Viviamo decisamente in un mondo ingrato, in cui i rapporti sono sempre di più veicolati dal “do ut des”, dall'utilitarismo con cui le persone si sfruttano a vicenda, oppure trovano il modo per sfruttarne altre e trarne profitto. Ma ci siamo mai chiesti che cosa è veramente la gratitudine?
Cominciamo ad analizzare la parola che deriva da latino gratus, che non significa solo grato e riconoscente ma anche gradito, quasi a significare che non si può essere grati per ciò che non si è gradito. Ma “gratus” a sua volta, conserva in sé la radice che ci riporta al semitico karis e all'accadico karasu che animano anche il greco kardia, cioè il cuore, il sentimento. E gratus è anche stato accostato al sanscrito gurthah, che vuol dire celebrato
In buona sostanza, la gratitudine è indissolubile rispetto al sentimento che si nutre nei confronti di chi la suscita, propiziandoci più che il rispetto, la sua celebrazione, la gioia che si prova per colui o colei che suscitandola ne diventano oggetto
Possiamo dire per questo che la gratitudine è un sentimento basilare nella vita di ogni essere senziente, perché chiunque nasca e viva in questo mondo, non può fare a meno di avere rapporti con altri, è interdipendente e connesso inevitabilmente con altri esseri viventi, lo sono tutte le specie viventi in questo pianeta, dalle piante, agli insetti, agli animali e ovviamente lo siamo noi.
Però, mentre tutti gli altri esseri viventi della natura vivono la loro “gratitudine” con naturalezza, cioè senza esagerare si nutrono solo di ciò di cui hanno bisogno, fanno parte di una catena alimentare che prevede per tutti, tra specie vegetariane e carnivore, un equilibrio del loro ecosistema, in modo tale che nessuna specie, nella biodiversità, si estingua a beneficio di un'altra, l'essere umano che non è “grato” ma sfrutta ogni cosa a suo piacimento, si impone su tutti gli altri esseri viventi, con l'unico scopo di dominarli e sfruttarli a suo piacimento senza limiti. E ovviamente tende a fare lo stesso con i suoi simili.
Tutt'al più l'essere umano è grato ad un principio religioso che spesso usa per legittimare il suo dominio, quindi è grato solo a Dio perché lo ha fatto (secondo lui) signore dell'universo a sua immagine e somiglianza. E questa somiglianza, in particolare, tende a diventare sempre più stretta, specialmente se si incontrano popolazioni diverse e di diverso credo, tanto da identificarla con la propria nazione, il proprio colore della pelle e la propria cosiddetta “civiltà”.
Ne consegue che per chi è diverso dallo standard di “uniformità” a cui si pensa debba conformarsi la “normale” gratitudine umana, non ci sta alcun riguardo, anzi, si manifesta un palese respingimento. Nella società dei consumi, standardizzata in base agli stereotipi della bellezza veicolata spesso da immagini sempre più virtuali e prodotte con sistemi telematici, l'ingratitudine per il diverso tende addirittura ad essere enfatizzata, se non addirittura a diventare un canone ideologico. Al punto che persino un militare può passare dalla caserma al pulpito mediatico e raccogliere vasti consensi ideologizzando un sistema del tutto discriminatorio basato sulla ingratitudine verso i diversi: omosessuali, disabili, grassi, storpi, transessuali, immigrati, e via dicendo..a cui è riservato, nella migliore delle ipotesi, un piccolo ghetto in cui non devono disturbare i “normali”
Eppure noi dovremmo nascere, vivere e morire con questo senso di gratitudine permanente, non tanto verso un principio divino spesso astratto e lontano, magari originatosi millenni addietro, ma verso tutto ciò che ci circonda.
Noi esseri viventi, infatti, abbiamo sempre bisogno di tutti in ogni momento e tanto più gentilezza e riconoscenza animano la nostra vita, tanto meglio si accresce la qualità dei nostri rapporti con ogni creatura con cui entriamo in contatto.
Non solo dovremmo essere grati ai nostri genitori e a chi ci ha educato e fornito una cultura, ma sempre a tutti coloro che, facendo parte di una comunità che si estende dagli umani alla natura, ci consentono di nutrirci, di agire nel mondo e persino di respirare, come le piante.
