttora in
testa, oggi entra a gamba tesa, evocando addirittura con toni
berlusconiani l'origine comunista del PD, nel 1921, non è un caso.
Vuol dire che anche il compassato professore può perdere le staffe.
Quelli
che danno quindi per scontata l'intesa tra Monti e Bersani dopo le
elezioni, a tutto svantaggio del secondo, a mio avviso prendono un
sonoro abbaglio.
Monti
non vuole che il debito aumenti di un centesimo, in ossequio a quella
che è oggi la politica dominante della Germania in Europa, e
indipendentemente da chi ha o non ha in mano il debito pubblico
italiano.
Bersani
invece conta proprio su un suo aumento parziale e a breve termine
(sempre che in Europa glielo lascino fare) e, comunque, su Monti è
stato piuttosto esplicito e lapidario: «Ognuno
pensi ai poli suoi. Monti pensi alla sua coalizione. Ancora
non ho visto la sua foto con Fini e Casini» Battute elettoralistiche
destinate a svanire nel nulla, nel dopo voto? Può darsi, ma
consideriamo quali potranno essere gli scenari futuri
più probabili e sempre secondo l'andamento dei sondaggi..
Quello
che fino ad ora era voto astensionista, probabilmente andrà
all'ultimo demagogo di turno, pluridecorato con cinque stelle (in
effetti per il suo mestiere è perfetto)
Chi
voterà l'ultima falce e martello rimasta si immolerà sul ponte
della nave come il capitano prima che affondi, dato che il quorum non
sarà mai conseguito e quelli saranno tutti voti andati a mare.
Chi
non voterà, farà la scelta di Celestino, definito da Dante: "colui
che fece per
viltade il
gran rifiuto"
egli
non lo fece per viltade, lo sappiamo benissimo, ma con altrettanta
certezza sappiamo che al suo posto andò Bonifacio VIII, con tutto
quello che ne seguì..
Chi
voterà la lista Ingroia che pare sia piuttosto lontana dal superare
abbondantemente il 4%, di fatto, indebolendo Il PD al senato, non
favorirà altro che il ricatto di Monti, qualora il PD non avrà
forze sufficienti in quella sede per una maggioranza solida.
Chi
voterà SEL invece, potrà cercare di vincolare l'operato del PD ad
una direzione contraria a quella verso la quale Monti vorrebbe
portarlo, quest'ultimo infatti ha dichiarato più volte che con
Vendola non governerà mai.
L'unica
prospettiva dunque che potrebbe riportarlo prepotentemente al potere
sarebbe quella di un sostanziale pareggio delle forze politiche in
campo, che metterebbe in evidenza i limiti già per altro noti da
tempo di una legge porcata e illiberale che nessuno si è curato di
cambiare. E proprio a questo pare che, in queste ultime settimane, di
fatto, egli stia puntando.
E'
del tutto evidente che un ritorno di Monti al potere sarebbe
considerato da molti peggio di una ennesima vittoria berlusconiana, e
sarebbe anche ingenuo sottovalutare le risorse dell'indomabile
illusionismo del Cavaliere, che si sta inventando di tutto pur di
accaparrarsi qualche percentuale di consensi in più: condono
tombale, edilizio e fiscale, restituzione dell'IMU, e via dicendo,
manca solo che prometta agli italiani e soprattutto alle italiane, di
restituire loro la verginità perduta...magari per prenderci più
gusto la prossima volta..
Se
l'Italia vuole ripartire deve, indipendentemente da chi vincerà le
elezioni, cambiare il suo modello di sviluppo, favorendo quell'unico
merito che è degno di essere valorizzato, quello cioè che risalta
dal mettere le proprie capacità creative al servizio di uno sforzo
di innovazione e competizione di cui anche altri possano
avvantaggiarsi, è quell'impegno responsabile che presuppone di non invadere indebitamente il campo altrui, per impedire anche ad altri
di trovarvi spazio, ma, al contrario, di poterci stare tutti, a
condizioni di pari vantaggio. In un sistema dinamico ed interattivo.
Non
più quindi l'ottica della impresa famigliare di dimensioni bonsai, o
della avidità padronale incentivata dal monopolio indiscusso, ma
quella del progresso cooperativo e della partecipazione statale,
come incentivo allo sviluppo e alla responsabilità. Non solo
dell'imprenditore verso i suoi operai, ma anche degli operai e degli
imprenditori, di aziende di ogni tipo, verso un sistema-paese. E
soprattutto con un sistema-paese fondato sulla responsabilità verso
chi fornisce servizi, e che onora il lavoro senza ritardi e senza
essere evasivo.
