Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo

Garibaldi pioniere dell'Ecosocialismo
Garibaldi, pioniere dell'Ecosocialismo (clickare sull'immagine)

giovedì 10 luglio 2025

SCENA MUTA?

 




Si concludono in questi giorni gli esami di maturità in tutte le scuole italiane senza che vi sia una adeguata riflessione sullo scopo, la validità e la funzionalità di tali prove.  

Dopo innumerevoli riforme, ciascuna delle quali ha vanamente cambiato i sistemi di valutazione, si è tornati alla vecchia contabilità dei voti, al giudizio numerico frutto di medie matematiche di risultati conseguiti durante gli anni e durante le prove di esame. Questo è avvenuto i tutti i cicli della scuola secondaria, sia di primo che di secondo grado, medie e superiori.

Eppure i risultati, misurati anche con le prove INVALSI, non sembrano certificare un vero salto di qualità nella preparazione degli studenti italiani. Qual è dunque il difetto di origine di un sistema che non produce risultati adeguati, in particolare nella motivazione e nella formazione degli studenti? Tenendo conto che formazione è null'altro che il frutto della motivazione. Poiché solo uno studente altamente motivato, può conseguire alti risultati formativi.

Chi come me ha insegnato per svariati decenni nella scuola secondaria di primo e secondo grado una idea precisa se l'è fatta, ma prima di esporla sarà il caso di analizzare le risposte che gli stessi studenti stanno cominciando a dare.

Sono comparsi i casi di uno studente e di una studentessa che hanno rifiutato di sottoporsi all'esame orale, pur sapendo che la loro “media matematica” avrebbe consentito loro di superarlo lo stesso, adducendo più o meno le stesse motivazioni, troppo sbrigativamente liquidate da una preside come “di comodo”

Ebbene, ciò che gli studenti mettono in risalto come negativo, non è un singolo aspetto di questo o quell'indirizzo scolastico e nemmeno la struttura del ciclo scolastico, ma l'architrave stesso che sorregge ancora tutto il sistema formativo scolastico italiano, tuttora basato come più di un secolo fa, sul voto numerico.

Lo studente non accetta di essere ridotto ad un numero, che cioè tutta la pedagogia dei docenti italiani sia ridotta ad una docimologia contabile, la quale spinge inevitabilmente gli studenti e le famiglie a confrontarsi su risultati stabiliti da numeri, e sovente genera anche forme di competizione insopportabili e frustranti fra gli studenti stessi o proteste al limite del nevrotico nelle famiglie se uno studente non arriva a ciò che la mamma o il papà si aspettano in termini numerici

Eppure la realtà dimostra che anche gli studenti che escono con una votazione alta dagli esami di maturità, sovente hanno una preparazione a dir poco mediocre, o comunque priva di quel senso critico, di quella inventiva, o di adeguata originalità per produrre innovazione e creatività negli studi superiori o nel lavoro.

E' quindi evidente che un tale sistema, nonostante ci si continui a ripetere che è necessario per formare dei giovani ad affrontare le difficili sfide della vita, si sta rivelando del tutto fallimentare.

E il motivo è presto detto, esso riduce infatti il rapporto tra docente e studente a mero calcolo statistico e a contabilità, aggravando e rendendo frustrante il rapporto tra gli stessi studenti, basato sul confronto spesso spasmodico tra votazioni numeriche diverse.

C'è un evidente difetto di formazione nei docenti italiani, specialmente in quelli di scuola superiore. C'è il pregiudizio duro a morire, per cui chi sa, inevitabilmente sa pure insegnare, cioè chi è padrone della sua materia, è automaticamente anche in grado di insegnarla. E questo è quanto di più pedagogicamente sbagliato, fin dai tempi di Socrate, il quale insegnava che affinché qualcuno possa imparare, è necessaria un'arte maieutica, una propensione all'osservazione dell'interlocutore e al dialogo formativo che conduce ad una scoperta condivisa, tale è il senso originario della verità per coloro che hanno inventato la storia e la filosofia. 

Heidegger mise bene in risalto la differenza di etimologia e di senso nei due vocaboli che in greco e in latino hanno come comune significato la verità. Uno è alethéia, l'altro veritas.

Il primo vocabolo composto da un alfa privativo e da un derivato di lanthàno che vuol dire nascondo, esprime il significato del non nascondimento, della scoperta continua destinata a perfezionarsi, il secondo che ha come radice Wer, ci riporta alla fede per qualcosa di indiscutibile e quindi anche al conformare una opinione a quello che viene definito un fatto, senza considerare che altri fatti potrebbero smentirlo. La verità latina ha senso solo se la si crede e la si impone come tale, quella greca solo scoprendola sempre meglio.

E' quindi del tutto evidente che la scuola italiana si basa tuttora sul senso e significato della verità latina. Ci devi credere perché te lo dico io insegnante e tanto meglio tu mi ascolti, tanto più credi in quello che ti dico conformandoti a come te lo dico e ai miei contenuti, tanto più i tuoi risultati saranno positivi e degni di lode

Come è evidente, in tal modo non si contribuisce alla crescita di menti autonome e creative, ma solo alla creazione di ripetitori, che sicuramente, in quanto tali, saranno con un tempo non troppo remoto sostituiti da robot, accomunati in questa sorte anche dagli insegnanti. Un robot infatti è capace di memorizzare ed esporre in maniera impeccabile un numero di nozioni infinitamente maggiore rispetto a come può esserne in grado un essere umano.

Una scuola di robot in cattedra che misurano numericamente i risultati mediante quiz a risposta multipla, valutando in maniera contabilizzata i risultati, non è molto lontana dalla realtà odierna e sicuramente potrà essere anche molto più efficiente. Ma cosa produrrà? Evidentemente solo individui predisposti a credere ed a conformarsi, cioè ad obbedire senza derogare dal loro percorso, una scuola cioè di automi inevitabilmente frustrante e incubatrice di odio che, come abbiamo già visto molte volte negli USA, dove il verbo “competition is competion” è legge e “veritas”, sovente è destinata ad esplodere in violenza incontrollabile in sparatorie nel mucchio, generate da una inevitabile e inarrestabile frustrazione. Noi, nonostante gli illustri trascorsi ormai da svariati decenni, della scuola italiana, ci stiamo avviando per quella strada.

Allora sarà il caso di arrestarsi in tempo, di rimettere al centro di ogni assetto formativo non il numero, ed il voto che ne consegue, ma l'essere umano, con un duplice scopo: dialogare con lo studente e osservarlo attentamente ed interdisciplinarmente, nel suo processo di crescita formativa.

Ma senza programmarla, come oggi si fa, privandosi del suo contributo, cioè senza valutare livelli di partenza ed obiettivi da conseguire, privandosi dell'ascolto e dell'osservazione in itinere dei risultati che si possono ottenere ed incrementare in base alla natura stessa dell'alunno con cui ci si confronta. Non può esistere un programma o una programmazione per una intera classe così come non possono esistere indirizzi uguali per tutti durante il percorso di crescita dei singoli alunni, perché ogni alunno ha una natura, una personalità, una storia e una attitudine che deve scoprire sempre meglio, osservando quel che gli è più congeniale ed assecondandolo mediante il contributo maieutico del suo insegnante. Così come ogni alunno deve imparare a competere non con altri diversi da lui, ma sempre e soltanto con se stesso, con quello che, a poco a poco, o magari rapidamente riesce ad imparare e migliorare, rispetto al suo passato.

La valutazione per ogni alunno così non deve essere effettuata in base al sapere acquisito ma a quanto egli ha saputo incrementarlo, per come è riuscito a migliorare il suo sistema di apprendimento, volta per volta con il tempo di fronte agli stimoli che l'insegnante gli ha messo a disposizione. E l'arte dell'insegnante è proprio quella di creare stimoli che incrementino le motivazioni, con tutti gli strumenti che egli riesce a mettere in campo, non solo con la sua cultura libresca, ma persino con una passeggiata in un bosco, con un film, o una rappresentazione scenica

E' tempo che i cosiddetti “programmi e manuali” vengano dati al macero, perché non esiste un programma tanto adeguato da adattarsi alla personalità di ciascuno studente, esiste una classe in cui, dialogando al suo interno si possono fare programmi discussi ed approvati da tutti e che tutti a quel punto rispettano, perché corrispondono, in linea almeno di massima, alle attitudini e alle motivazioni di tutti.  

Mettiamocelo bene in testa, solo uno studente altamente motivato e pienamente coinvolto, specialmente nel ciclo di studi superiori (ma io partirei anche dalla terza media) riesce a conseguire e a condividere obiettivi formativi elevati. Uno studente soggetto al continuo confronto con altri e ossessionato dal dover soddisfare il suo insegnante per prendere un voto alto, magari uscirà dalla scuola con un pezzo di carta con un numero alto, ma sicuramente con una testa incapace di pensare autonomamente.

Forse è questo che una società governata in modo autoritario vuole assicurarsi per il futuro, ma sicuramente non è questo l'obiettivo che può rendere competitivo un Paese, in sede globale

Altrimenti i nostri studenti più preparati non se ne andrebbero all'estero per specializzarsi nel pensare con la testa propria e trarre maggiori vantaggi da essa.