Nessun essere vivente è un'isola autosufficiente, nessuno può vivere isolato e privo di rapporti con altri esseri viventi, in ogni tempo e in ogni luogo, ma gli animali, specialmente domestici sono consapevoli di questo più di noi, in particolare nei rapporti affettivi e famigliari. Nessun gatto e nessun cane tradirebbe mai la fiducia dell'essere umano con cui vive, mentre gli umani spesso abbandonano cinicamente proprio coloro che a loro sono più grati, e non solo, lo fanno anche con i genitori, i fratelli, le sorelle, i figli..anche quelli disabili.
Possiamo dunque affermare che non esiste essere più ingrato dell'essere umano, soprattutto osservando come dopo millenni di scontri e guerre rovinose, esso sia ancora preda dell'incubo dell'annientamento reciproco, acuito da armi sempre più micidiali, da quelle chimiche a quelle batteriologiche, a quelle atomiche
Eppure noi dovremmo essere grati anche a quelli che consideriamo come i nostri peggiori nemici, proprio perché, mediante loro, apprendiamo maggiormente la pazienza e la lungimiranza, così come verso tutti coloro che sono in difficoltà, perché ci consentono di essere ancora più generosi e disponibili, migliorando così le qualità più significative del nostro animo.
Spesso invece capita che proprio a partire dai rapporti affettivi, si confonde la gratitudine con la mancanza di reciprocità nell'utile, perciò siccome io sono servita a te, tu devi servire a me, anzi in non pochi casi “servire me”, altrimenti è meglio se sparisci. Ed è del tutto evidente che, in questo “do ut des” manca, per tornare all'accezione etimologica originaria, sia la “celebrazione” dell'altro, sia il “sentimento” verso un altro che risulta in tal modo definalizzato a strumento di affermazione.
E' così che i rapporti spesso finiscono per avvitarsi su se stessi, e anche per degenerare in conflitti a volte molto violenti. Si è grati solo a chi ci fa quello che ci fa comodo, ma in nessun modo verso chi ci ha messo in difficoltà, magari distrattamente, o anche poi pentendosi di averlo fatto.
Si vive permanentemente e conflittualmente nell'ossessione di poter dare solo per dover ricevere, fino addirittura ad accusare violentemente chi non corrisponde a questa nostra aspettativa.
Eppure non c'è gratitudine maggiore di quella verso ciò che non ci sia aspetta, e che non si è chiesto di ricevere. E non ce n'è di più grande di quella che ci spinge a perdonare chi ci offende, perché ci libera dall'odio e dal rancore
Pertanto anche in un contesto politico e civile tutti dovrebbero nutrire gratitudine verso chi ha restituito libertà e democrazia al Paese, mostrandosi contrari all'ingratitudine di coloro che affermando se stessi negavano a tutti gli altri la possibilità di esprimere il loro pensiero, perseguitandoli fino alla prigionia e alla morte, ma non mostrando loro né odio né risentimento
Chiunque voglia migliorarsi e perfezionare la sua personalità, davvero non può che apprendere il cammino della gratitudine universale perché come diceva anche Churchill: “la gratitudine non è solo la più grande delle virtù, ma anche la madre di tutte le altre.”
Anche la scienza ha di recente scoperto che la propensione alla gratitudine sviluppa notevoli benefici sulla nostra salute e ci porta a vivere meglio e ad essere più longevi, in particolare aumenta l'autostima, migliora il nostro umore potenziando ricordi positivi, migliora le relazioni spingendoci ad essere più gentili, ci fa tollerare meglio lo stress, tende a eliminare i rimpianti, riduce l'attaccamento e il senso di avversione, modificando il cervello che diventa più adattabile e la pressione sanguigna che si abbassa, favorendo un sonno più sereno.
Impariamo a dire “grazie”, anche a chi ci offende, saremo sicuramente più forti e meno preda del rancore e della violenza anche verbale, scopriremo inoltre di avere e portare sempre con noi qualcosa di buono che niente e nessuno ci potrà sottrarre e lo stesso mondo sarà migliore
Diceva infatti Gandhi: “La gratitudine è un desiderio profondo, non solo di avere qualcosa di buono, ma di rendere il mondo un posto migliore”
Carlo Felici
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