Come
si può infatti tollerare una amministrazione che esige la
riscossione di tasse in maniera estremamente sollecita, pena il
sequestro dei beni, mentre, allo stesso tempo non onora i suoi debiti
a tempo indeterminato verso i cittadini? Può un cittadino reclamare
il sequestro a suo vantaggio di un bene dello Stato, se tale Stato è
insolvente? No! Questa dunque è la prova che uno Stato di questo
genere va incontro alla sua autodistruzione. Il suicidio di cittadini
messi in condizione di non dovere essere sollecitamente pagati dallo
Stato per i servizi che essi gli hanno erogato, è la prova più
chiara e lampante che lo Stato è talmente irresponsabile fino a
diventare un feroce carnefice che induce i suoi cittadini alla
violenza contro se stessi, e ad una disperazione tale che può portare,
alla fine, anche alla violenza contro delle istituzioni ritenute non
più credibili e fortemente oppressive.
Noi
che crediamo nella Costituzione, invece, vogliamo onorare i suoi
principi, a partire dal primo suo articolo. Noi, per questo, esigiamo
che essa venga pienamente applicata, prima ancora che qualcuno ci
ammannisca con le sue litanie, che è una costituzione borghese o che
è troppo datata .
Noi
sappiamo che non si tutela la casa di ogni singolo cittadino senza
prima tutelare bene la casa di tutti, che è lo Stato. Perché se
crolla la casa di tutti e non c'è contemporaneamente un'altra casa
in cui tutti possano trovare rifugio, la tua casa sarà presto invasa
da chi avrà un'arma migliore della tua.
Diceva
Matteotti poco prima dell'avvento definitivo del fascismo, osservando
i suoi primi provvedimenti: “I profitti della speculazione e del
capitalismo sono aumentati di tanto, di quanto sono diminuiti i
compensi e le più piccole risorse della classe lavoratrice e dei
ceti intermedi, che hanno perduta insieme ogni libertà, ed ogni
dignità di cittadini” E noi aggiungiamo oggi..molto
tristemente..anche la loro vita. Noi abbiamo avuto ed abbiamo ancora,
di fatto, in Italia una sorta di “fascismo morbido e subdolo” con intenti
analoghi che però ha imparato a conquistarsi l'impunità usando al
posto del manganello e dell'olio di ricino, i mezzi mediatici e la
precarietà endemica.
Oggi
il primo dovere di forze che vogliono seriamente creare una
discontinuità, sia rispetto ad un ventennio berlusconiano,
interrotto solo da tiepide varianti di un modello politico che ha
considerato il problema del lavoro come un sorta di bollettino
meteorologico degli inevitabili tsunami speculativi a cui attrezzarsi
solo con qualche sacchetto di sabbia, oppure con la bacchetta magica
dell'illusionista, sia rispetto al tutoraggio dei padrini di tale
quadro “atmosferico” dato per ineluttabile, quelli che ti fanno
sopravvivere finché paghi il pizzo e poi ti invitano a buttarti
nella discarica da solo se non puoi più farlo, è quello di unirsi
con una cultura, con una prassi e con un impegno volto a promuovere e
valorizzare i beni comuni ed una democrazia partecipativa, il quale
implica, come condizione indispensabile, l'abbandono della concezione
della politica legata al nome di un leader.
Per
far questo, è necessario un grande partito di ispirazione democratica
e socialista, pienamente rispondente alle esigenze dei cittadini ed
espressione dei loro bisogni più vitali. Oggi non c'è, perché manca
la sua forza propulsiva, mancano delle efficaci organizzazioni
politiche che non vadano a ruota dei partiti, ma siano il loro
propellente migliore. Ma noi possiamo vogliamo e dobbiamo guidare
questo processo di formazione ancora, come sempre, con il suo
vessillo più congeniale: la Bandiera Rossa.
I
risparmi degli italiani stanno finendo o sono già finiti, inutile
dunque risparmiare anche altro tempo. La dignità e il valore della persona
umana sono il primo comandamento necessario per far sopravvivere uno
stato democratico degno di tale nome
Non
votiamo dunque per un nome, votiamo per una democrazia viva e
partecipativa, perché come diceva Lorenzo Milani: “Sortirne
insieme è la politica, sortirne
da soli è l'avarizia”
C.F
Nessun commento:
Posta un commento