Noi dobbiamo, per riformare seriamente la scuola, ripensare i cicli scolastici ed i sistemi di valutazione. Innanzitutto creare un ciclo continuo che segua pedagogicamente uno studente e lo accompagni anche esistenzialmente negli anni più difficili della sua crescita umana ed esistenziale, dalla preadolescenza, dai 12 fino ai 16 anni, dando risalto in tale ciclo a tutti gli aspetti che possono aiutare la sua personalità a crescere e a relazionarsi con altri, sulla base di valori condivisi.

Poi dare ampio spazio alle sue attitudini, non con licei a compartimenti stagni, ma con la possibilità facilitata di passare da un liceo e persino da un corso all'altro valutando e potenziando le competenze, le attitudini e le motivazioni che ogni studente mette in campo e, a questo punto, dandogli anche la possibilità di valutare lo stesso insegnante in base alla qualità dei risultati che riesce ad ottenere

Il voto va semplicemente abolito, con delle note specifiche sul percorso di ciascuno studente inerenti alla sua base di partenza, alle sue difficoltà, ai risultati che ha ottenuto prendendone coscienza e superandole, e a come è riuscito ad interagire meglio con gli altri.

Io immagino i futuri esami di maturità come esami di equipe, cioè con piccoli gruppi, magari sorteggiati, che interagiscono e creano qualcosa in comune in un laboratorio creativo, da discutere nello stesso gruppo e con i docenti nella prova finale

Le valutazioni finali saranno condivise, al massimo su tre livelli, adeguato, innovativo e creativo. Ovviamente tenendo conto della possibilità che sia inadeguato per mancanza di motivazione, di impegno e di condivisione

Perché la vita alla fine è quella che ci giudica di più e nella vita gli esami “non finiscono mai” e li si supera sempre se si ha una buona motivazione, una capacità di innovare rimettendosi in discussione, e soprattutto di partecipare e condividere, per fare in modo che l'impegno di ciascuno sia potenziato dallo stesso impegno di coloro che ne sono partecipi. Le scuole giapponesi, altamente competitive funzionano così, alta preparazione individuale, ma estrema disciplina di gruppo, chi va per conto suo alla fine si vergogna prima ancora di essere estromesso o bocciato.

In molte scuole scandinave non esiste più l'insegnamento frontale, eppure sono quelle che presentano i migliori risultati didattici

Più di 2000 anni fa lo stesso Seneca si lamentava per un sistema scolastico che puntava più sulle necessità della scuola rispetto a quelle indispensabili per la formazione degli alunni e stigmatizzava la sua critica in una delle sue Lettere a Lucilio con la frase “Non vitae sed scholae discimus”. Non stiamo imparando a vivere ma ad adeguarci alla scuola

Quindi nonostante non i secoli, ma persino i millenni passati, siamo ancora a questo, esasperando la burocrazia scolastica con infinite ed asfittiche riunioni, con collegi inesauribili e inconcludenti, con relazioni spesso autoreferenziali ed astruse..si potrebbe continuare, ma mi fermo evidenziando la necessità di invertire la frase di Seneca, non facendone il pietoso specchio di una realtà immutabile, ma un auspicio vero per una scuola nuova e soprattutto per una vita nuova

Non scholae sed vitae discimus. Non impariamo per qualcosa che resterà confinato e ripetuto all'infinito nelle mura degli edifici scolastici, ma per una vita che ormai si può e si deve estendere globalmente a tutta la civiltà umana, In un palcoscenico talmente vasto da rendere impossibile ogni scena muta.


Carlo Felici




mercoledì 25 giugno 2025

SI VIS PACEM PARA CIVITATEM

 





Durante un recente dibattito parlamentare, abbiamo ascoltato la Presidente del Consiglio pronunciare la famosa frase latina “si vis pacem para bellum”, spesso tradotta convenzionalmente con “se vuoi la pace, preparati alla guerra”

Ora l'origine di questa frase risale a vari autori latini fra i quali spicca Flavio Vegezio, funzionario aristocratico romano del V secolo, il quale scrisse un trattato: Epitoma rei militari, su richiesta dell'imperatore che, in quel periodo, era con molta probabilità, Teodosio II, in un'epoca imperiale di decadenza in cui la parte occidentale dell'Impero stava per dissolversi

Non è dunque questa massima figlia di un momento di splendore e di grandezza dell'impero, ma piuttosto di paura e di incipiente disgregazione, in cui bisogna essere sempre pronti allo stesso tempo a prepararsi alla guerra, ma anche a “pararla”, nel senso che il verbo latino “parare” esprime in uno dei suoi vari significati, cioè prepararsi, nel senso di difendersi e tutelarsi, che spesso allora consisteva nel deviare i conflitti da Oriente ad Occidente. Più o meno come fanno oggi i Paesi egemoni, nelle periferie del mondo

La frase è stata usata dalla Meloni per giustificare l'aumento delle spese militari che, secondo le indicazioni NATO, dovrebbe portare il nostro Paese, come altri, al 5% rispetto al PIL. Questo soprattutto per la minaccia di Trump di sganciarsi dalla difesa europea. Ipotesi altamente improbabile, dati i fortissimi interessi americani nella permanenza strategica delle loro basi, specialmente nel nostro Paese, dove ci sono più di cento istallazioni militari sotto il controllo diretto o indiretto della NATO. L'Italia accoglie circa dodicimila soldati americani, nelle basi NATO e nei principali punti strategici per la difesa e l'offensiva del fronte Sud che investe il Mediterraneo. Data la rilevanza assunta dal contesto mediorientale nella crisi bellica attuale, è molto facile capire come il nostro Paese diventi imprescindibile nel quadro strategico delle operazioni militari di tale scenario sempre più caldo.

Ma la Presidente del Consiglio ha legato le sue affermazioni anche ad un contesto di maggiore sovranità nazionale, asserendo che più un Paese è in grado di difendersi militarmente con mezzi adeguati e moderni, più può sottrarsi ad un destino di sudditanza rispetto ad altri ingombranti alleati che ne possono influenzare l'andamento geo strategico. Così come è allo stesso tempo necessario che tale Paese sia credibile, portando avanti gli impegni presi a livello internazionale

Tutto ciò potrebbe apparire come una giustificazione valida, per un programma piuttosto oneroso di investimenti che può produrre risultati vantaggiosi in termini economici, per il nostro Paese, se soprattutto verranno finanziate industrie militari italiane, ma, se gli investimenti andranno soprattutto verso l'acquisto di armi dall'estero in Europa per esempio dalla Germania, oppure dagli USA, evidentemente l'effetto sarà solo di dissanguare le casse dello Stato, aumentando vertiginosamente il debito e incrementando tagli che già ad esempio, nel settore scolastico e in quello sanitario, si stanno rivelando rovinosi.

Ma la domanda piuttosto è, a prescindere dalla entità delle spese militari, l'Italia è in grado di esercitare una politica autorevole soprattutto nel contesto mediterraneo e mediorientale, a prescindere da quelle che sono le indicazioni dell'amministrazione americana?

Quanto conta in Europa il Paese che accoglie più basi militari nel suo territorio nel nostro continente dopo la Germania?

Sicuramente, rispetto agli anni passati, ed in particolare agli ultimi del secolo scorso, il nostro ruolo risulta altamente depotenziato, per non dire affidato anche di recente a degli incompetenti.

Se è molto difficile risalire la china in questo periodo, per ragioni di consensi (la gente non vota più) e di risorse che scarseggiano notevolmente, è altresì fondamentale non perdere, in nome di questioni apparentemente emergenziali, la tenuta democratica e la sovranità parlamentare. A tal proposito bisogna dire che quando la Presidente del Consiglio, assicura che ogni decisione che riguardi una partecipazione del nostro Paese a imprese militari dovrà passare per un dibattito parlamentare, va sicuramente apprezzata. Specialmente considerando che lo stesso Trump ha agito senza alcuna autorizzazione da parte del suo Congresso

La tradizione dell'impegno militare italiano è soprattutto quella di garantire un ruolo di mantenimento della pace, con opportune iniziative sia per la mediazione durante i conflitti sia per la tutela delle loro vittime e dei profughi e rifugiati che ne derivano.

A questo quindi vanno principalmente destinate le risorse militari se proprio si deve incrementarle, ad apparati logistici, tecnologici di avanguardia (perché la guerra ormai è soprattutto hakeraggio), a strutture medico militari, a infrastrutture che consentono di agevolare gli aiuti in Paesi colpiti dalla guerra (costruzione di ponti, strade, ospedali) e in particolare a rafforzare e dotare di mezzi avanzatissimi e sofisticati, il sistema di intelligence, per esempio facendo apprendere al personale militare le lingue dei Paesi in cui si deve operare. Non è quindi soltanto comprando cannoni, missili, droni, aerei, o carri armati che si costruisce un efficiente apparato di Difesa agile e moderno, adatto alle sfide dei nostri tempi.

Resta il nodo della cosiddetta “Difesa Europea”, molti reclamano un esercito europeo con le sue divise, bandiere e comandi unificati. A ben guardare però in Europa, così come è, e non come vorremmo che fosse, tale velleità appare piuttosto come un'Araba Fenice, cioè che tutti sanno che ci sia, ma solo sulla carta, e però dove concretamente sia nessun lo dice.

L'Europa è stata in passato il continente più feroce e guerrafondaio al mondo, si è logorata nelle guerre intestine diventate mondiali, e causate dai suoi nazionalismi contrapposti che hanno avuto come unico risultato il ridurla in macerie più di ottant'anni fa e renderla succube di due potenze contrapposte che, da allora, non hanno mai finito di osteggiarsi, spartendosi l'egemonia nel nostro continente

Tuttora Russia e Stati Uniti si contendono la loro supremazia in Europa, e pensare che tutti gli europei, anche nei Paesi occidentali stiano tutti dalla parte degli Stati Uniti, è una pia illusione. Per cui se, puta caso, avessimo un confronto militare diretto tra i due blocchi, non pochi sarebbero i casi di guerra civile anche nei vari Paesi europei

E' pertanto indispensabile non solo non partecipare ad un confronto militare diretto con la Russia, sapendo arginare e trovando finalmente una soluzione diplomatica alla crisi ucraina, ma è anche fondamentale ristabilire un equilibrio nei rapporti internazionali, diplomatici ed economici tra UE e Russia, tenendo anche conto del fatto che la Russia ha giocato un ruolo importantissimo nel contrasto all'espansione del terrorismo islamista.

Attualmente con il suo minaccioso riarmo la Germania non sembra comprendere la necessità vitale per i suoi interessi e per quelli europei, di una nuova Ostpolitik, cioè di una fondamentale opera di distensione e pacificazione ad Est dei confini della UE, cercando di svolgere una opportuna mediazione tra UE e Russia, ma puntando piuttosto a contrastare quella che viene considerata una minaccia, con un'altra mediante l' incremento vertiginoso del riarmo, uguale ed inversa

Sicuramente la Russia sta approfittando di questo scollamento tra UE e USA per ottenere la maggior parte dei risultati territoriali possibili, con l'obiettivo di umiliare il governo ucraino, trascurando ogni sua esigenza di tutelare la propria sovranità nazionale.

Per gli americani, l'Ucraina non è più una priorità, e pare che stiano lasciando che il governo ucraino vada a logorarsi fino a che non sarà costretto alla resa, la “martoriata ucraina” trova sempre meno spazio anche nelle omelie, ma continua a soffrire bombardamenti sempre più pesanti, che non saranno certamente fermati da una schiera di “volenterosi” facenti capo o alla Gran Bretagna o alla Francia, perché di europei pronti ad immolarsi per l'Ucraina ce ne sono sempre meno

Il timore maggiore, dunque, per una Europa che non è ancora capace di agire all'unisono ed è tenuta insieme soprattutto dalla sua burocrazia e dalla sua moneta, è che vada incontro ad una nuova epoca di riarmo in ordine sparso con obiettivi non solo divergenti, ma anche rischiosamente contrapposti, quando entrano in gioco ruoli di primo piano nel continente, che ci ricordano tristemente ere napoleoniche o hitleriane.

E' quindi indispensabile rafforzare, in un momento come questo, l'alleanza con gli USA, contando sul fatto che se Trump con le sue velleità altalenanti, prima o poi dovrà lasciare il comando, il rapporto tra gli Stati Europei e gli USA dovrà conservare i suoi obiettivi di tutela delle libertà fondamentali, di prevenzione delle crisi belliche internazionali, di contrasto ad altre egemonie di Stati con straripanti interessi continentali che al loro interno non manifestano alcuna alternanza democratica e sono retti da capi di Stato praticamente inamovibili per decenni, silenziando ogni sorta di opposizione.

Ci sono forze politiche anche in Italia che tendono a dipingere gli USA esclusivamente come un Paese guerrafondaio ed imperialista, in fondo le stesse che erano collaterali al partito comunista più forte dell'Occidente fino alla caduta del Muro di Berlino, con il solo risultato che nel nostro Paese la guerra civile iniziata nel 1943, con l'8 settembre, è perdurata per decenni nel dopoguerra in modo strisciante e violento, portando a pericolose collusioni tra apparati ideologici estremisti e velleitari e terrificanti organizzazioni criminali, mietendo così vittime innocenti, nei treni, nelle piazze e nelle stazioni, colpendo anche le menti più illuminate del nostro Paese.

Gli Stati Uniti sono un Paese pieno di contraddizioni, ma che conserva ancora una capacità di rinnovarsi e mettersi in discussione, soprattutto osservando personaggi come Sanders e le manifestazioni oggi crescenti ed imponenti contro Trump, in particolare nelle università e in California, questo in altri Paesi come la Russia o la Cina non accade.

Ovviamente noi dobbiamo avere un ruolo credibile ed affidabile, specialmente proseguendo la politica del dialogo con tutti, persino con un criminale di guerra come Netanyhau, perché grazie a questo dialogo anche col “demonio”, siamo riusciti a mettere in salvo più palestinesi rispetto a tutti gli altri Paesi europei e a portare la maggiore quantità di aiuti a Gaza che altri non sono riusciti a portare

La politica trumpiana fatta soprattutto di grosse dichiarazioni presto ridimensionate dai fatti, prima o poi si ridimensionerà o imploderà, un legame di civiltà invece non può e non deve implodere né deflagrare. L'Europa non deve fare a gara per chi si riarma di più, deve conservare il suo livello fondamentale di civiltà, di democrazia, di collaborazione e di tolleranza, incrementandolo tanto più quanto altrove esso regredisce

Perché sono sempre le armi della civiltà a prevalere, e anche quando un popolo sembra sconfitto, esso è invece destinato a vincere sul suo vincitore.

Se infatti i Romani dicevano “si vis pacem para bellum”, allo stesso tempo riconoscevano che “Graecia capta ferum victorem cepit”

Così una rinnovata Europa di cui nessuno oggi può fare a meno, pur essendo stata vinta da USA e URSS (oggi Russia), può e deve vincere, non solo in armi ma soprattutto in civiltà, i suoi rozzi vincitori di ieri e di oggi


Carlo Felici


lunedì 23 giugno 2025

THE FAKEMAKER



 In pieno Far West, in America nel 1873 circa, si diffuse una pistola “rivoluzionaria”, non più ad avancarica ma a retrocarica con tamburo rotante e a single action, capace cioè di sparare a ripetizione con una sorprendente continuità di fuoco solo alzando il cane ogni volta. Fu la pistola che ebbe più successo nel West e che era destinata a dirimere le sfide per portare la pace in quei territori in cui l'amministrazione centrale stentava ad esercitare il suo controllo, tramite i suoi sceriffi, giudici o le giubbe blu dell'esercito. E' quella pistola che tuttora fa da protagonista nei film western che rievocano quelle vicende anche se sicuramente edulcorandole

Ebbene quella pistola si chiamava Peacemaker, poiché in un modo o nell'altro portava la pace, in quanto ogni cosa era destinata a risolversi tramite il suo operato, e la pace, anche eterna, arrivava prima o poi, a seconda della destrezza con cui veniva impugnata

A distanza di oltre un secolo, colui che è stato eletto Presidente degli Stati Uniti, chiamandolo “il nuovo sceriffo in città” e auto nominandosi proprio col nome di quella pistola: “Peacemaker”, poiché al suo primo insediamento esordì dicendo: “io non inizio le guerre, le finisco”, ebbene questo presunto “Peacemaker” pare si riveli molto presto come un “Fakemaker”, cioè un fabbricante di corbellerie, uno che appunto un milanese chiamerebbe pure un “pistola”, cioè potremmo dire un “cazzone”, uno che non brilla certo per qualità strategiche o intellettive.

Avendo condotto una campagna elettorale all'insegna dell'America First, si è fatto pienamente imbambolare dal “Netanyahu first" E quell'America che un tempo esercitava la sua leadership nel mondo dettando l'agenda strategica ai suoi alleati, ora pare invece seguire pedissequamente le esigenze del suo alleato principale, senza nemmeno criticarlo minimamente.

Netanyahu vuole spianare Gaza, e deportare i palestinesi? Bene, Trump promette di farci un paradiso turistico con tanto di casinò e resorts, senza minimamente curarsi delle povere vittime innocenti, specialmente donne e bambini che muoiono quotidianamente sotto i bombardamenti israeliani

Netanyahu che sente la sua stessa popolazione protestare per il perdurare di una guerra inutile e dannosa, accusa il Paese più controllato al mondo dall'Agenzia Atomica Internazionale che non conferma, di produrre la bomba atomica e lo bombarda senza curarsi di nessuno? Bene, (anzi male) Trump lo segue e manda i suoi bombardieri strategici a bombardare siti da cui l'uranio è stato già tolto, solo per esibire una potenza militare nel mondo e far contento il suo principale socio.

Ma lo fa, ed è questa la cosa più grave per la democrazia americana, senza consultare nessuno, avvertendo solo il suo principale alleato militare: la Gran Bretagna, e soprattutto senza consultare né avvertire il Congresso, non essendo gli USA minacciati, ma avendo intrapreso una azione di guerra contro un altro paese sovrano che non aveva attaccato gli Stati Uniti.

Ovviamente i media imbambolati dal politically correct a senso unico di genuflessione verso l'amministrazione attuale americana, evitano di sottolineare questo grave vulnus non solo verso il diritto internazionale, ma soprattutto verso gli elettori statunitensi e verso la loro democrazia

Certamente se un presidente con un curioso cappellino in testa, decide quando gli pare di fare la guerra a chi gli pare mentre qualcuno dei suoi collaboratori fa le corna, questa sarebbe una ottima sequenza per un film comico, ma un po' meno decisamente se effettivamente si tratta concretamente del Presidente degli Stati Uniti, forse più che un impeachment occorrerebbe un trattamento sanitario.

Fatto sta che però Trump non è così folle come sembra, sa infatti benissimo che l'Iran avrà ben poco da una Russia che ha deciso di avere ottimi rapporti con Israele, tenendo conto anche del fatto che i principali sostenitori di Netanyahu, sono proprio in maggioranza tra gli emigrati sovietici prima e  russi poi in Israele e che Israele non si è sognata minimamente di varare sanzioni alla Russia dopo l'invasione dell'Ucraina. Sa anche che la Cina è solo interessata ai suoi affari, come sempre, e l'unica cosa che le interessa, è che lo stretto di Ormuz non venga chiuso, come d'altronde alla maggioranza di coloro che fanno affari nel mondo. Inoltre sicuramente Trump ha calcolato che l'Iran non ha paesi amici od alleati nell'area mediorientale, in quanto Paese sciita in un contesto prevalentemente sunnita. Infine probabilmente non gliene importa nulla del cambiamento di regime in Iran, anche se una volta dice di non volerlo, poi subito dopo il suo contrario, come spesso accade con tale personaggio. Anzi, in fondo, sta facendo un grandissimo favore al regime in atto, perché le proteste, che stavano crescendo, in tal modo, con la guerra in atto, si bloccano di sicuro e anche gli oppositori, in nome della difesa dell'integrità nazionale, tornano a cuccia

Esattamente come sta accadendo in Israele che, prima dell'attacco all'Iran, era sull'orlo di una guerra civile, con manifestazioni di protesta quasi quotidiane. Mentre ora tutti zitti e rintanati nei rifugi

Si ripete in grande lo stesso giochetto tra Israele ed Hamas, l'uno attaccando l'altro in uno stato di permanente conflitto, è destinato a diventare il suo “migliore nemico”, quello che maggiormente può garantire consenso emergenziale ad un governo liberticida e corrotto

Tutti i regimi autoritari cercano di restare in piedi, usando la guerra, persino il fascismo, in crisi di consensi, fece tre guerre in 20 anni, sperando di salire sul carro del vincitore e devastando l'Italia e costringendola ad un futuro di vassallaggio. In Grecia lo stesso, il regime dei colonnelli cadde in seguito ad una guerra. In Spagna e Portogallo la caduta dei regimi fu dovuta a conflitti coloniali

Ora si tratta semplicemente di vedere quanto potranno resistere il regime iraniano e quello israeliano bombardandosi a vicenda, sapendo però perfettamente, e lo hanno dimostrato i mercati per primi, che nessuno li seguirà in tale scellerata escalation

Lo sanno anche gli USA che sono partiti, per la loro missione “martello di mezzanotte”, dal loro Paese e non dalle basi dei loro alleati. Probabilmente lo sa anche Israele che, dopo il suo attacco che ha mandato all'aria le trattative in corso, è sottoposta quotidianamente al “mazzarocco missilistico di mezzogiorno”..e oltre

Speriamo lo sappia almeno l'ONU o il suo fantasma che ha riunito con un certo ritardo e su richiesta iraniana, il Consiglio di Sicurezza. A tal proposito rileviamo che la maggior parte dei Paesi membri, non ha condannato gli USA per l'attacco immotivato ad un Paese sovrano, ma ha semplicemente espresso una censura per l'escalation militare del conflitto tra Israele e l'Iran e soprattutto per le tragiche conseguenze sulla popolazione civile

La questione della bomba all'Iran assomiglia tremendamente alle armi di distruzione di massa di Saddam, mai trovate e mai minimamente confermate

L'Iran non è l'Irak, ha resistito nei millenni a notevoli invasioni, persino a quella Romana, quindi una guerra sul campo in quel Paese non è minimamente immaginabile

Gli USA dopo la guerra di Corea, che sostanzialmente finì in un pareggio, non hanno più vinto palesemente nessun'altra guerra. In Irak la situazione è tuttora instabile, in Afghanistan sono stati messi in fuga dai talebani e nel mondo la loro credibilità internazionale è fortemente compromessa.

E' davvero sconfortante osservare come, nonostante le promesse elettorali di Trump che si era accreditato seriamente come Pacemaker, dicendo che avrebbe fatto finire le guerre in un batter d'occhio, oggi accada l'esatto contrario, perché le guerre con lui, non solo perdurano ma si stanno anche incrudelendo.

L'Europa non si lasci coinvolgere e faccia della sua inerzia una virtù mediatrice, perché una guerra non perdura mai all'infinito e perché poi c'è sempre da lavorare per spalare le macerie. E dica chiaramente a Trump che il suo destino non è quello di un Peacemaker, ma di fatto quello di un Fakemaker, sperando che, di fronte alle proteste montanti del suo popolo, non agisca come i regimi e scateni una guerra più vasta.

I latini dicevano “bis peccare in bello non licet”...però ci pare, francamente, che finora di errori ne siano stati commessi ben più di uno, e per la pace nel mondo non possiamo certo affidarci agli scongiuri dello staff militare di Trump.


Carlo Felici


mercoledì 18 giugno 2025

IL PERDURANTE LAMENTO DELLA PACE





 “Perché questa pace si diffonda io impiegherò ogni sforzo. Dico ai responsabili dei popoli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo! Le armi possono e devono tacere

Passerà alla storia chi seminerà pace, non chi mieterà vittime.”

Queste parole altisonanti e profetiche di Papa Leone XIV risuonano in un mondo sempre più lacerato dalla guerra, che si sta pericolosamente estendendo dall'area mediorientale verso orizzonti più vasti, rischiando di incendiare gran parte del pianeta

Le vittime innocenti stanno crescendo a dismisura, dalla Palestina all'Ucraina ad Israele all'Iran, ed è assolutamente sconfortante come questo millennio nato dalle ceneri di un XX secolo che ha visto le guerre più devastanti di tutta la storia dell'umanità, sia iniziato ormai per un suo quarto di secolo, con un susseguirsi ininterrotto di conflitti

E' davvero ancora l'umanità così stolta e imbecille? Merita ancora di vivere su questo pianeta illudendosi di essere fatta “a immagine e somiglianza di Dio”?

Più di cinquecento anni fa un illustre umanista, Erasmo da Rotterdam, scriveva, nel 1517 un'opera memorabile dal titolo “Querula pacis” Tradotto con “Il lamento della pace” ma, ad intendere bene la parola “querula”, dal significato più preciso: “la lamentevole denuncia della pace” Querolus infatti viene da quaero, che significa anche interrogo, denuncio da cui “querela”

Questa “Querula pacis”, dunque, ci interroga tuttora con parole veementi, dopo mezzo millennio, a cui non sappiamo ancora rispondere con adeguato senso di responsabilità

Vale la pena di ricordare e stamparsi nella mente le parole di Erasmo: "Ecco, vi parlo, io, la Pace, ultima delle creature che vive ancora sulla terra, che gli uomini non sopportano e che vorrebbero bandire dal loro consorzio." e ancora: "Se i mortali mi osteggiassero, scacciassero e respingessero, benché innocente, ma almeno con loro vantaggio, dovrei deplorare soltanto l'ingiustizia fatta a me e la loro iniquità, ma poiché nello sbandirmi cacciano lontano da sé la fonte di tutte le umane felicità e si attirano un oceano di sciagure..." a significare che la rinuncia alla pace corrisponde al suicidio dell'umanità

Ricordiamo anche quelle sue parole che riecheggiano le medesime dello stesso Cicerone, anche lui vissuto in un'epoca di conflitti laceranti, di cui fu pure vittima

«Personalmente, non smetto di esortare alla pace, che, per quanto ingiusta, è sempre meglio della guerra più giusta con i concittadini» “Equidem ego ad pacem hortari non desino, quae vel iniusta utilior est quam iustissimum bellum”

Tanto più valida oggi quanto riesce sempre più difficile, a seconda dei pesi e delle misure, dirimere una pace “giusta” da una “ingiusta”, così come ovviamente una guerra “giusta” da una “ingiusta”, sempre che si possa parlare di guerre “giuste”, il cui unico risultato sono  specialmente, dal secolo scorso in poi, sempre più le migliaia o addirittura i milioni di vittime innocenti.

E' giusta la guerra di difesa da una aggressione, in Ucraina, ma non in Palestina, di fronte ad un palese sterminio di popolazione innocente? E' giusta la “guerra preventiva” di Israele all'Iran, per evitare la proliferazione nucleare, ma non “è giusta” quella della Russia per evitare la stessa proliferazione nucleare ai suoi confini?

E' evidente che se si adotta una ragione manichea dal proprio punto di vista, con tutte le giustificazioni, in ogni caso esse, anche di fronte alla ragione di un bambino, sono destinate a cadere miseramente, all'apparire della realtà, per quanto possa essere edulcorata dai media.

Oggi il mondo è profondamente cambiato rispetto alle generazioni che vissero, specialmente nei Paesi Occidentali, la guerra sulla loro pelle, quelle generazioni stanno sparendo con la loro memoria, lasciando il posto ad altre che la guerra la conoscono solo “virtualmente”, attraverso i media, cinegiornali, film, o addirittura videogames. Ed è del tutto evidente che non si ha lo stesso atteggiamento responsabile e non si prova lo stesso “thauma” nei confronti di un fenomeno così dirompente e distruttivo se non lo si è patito in prima persona, oppure se si è abituati a vederlo sullo schermo, anzi, subentra addirittura una sorta di assuefazione.

Erasmo, da intellettuale dell'epoca, sentiva su di sé il peso di una responsabilità che, maturando nel corso del tempo, portò all'affermarsi della ragione, anch'essa purtroppo debordata nel fanatismo e nel terrore, ma che progressivamente, portò all'affermazione dei Diritti dell'Uomo e del Cittadino, alla nascita della democrazia moderna e alle istituzioni che dovrebbero tuttora garantire pace, prosperità e progresso ai popoli della Terra.

Oggi gli intellettuali, di fronte a questa sfida epocale, che pare essere raccolta prevalentemente da una Chiesa che si sente per questo sempre più in trincea, paiono latitanti, oppure imbrigliati nei talk shows dal politically correct, e forse bisogna proprio ringraziare Dio che almeno i Papi che si sono susseguiti negli ultimi anni, specialmente Francesco e Leone, spendano gran parte delle loro energie per assolvere a questo compito che appare sempre più sovrumano

Quella che manca, a parere di chi scrive ed ha speso gran parte della sua vita ad insegnare la cultura della pace attraverso le materie umanistiche, non trascurando la geografia con prospettive antropiche, è proprio quello che dovrebbe essere l'orientamento principale dell'agenda educativa del Terzo Millennio.  Tutte le materie scolastiche dovrebbero convergere verso una unica consapevolezza didattica: data dalla semplice affermazione che “se la Terra può fare a meno di noi, noi non possiamo fare a meno della Terra”, perché come illustrato anche nella enciclica “Laudato sì”, ormai i conflitti sociali e politici sono strettamente ed indissolubilmente interconnessi con quelli ambientali, dato l'impatto che le guerre hanno sempre di più sulle risorse alimentari e sulle materie prime del pianeta

Grande profeta di questa cultura della Pace (con la P maiuscola perché prioritaria rispetta ad altri valori di cui risulta inclusiva) fu Ernesto Balducci, il quale sebbene scomparso prematuramente più di 30 anni fa, resta attualissimo nel suo reclamare il fatto che “una strategia della pace, oggi, presuppone una vera e propria rivoluzione culturale” a cui si accompagni, aggiungiamo, una rivoluzione politica nel rendere prioritaria l'affermazione pacifica di personaggi che mettano al primo posto la cultura della Pace in ogni sede internazionale, e non cedano alle lusinghe manichee dello schierarsi con questi o quelli, gli contro gli altri armati. Che non buttino preziose risorse economiche in armamenti, destinandole piuttosto al lavoro e alla cura dei cittadini

Ai tempi di Balducci, si prospettava un mondo ecumenicamente proiettato verso orizzonti globali, ma era ancora sul nascere un modello di globalizzazione poi affermatosi, fondato prevalentemente sull'accumulo di profitto e capitali senza regola alcuna a convogliarne il flusso verso una maggiore equità e giustizia sociale. L'ascensore sociale si è sostanzialmente fermato, e masse sempre più cospicue di migranti spesso inconsapevoli dei loro diritti fondamentali, sul lavoro, affluiscono nei paesi occidentali, abbassando notevolmente il costo del lavoro e incrementando lo sfruttamento.

Siamo arrivati al paradosso che, anche quando al popolo è data democraticamente la possibilità di tutelare tali diritti, mediante referendum, il popolo stesso ci rinuncia, per sfiducia, mancanza di interesse e scarso senso di appartenenza alla cittadinanza fatta di diritti e doveri.

E' evidente che, in tal modo, non può che affermarsi una cultura del si salvi chi può, magari avendo risorse ereditate oppure avendole acquisite senza scrupoli con attività al limite del lecito, se non addirittura debordanti nell'illecito.

La cultura della pace è la cultura della responsabilità, perché non si è mai liberi senza essere responsabili (saremmo infatti solo dei barbari predoni) e mai responsabili senza essere liberi (saremmo infatti solo degli schiavi). Questo vale sempre, sul piano interpersonale, come su quello politico e sociale, ed ancora di più su quello del diritto internazionale

Invece specialmente l'uso dei media in palmo di mano ci ha assuefatto ad una sorta di ego minuscolamente dilatato in senso globale, trasferendo anche la nostra intelligenza emotiva in una sorta di macchina da social, ad un perfetto assetto alienante, in cui perdiamo di vista i veri rapporti umani. Quelli in cui ci si guarda negli occhi e si muta espressione con il variare della vita stessa, consapevolmente attenti alla cura reciproca e alle interconnessioni emotive

Così sembriamo sempre più incapaci di vivere indipendentemente da quella che appare ormai una protesi indispensabile dell'essere umano di questo secolo, capace anche di controllarlo in ogni suo movimento e di colpirlo se necessario

Mai una schiavitù nel corso della storia umana è mai stata così facilmente mistificata mediante le vesti della libertà.

Ma è ancora possibile non perdere la ragione costruttiva anche nella difficilissima crisi internazionale che si è andata configurando negli ultimi mesi

In questo spicca l'operato del premier socialista spagnolo Sanchez

Egli infatti ha dichiarato: “La Repubblica Iraniana è responsabile di grandi crimini verso la sua popolazione e soprattutto verso le donne

Ma l'ultimo che può mettersi dalla parte dell'accusatore è un criminale genocida come Netanyhau ed il suo governo reazionario e razzista. Un governo che ha massacrato 70.000 persone (gran parte donne e bambini) che segue un progetto di pulizia etnica verso il popolo palestinese.

Sono solidale con gli ebrei che hanno avuto il coraggio di condannare gli atti infami di Netanyhau, mostrando grande coraggio” Sapendo così esprimere una sua voce autentica rispetto ad un certo coro conformemente unanime

E' sempre più evidente che la guerra non farà che zittire tutti coloro che potevano protestare nella stessa Israele reclamando al contempo la liberazione di tutti gli ostaggi e la fine del massacro a Gaza, così come in Iran prevarrà lo spirito bellico in nome della patria da difendere, zittendo e massacrando ogni opposizione. Le guerre nascono per motivi precisi, e principalmente per mantenere al potere a tutti i costi chi lo ha conquistato e non vuole cederlo, e per trarre vantaggi economici, l'analisi della storia, in questo senso fatta da Marx, mediante il suo Materialismo Storico, è tuttora fondamentale ed attualissima. Le guerre sono fatte tuttora per accumulare profitti e incrementare autoritarismo e sfruttamento di classi sociali su altre, e manie di potere liberticide

La gente che non si mobilita o non protesta contro di esse, è destinata a subirle

Soprattutto quella che reagisce al subdolo appello del “dulci e decorum pro patria mori”, del sacrosanto e giusto dovere di morire per la Patria. In un mondo dai confini dilatati, in cui la Patria è il pianeta stesso, messo a rischio, seriamente, dalle armi atomiche alle forme più invadenti di inquinamento, persino pandemico, che ormai hanno persino modificato il clima, il motto che ci deve tornare alla mente è sempre quello di Erasmo: “Dulce bellum inexpertis” La guerra può essere bella solo per chi non l'ha provata sulla sua pelle.

E statene sicuri, quelli che da sempre ne traggono profitto, vendendo e manovrando armi ed eserciti, ormai con la tecnologia più avanzata, non la proveranno mai sulla loro pelle, protetti dai loro paradisi fiscali, dai loro bunker, dalle località più remote e segrete. Si limiteranno a spingere un bottone mandando in malora tutto il resto, anche quando non ci sarà più nulla da mandare in malora

La Pace tuttora esprime il suo accorato lamento e la sua angosciante richiesta di fermarli, non più in nome solo della umanità, ma in nome di quello ormai di tutte le creature della Terra. Perché, ricordiamocelo con le parole di Erasmo: “La guerra è solo un oltraggio alla ragione”


Carlo Felici

venerdì 16 maggio 2025

LA PACE DISARMATA E DISARMANTE

 




Il nuovo pontificato di Leone XIV è iniziato all'insegna della esortazione per una “pace disarmata e disarmante”, sicuramente adatto ad un mondo ancora affetto dal morbo potenzialmente pandemico della guerra.

Sarà dunque il caso di riflettere su suo significato, e non solo sul valore significante di queste parole, alla luce degli eventi contemporanei.

Le maggiori celebrità mondiali hanno assistito ai funerali di Papa Francesco, senza sapere ancora cosa sarebbe accaduto in seguito, e sicuramente augurandosi che il nuovo Papa fosse dalla loro parte.

Ci sperava forse Trump, il quale sebbene abbia visto essere eletto un Papa statunitense per la prima volta nella storia, forse non si rende ancora conto quanto possa essere anti trumpiano questo Papa, che sembra scelto apposta per essere una spina nel fianco molto dolorosa per i neo conservatori americani, data la sua sostanziale continuità di contenuti con il suo predecessore.

I suoi primi discorsi, infatti, non fatto altro che ribadire sul piano internazionale e della giustizia sociale, quelli già messi in risalto da Papa Francesco, pur mantenendo egli un assetto formale che forse sarà più gradito ai cattolici tradizionalisti.

Ma torniamo alla “pace disarmata e disarmante” e chiediamoci quale sia davvero il suo significato.

E' più che evidente il riferimento a Gesù, profeta disarmato che ha saputo, nel corso della storia disarmare più di una volta i progetti di dominio ed intolleranza spesso anche condotti in suo nome.

La forza “disarmante” del Vangelo, non è infatti mai stata disarmabile. Ma oggi come si potrebbe tradurre in pratica tale progetto?

Abbiamo ancora due guerre disastrose in atto alle porte dell'Europa, e quella che sembrava potesse essere una elezione risolutiva per i conflitti, con Trump alla presidenza degli Stati Uniti si sta rivelando un flop clamoroso.

Ciò nonostante, come feci notare prima della sua elezione, è stato un bene che egli sia stato eletto e continuo a ribadire che sarebbe stato ancora meglio se fosse stato eletto prima di Biden, e Sanders si fosse tenuto fuori invece di dargli il suo sostegno, acquisendo ulteriori consensi fino a candidarsi successivamente alla Presidenza. Ciò non è avvenuto, ma è bene che tutto ciò avvenga oggi, affinché si capisca bene cosa di sostanziale porta avanti il programma neo conservatore che tende a riaffermare una pretesa di egemonia statunitense globale e nega ogni possibilità di multilateralismo, la quale è invece stata fermamente ribadita da Papa Leone XIV. E pare che anche negli Stati Uniti se ne stiano accorgendo rapidamente.

La repressione e deportazione del dissenso sta apparendo sempre più clamorosamente nel Paese con la più antica democrazia del mondo. Il sostanziale fallimento delle trattative in Ucraina è palese e lascia sempre più spazi per l'affermazione della oligarchia russa, senza che un efficace argine essa possa trovare sul terreno delle sue offensive.

In Palestina la situazione è ancora più tragica, un intero popolo è infatti soggetto ad un sistematico sterminio che non risparmia nulla, non solo ospedali, bambini e ogni sostegno umanitario, ma persino quello che la comunità internazionale tenta di mandare via mare con una guerra anche alle navi che trasportano beni di prima necessità per Gaza

L'Europa che ha immediatamente sanzionato la Russia per l'invasione di Gaza tace miseramente di fronte a questo massacro, e dichiara persino, per bocca della Von der Leyen che i suoi valori si fondano sul Talmud, e che quindi le sue radici non sono greco romane e cristiane, ma ebraiche.

Peccato che gli ebrei più ortodossi nella stessa Israele si dichiarino antisionisti, peccato che chiunque dissenta dalla politica criminale di Netanyahu, dichiarato criminale di guerra dalla Corte Internazionale di Giustizia, venga chiamato antisemita, in Israele come altrove, peccato che in Israele siano sempre di più i dissidenti (compresi gli ebrei ortodossi) soggetti ad una sempre più brutale repressione.

E che l'amministrazione americana di Trump non faccia nulla per fermare questo scempio con la complicità di tutta l'Europa è un crimine altrettanto obbrobrioso che grida giustizia agli occhi di Dio e dell'umanità. Lo stesso governo italiano attuale non si è sentito in dovere di spendere nemmeno una parola per tutelare le vittime di un massacro che ci ricorda i momenti peggiori dell'intera storia umana, mostrando così allo stesso tempo una sostanziale sudditanza e impotenza al tempo stesso.

C'è voluto il vecchio ma intramontabile Bob De Niro premiato per la sua straordinaria carriera a Cannes, per ricordare agli americani e al mondo cosa stia rischiando la democrazia non solo in America, ma ovunque con tali palesi attacchi ad ogni libertà, non solo di esprimersi ma anche di commerciare, con tale infame protezionismo. Egli infatti ha recentemente dichiarato “L'arte è democratica e fa paura ai fascisti” Verità sacrosanta da scolpire all'entrata di ogni scuola.

Abbiamo la possibilità ora di dare un segnale di risveglio della nostra democrazia, per tutelare il lavoro e l'impegno di chi, pur provenendo da altri paesi, contribuisce alla crescita della nostra economia, la possibilità di riaffermare i principali valori di una democrazia concreta che secondo Mazzini sono il libero voto, la cultura e il lavoro. Dove questi vengono negati o anche uno viene soffocato, la democrazia agonizza e può morire e per farla rinascere, una volta defunta, bisogna sempre pagare un tributo di sangue molto cospicuo. Questa è la lezione innegabile della storia.

Gli indifferenti credono di farsi da parte, perché non gradiscono il meno peggio, ma poi, sono destinati a diventare nel tempo, inesorabilmente complici del peggio del peggio.

Cerchiamo di evitare questa miserevole sorte nel nostro Paese, andando a votare in occasione dei prossimi referendum. Cerchiamo di dare un segnale ad un governo che non è fascista, perché il fascismo almeno non era così servile e socialmente inerte, anche se di ben altri crimini si è macchiato, questo governo ama solo il potere e tende a mantenerlo, contando solo sul fatto che non ci siano alternative ad esso. Sarà bene dare a giugno per questo, un forte segnale che sta commettendo un grosso errore.

Guai a dire al popolo: rinuncia alla tua democrazia, vai al mare, non votare, specialmente in quell'unica occasione in cui questa democrazia può essere diretta. E' come dirgli suicidati, ammazza l'unica cosa che può renderti cittadino libero e non suddito. 

Efisio Melis martire antifascista disse: “Si può eliminare facilmente una vera dittatura, ma è difficilissimo eliminare una finta democrazia”

Teniamo a mente queste parole, prima di lasciare la tessera elettorale nel cassetto, perché la pace disarmata del cittadino disarma sempre con il suo libero voto


Carlo Felici

mercoledì 23 aprile 2025

Morto un tale Papa, non sarà facile trovarne un altro





Commemorare un Papa come Francesco è impresa davvero ardua per chiunque, nonostante i media ci stiano propinando in continuazione di tutto e di più su di Lui.

Sicuramente su un sito come questo, qualcuno si aspetta che si mettano in risalto i temi sociali, con i quali Papa Bergoglio si è sempre impegnato durante tutto il Suo pontificato.

Noi cominceremo col dire che non avrebbe di sicuro gradito tutto questo clamore mediatico, né che si dichiarassero da parte dello Stato Italiano, ben cinque giornate di lutto nazionale, oscurando pertanto le commemorazioni del 25 Aprile da fare “senza clamore e in sordina”, bella furbata, da parte di un governo guidato da chi nel 25 Aprile non si è mai identificato pienamente, provando addirittura ad equiparare torti e ragioni, vincitori e vinti..

Ma la cosa che stride di più è l'ostentazione di amicizia con questo Papa che si è speso fino all'ultimo per la pace e che ha detto esplicitamente di “vergognarsi” per l'aumento delle spese militari, da parte di un governo e di una Europa che hanno fatto dell'aumento delle spese militari un caposaldo del loro interventismo politico.

Di Papa Francesco, come di tutti quei grandi personaggi che hanno agito in vita senza peli sulla lingua, disturbando non pochi centri di potere e personaggi a loro intorno, si può dire che fu tanto osteggiato, quanto oggi viene celebrato, quasi in una sorta di rito esorcistico affinché non ne venga un altro come Lui

E sicuramente non ne verrà un altro come Lui, anche perché per mettere d'accordo tutto un conclave cardinalizio, aumentato a dismisura negli ultimi anni, per rappresentare tutti i Paesi del mondo, ci vorrà davvero la Grazia dello Spirito Santo

Papa Francesco sarà sicuramente ricordato per il suo coraggio, ed il suo strenuo impegno per la pace e la giustizia sociale ed ambientale, Lui è stato capace di accogliere i temi principali della Teologia della Liberazione sorti negli anni 70 in America Latina, senza radicalizzarli né ideologizzarli, ma incanalandoli saggiamente nella Dottrina Sociale della Chiesa.

Ovviamente questo non solo ha suscitato molti malumori nelle sale vaticane, ma anche parecchia avversione da parte di chi non ha mai avuto “orecchie per sentire”

Papa Francesco ha riconosciuto lo Stato Palestinese, parlando di genocidio a Gaza, non ha avuto mezzi termini per rimarcare come la NATO “abbaiasse ai confini con la Russia” e per questo, lo Stato Israeliano ha addirittura ritirato le sue condoglianze, nonostante la protesta di alcuni suoi ambasciatori, aggravando così il suo isolamento nel contesto internazionale ed evidenziando la sua miseria morale

Papa Francesco era considerato un conservatore quando cominciò a diffondersi la Teologia della Liberazione in America Latina, ritenuta a torto una appendice religiosa del castrismo ma, una volta diventato Papa, ha sicuramente accolto molti dei suoi temi principali, in particolare l'opzione preferenziale per i poveri e la tematica ecologico-ambientale, sicuramente in collaborazione con il teologo brasiliano Leonardo Boff, la sua enciclica “Laudato si'” ne è uno specchio molto fedele.

Papa Francesco non è stato un “socialista”, anche perché la Chiesa gerarchica e tuttora fondata su una monarchia pressoché assoluta, dotata anche se minimamente, ancora di potere temporale, non può esserlo, e tanto meno può esserlo il suo capo che ovviamente non può neanche diventare repubblicano e democratico, lo abbiamo già visto dai tempi della Repubblica Romana del 1849, fatta bombardare con la “benedizione” di un Papa che si dichiarò poi infallibile ed è stato pure recentemente fatto santo.

Ma sicuramente Papa Bergoglio ha accolto in pieno temi ormai abbandonati dalla stessa cosiddetta sinistra che di recente non si è nemmeno vergognata di equiparare il nazismo a quel comunismo che liberò l'Europa da Hitler a costo di più di 20 milioni di morti, dimenticando che Stalingrado venne ben prima della sbarco in Sicilia ed in Normandia, e che i campi di sterminio vennero liberati per la prima volta dall'Armata Rossa. Per questo, ma anche per molto altro, che ha avuto solo come conseguenza in Italia l'affermarsi di un governo erede storicamente di chi antifascista non è mai stato, la parola “sinistra” dovrebbe essere cancellata dal nostro vocabolario, in nome di un Socialismo che, come vediamo tuttora in Spagna e non solo, ancora ha molto da dire.

Papa Francesco ha parlato chiaramente di “una struttura ingiusta” fondata sul “primato del denaro che collega tutte le esclusioni”, e basata sulla rapina perché “rende schiavi, ruba la libertà” “mitizza il progresso infinito e l'efficienza incondizionata”.

E che cosa è questa struttura se non un capitalismo senza freni e senza misura, abbandonato alla sua corsa sfrenata verso il suo esclusivo auto-potenziamento che macina inesorabilmente popoli, individui, interi Stati e ovviamente ogni tipo di opposizione, riducendola al silenzio con la violenza quando cerca di organizzarsi e protestare, quando una fabbrica viene miseramente smontata e delocalizzata, mandando per strada tutti i sui lavoratori i quali, se protestano, vengono pure pestati dalle forze di polizia. Cosa è questa struttura se non quella che priva interi stati, di servizi sociali fondamentali come l'assistenza sanitaria, la scuola, i trasporti, privatizzandoli e lasciandoli alla fruizione di chi solo può permetterseli con il proprio denaro? Cosa se non quella che non esita a mettere al primo posto la guerra e gli armamenti, al di sopra di ogni diplomazia ed azione umanitaria?

Papa Francesco ha avuto il coraggio di affrontare la lotta globale contro questa struttura con le sole armi del suo pacifico e sorridente pontificato

Ha detto chiaramente che «Non serve una politica per i poveri, ma una politica dei poveri». E questo era proprio il nucleo centrale della Teologia della Liberazione che questo Papa è riuscito a fare entrare nella dottrina ecclesiastica senza che ne divenisse il fulcro ideologizzante

Ovviamente non mancano le critiche, da parte di chi lo ritiene tuttora un protagonista della globalizzazione con i suoi processi perversi di migrazioni senza misura che riducono il costo del lavoro e portano a nuove schiavitù salariali, o di chi lo considera un Papa che ha svuotato piazza San Pietro per la pandemia, chiudendo le chiese, sostituendo l'acquasantiera con il gel antisettico, e persino di chi ritiene che abbia portato sull'altare di Cristo la politica anziché i temi religiosi e mistici. E inoltre da parte di chi evidenzia che non ha fatto poi molto per emancipare le donne nella Chiesa, o gli omosessuali, o le coppie di fatto, non modificando in alcun modo il Catechismo della Chiesa Cattolica, tuttora legato dottrinalmente al suo predecessore, il quale persiste come la colonna portante dell'istituzione cattolica. Pur avendo Papa Bergoglio lottato, memore delle sue esperienze nelle favelas, sempre per riconoscere la dignità delle persone più emarginate, pur essendosi egli schierato sempre dalla loro parte, la sua concezione della stessa teologia ed azione della Chiesa, non è ancora entrata nella sostanza e nelle strutture portanti della stessa istituzione cattolica, e per di più non ha fatto aumentare il numero delle persone che frequentano la Chiesa o la Comunione sacramentale.

Il successore di Papa Bergoglio dovrà capire bene che per incrementare la credibilità della Chiesa e la sua efficacia pastorale, non basteranno le dichiarazioni di intenti, i bei discorsi, le apparizioni o i viaggi plateali, ma bisognerà intervenire nelle strutture stesse istituzionali della gerarchia vaticana, da tempo immemore inamovibili, per timore di ulteriori disgregazioni o scismi

Non è più tempo di praticare l' “ut unum sint” solo con le parole o con l'esempio. Il primo Francesco non si mise contro la Chiesa come i catari e gli albigesi, perché sapeva che non avrebbe avuto scampo, ma è tuttora ricordato in un bellissimo dipinto, come colui che seppe rimediare al crollo imminente di tutta la struttura della Chiesa stessa, o almeno colui che la avvertì molto tempo prima del pericolo che avrebbe corso secoli dopo quando la protesta non avrebbe potuto più essere arginata.

Papa Francesco, nonostante abbia dovuto necessariamente presentarsi non con le vesti del Poverello di Assisi, che visse in una Porziuncola costruita con la sue mani senza nemmeno aver preso i voti ecclesiastici, ma solo agendo con il suo esempio e dichiarando di non volersi separare dalla Chiesa del suo tempo, ma con quelle, comunque di un Capo di Stato, dotato di potere temporale e istituzionale, credo abbia cercato di avvertire la Chiesa di questo pericolo imminente che addirittura , secondo una antica profezia, porterebbe il prossimo suo successore ad essere l'ultimo Papa.

E' vero sì che “morto un Papa se ne fa un altro” sempre ed è altrettanto vero che l'Azione dello Spirito nella storia umana, non segue le profezie ma solo il suo principio fondante, cioè la perfezione, l'armonia e la universale costruzione basata sull'Amore, cioè Dio stesso

Ma è altrettanto vero che senza ristrutturazioni architettoniche che superino il logorio dei tempi, la intera struttura prima scricchiola, poi crolla, e il sintomo maggiore di questo crollo imminente è la fuga stessa dei suoi abitanti dal suo interno

Quindi credo che seriamente il prossimo Papa dovrà riflettere innanzitutto su quante persone vanno ancora in chiesa e perché lo fanno. Il predecessore di Papa Francesco era convinto che la Chiesa fosse fatta da “pochi ma buoni” ma Papa Francesco ha predicato ovunque l'apertura a tutti costi verso chiunque, tranne forse che nella pandemia, ora il nuovo Papa dovrà ben riflettere ed operare affinché non gli edifici ma la stessa struttura architettonico istituzionale e dottrinale possa essere veramente accogliente per i fedeli della Chiesa del Terzo Millennio

Il mondo di oggi non solo ha perso l'innocenza, ma addirittura ha paura della stessa innocenza, perché non c'è nulla di più eversivo rispetto ad una innocenza che riconosce il male a prima vista. Eppure è l'innocenza che ha sempre cercato Cristo e per questo ci ha detto: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso» il bambino è il simbolo stesso di un essere umano capace di riconoscere il male a prima vista, senza essere ancora condizionato dalla sua educazione, cultura o persino dalla sua religione

Per questo in un Occidente autoreferenziale che gira sempre intorno al suo profitto, non nascono più tanti bambini, per questo è necessario che si rifletta su come educarli a progettare un mondo nuovo che li aiuti a mantenere la loro innocenza, indispensabile per combattere ed emendare il male

Forse il prossimo Papa dovrà pertanto riflettere sulla principale preghiera del cristiano che temiamo Papa Francesco abbia vanamente modificato, lasciando sostanzialmente intatto l'errore

Non si dice più “non ci indurre in tentazione”, ma “non abbandonarci alla tentazione” come se un Padre amorevole potesse tentarci o addirittura abbandonarci. No, il senso e la lettura originaria del Padre Nostro è “non lasciare che la tentazione entri in noi”, quindi la traduzione migliore è “proteggici dalla tentazione”, “aiutaci nella tentazione” Non è la paura ma il bisogno vitale di Dio, non timor Dei sed Amor Dei che ci salva

E la tentazione è sempre il dubbio, l'esitazione, la mancanza di consapevolezza. Aiutare qualcuno operando in Grazia di Dio, vuol dire dunque non fornirgli una stampella assolutrice, ma renderlo più consapevole, accogliendolo con Amore fraterno, senza giudicare se sia in linea o no con il Catechismo della Chiesa Cattolica, una prigione dottrinale dorata per una Buona Novella che abbatte tutte le prigioni ed è sempre viatico di Via, Verità e Vita.


Carlo Felici

venerdì 4 aprile 2025

SI SALVI CHI PUO'

 


La recente guerra commerciale iniziata dalla nuova amministrazione americana, nonostante venga giustificata come un modo per riequilibrare i rapporti tra Stati Uniti e il resto dei Paesi del mondo, sul piano dei dazi doganali, per creare maggiori vantaggi per il popolo americano, parte da un presupposto profondamente sbagliato. Cioè quello che il mondo non possa fare a meno di confrontarsi con gli USA secondo le regole che gli USA credono di poter stabilire, in quanto superpotenza economica e militare. Un altro principio profondamente errato è quello secondo il quale ogni Paese del mondo per avere rapporti proficui e vantaggiosi per la sua crescita e il suo progresso economico e sociale, debba per forza fare i conti con gli USA.

Se tutto ciò poteva essere valido nel dopoguerra e in parte con la globalizzazione, oggi la realtà geopolitica ed economica mondiale, a un quarto di secolo dall'inizio del terzo millennio, è profondamente cambiata. Non solo perché la Cina è ormai una superpotenza militare ed economica al pari se non superiore agli USA, ma anche perché vari Paesi dall'economia emergente, in particolare i BRICS hanno avuto modo di rafforzare reciprocamente i rapporti economici e commerciali, al punto di poter fare a meno del condizionamento degli USA, in particolare in seguito alle guerre scatenate ultimamente per tutelare gli interessi americani, prima in Medio Oriente e poi nell'Europa orientale

Gli Stati Uniti, d'altra parte, hanno fatto poco o nulla per rendere più vantaggiosi i rapporti con il loro Paese rispetto a quelli con altri, procedendo sempre di più verso politiche isolazioniste e protezionistiche. Tutto ciò mentre all'interno di quella che appare una superpotenza sempre più in crisi, gli squilibri sociali aumentano a dismisura, così come la sproporzione tra le immense ricchezze di una ristretta oligarchia che assume il controllo delle risorse energetiche, commerciali e persino comunicative, e il resto della popolazione, in cui miseria e precarietà di vita sono vertiginosamente aumentate nel corso degli ultimi anni.

Sembra che ora si stia procedendo ad uno smantellamento definitivo delle ultime tutele che lo Stato Federale ha conservato per chi non può permettersi enormi guadagni e profitti, lasciando campo libero per ogni azione che possa recare vantaggio alle oligarchie dominanti

Sicuramente in questo Russia e Stati Uniti oggi si assomigliano molto, ambedue grandi Stati in cui le oligarchie e gli oligopoli dominano incontrastati, e dove chi li rappresenta è saldamente al potere, avendolo acquisito con l'illusione di potere rendere grande e incontrastato l'operato del proprio Paese. Non a caso sia Trump che Putin sono cresciuti nella logica compromissoria dell'appeasement scaturita in piena guerra fredda. Sono uomini che appartengono più al passato che al futuro, persone del secolo scorso con la pretesa di vivere ancora in quella dimensione, in cui non c'era altro al mondo che due superpotenze a spartirsi le loro zone di influenza nel mondo

Ma oggi il mondo è molto più interconnesso di allora, viaggia con una velocità incredibilmente superiore e soprattutto non sopporta isolazionismi, né pretese di superiorità

Credere di esistere intrinsecamente, cioè a prescindere da cause che determinino il nostro agire e conseguenze del nostro operato, indipendentemente dai rapporti che sappiamo instaurare con tutto ciò che ci circonda è il fondamento del nichilismo occidentale, di una dimensione in cui tuttora ognuno sgomita per avere successo individuale, trascurando quasi del tutto le conseguenze del proprio operato, in nome del conseguimento del proprio obiettivo. Competition is competition questo è il motto che produce la volontà spasmodica di affermarsi a scapito di tutto il resto, e che purtroppo inquina i rapporti umani fin dall'infanzia, fin dai primi banchi scolastici, in cui non si insegna il lavoro di squadra, il fatto che un vero successo è sempre il frutto di una collaborazione e di un confronto di punti di vista, ma si incentiva tuttora l'emergere di talenti fini a se stessi

L'America trumpiana è tuttora convinta che possa tornare ad essere grande non misurandosi meglio con le sfide del presente ed instaurando migliori rapporti di commercio e collaborazione reciproca con altri Paesi, su tutti i piani, da quello legislativo a quello militare, medico e persino fiscale, ma ribadisce con forza e persino con arroganza il suo primato, convinta di avere ancora il bastone più grosso in mano per giocare le sue carte. Così Trump che prometteva di fermare le guerre in corso, sta miseramente osservando che le guerre in Palestina e in Ucraina continuano, a prescindere dai suoi ammonimenti a Netanyhau e a Putin, che il dollaro cala invece che crescere e che i Paesi che egli voleva inglobare nell'orbita USA se ne stanno orgogliosamente per proprio conto. E non possiamo certo biasimarli, considerando che sia il Canada che la Groenlandia hanno un sistema sanitario migliore degli USA in cui le assicurazioni sono spesso degli oligopoli tendenti a fare profitto sui malanni dei cittadini

Il paradosso degli USA è che, a questo punto della loro storia, rischiano di rinnegare le loro ragioni fondative. Nacquero infatti più di due secoli fa, per spezzare gli oligopoli commerciali, per dare maggiori opportunità di crescita e di confronto ai loro cittadini, per perfezionarsi a beneficio del mondo con cui erano relazionati. Un principio base che era anche la base formativa illuminista della maggior parte dei loro Padri Fondatori i quali avevano una preparazione culturale immensamente superiore rispetto agli ultimi presidenti che si sono avvicendati alla Casa Bianca e che a confronto, appaiono solo come delle marionette ben manovrate dagli oligopoli che li finanziano.

Purtroppo anche coloro che potrebbero essere efficacemente degli antagonisti, alla fine, fanno il gioco dei loro oppositori, rischiando di fare la fine degli “utili idioti”

Prendiamo ad esempio uno come Sanders che prima che Biden fosse eletto, aveva ottenuto una straordinaria quantità di consensi soprattutto tra i giovani, ma che poi ha finito per sostenere Biden, determinandone la vittoria finale, e anche il conseguente fallimentare governo che non ha inciso affatto nel profondo cambiamento sociale di cui gli USA hanno oggi bisogno e che ha praticamente annichilito la stessa forza con cui gli USA hanno vinto ben due guerre mondiali: la loro classe media di lavoratori

Se Sanders non avesse sostenuto Biden, Trump avrebbe vinto e oggi sarebbe già fuori dai giochi spianando a Sanders la via per la Casa Bianca. 

Ma certa sinistra è più abile nel gioco dell' “utile idiota” che in quello di essere la chiave di volta vincente per un vero cambiamento politico. E' successo lo stesso con Melenchon ridottosi a sostenere Macron, e ora per fermare la Le Pen si ricorre alla solita giustizia ad orologeria.

Paradossalmente anche in Italia stiamo assistendo a politiche che ribaltano il senso storico dell'essere di sinistra o di destra, ad esempio osservando come un PD vota a favore del riarmo europeo e FdI invece si astiene, ma ancor di più avendo osservato come, fin dagli anni 90, certa pseudo-sinistra nostrana abbia sostenuto a spada tratta delle privatizzazioni selvagge che, non solo hanno dimostrato palesemente di non far crescere la nostra economia, ferma ormai da quasi 30 anni, ma che continuano a favorire ed arricchire i vari oligopoli nei più svariati settori

Ora ci barcameniamo tra un colpo al cerchio americano e uno alla botte europea, provando a salvare capra e cavoli, ma rischiando di vedere annichiliti settori in cui in passato ci vantavamo di avere il primato, da quello industriale, a quello scolastico a quello sanitario, senza una visione di insieme a vasto raggio, ma navigando a vista.

Eppure esempi europei di cambiamento ne abbiamo ad esempio in Paesi come la Spagna, il Portogallo, l'Irlanda, Danimarca, persino Polonia e Malta hanno raddoppiato la loro crescita economica ultimamente, mentre tuttora noi sembriamo un elefante che si muove in una cristalleria, che affonda nella burocrazia e nelle mafie di ogni livello. Se l'Europa ha bisogno di uno slancio innovativo per far risaltare ancora di più la sua civiltà che, ad esempio, rinnega la pena di morte, rinunciando a certe gabbie economiche e burocratiche, noi, d'altra parte abbiamo bisogno di un salto di qualità per essere pienamente europei

Sapremo tenerci stretto quel poco che ancora ci rimane? Stretti tra dazi americani e regole europee iperburocratiche, gli italiani hanno bisogno di tornare a sentirsi protagonisti della loro storia millenaria, superando gli steccati falsamente ideologici e le loro meschine consorterie

Non sarà infatti Trump o l'Europa a impedirci di affondare miseramente in quello che fu il “mare nostrum”, ma saremo solo noi stessi, se davvero lo vorremo tutti.

Carlo Felici