L'omicidio di Giulia riempie tutti noi di rabbia e di commozione, non solo per la sua efferatezza, ma anche perché è l'ennesimo assassinio di una donna in Italia dopo una lunga serie. Sono infatti ben più di cento gli omicidi di donne commessi dall'inizio di quest'anno, senza contare poi le violenze domestiche denunciate e spesso taciute.
E' la cifra di una barbarie che ci interroga tutti sul livello di pseudociviltà che abbiamo sotto gli occhi in Italia. In particolare, crescono i delitti in ambito famigliare e affettivo del 4%, così come crescono della stessa percentuale gli omicidi commessi dal partner o dall'ex partner.
Siamo di fronte ad una vera e propria piaga sociale che non è possibile sanare solo con leggi penali preventive o repressive.
Il problema riguarda soprattutto la formazione e l'educazione, ma né la società e tanto meno la scuola sembrano attrezzarsi a sufficienza per porvi un efficace rimedio.
Nelle scuole si è resa trasversalmente obbligatoria l'ora di Educazione Civica, il che vuol dire che ogni insegnante, per la sua materia, deve svolgere un certo numero di ore collegando argomenti suoi specifici con quelli inerenti all'educazione del futuro cittadino. Purtroppo però si dà molto risalto ad argomenti come l'educazione stradale, la prevenzione delle droghe e dell'alcoolismo, la legalità, che sono importantissimi, senza ombra di dubbio, ma si trascura totalmente l'educazione sessuale e sentimentale. Anzi, se corsi di educazione sessuale vengono svolti da personale medico, nulla di quanto concerne i rapporti interpersonali, affettivi e sentimentali viene trattato, e il tutto si riduce spesso ad una lezione di fisiologia dell'apparato genitale.
In televisione, inoltre assistiamo a spot di ogni genere, anche contro le fake news, o per la prevenzione degli incidenti stradali, ma poco o nulla per quanto riguarda i rapporti, i sentimenti ed il dovuto rispetto che dovrebbe intercorrere tra le persone di ogni genere e sesso.
E' del tutto evidente che questi argomenti così delicati non vanno affidati esclusivamente alla misericordia divina così mirabilmente invocata ed esposta da questo Papa senza pregiudizio alcuno e anche coraggiosamente contro le non poche resistenze dei conservatori curiali.
E' lampante che una emergenza nazionale deve essere affrontata con gli strumenti idonei e a tambur battente, c'è una battaglia culturale da combattere in cui ciascuno, per la propria parte e per il ruolo che svolge in ambito sociale, lavorativo e soprattutto famigliare, è tenuto ad arruolarsi e a combattere. Il nemico è per tutti uno: l'ignoranza, l'insensibilità e l'indifferenza che si incarnano periodicamente nel “mostro insospettabile” preda della sua furia disumana
Per combattere un nemico così insidioso ed imprevedibile però bisogna tenere ben presenti alcuni principi basilari, il primo è che nessun ruolo svolto da ciascuno dà la possibilità di essere credibili ed incisivi in questa prevenzione e in questa lotta, non basta essere padre o madre, non basta essere insegnante, non basta essere carabiniere, poliziotto, sacerdote, regista o giudice per ottenere risultati efficaci. Quello che è piuttosto indispensabile per combattere la disumanità che rende gli esseri umani peggiori degli animali, i quali usano solo l'istinto per auto conservarsi, mentre gli esseri umani usano il raziocinio e persino la fantasia per i loro piani criminali, è il contrario della disumanità e cioè l'umanità
Ma che cosa è l'umanità? Una frase di Terenzio autore latino dell'epoca degli Scipioni recita così “Homo sum, humani nihil a me alienum puto” che tradotto significa: sono un uomo perché nulla di umano ritengo mi sia estraneo.
Per capire questo concetto che fu poi alla base della concezione cristiana e rinascimentale dell'inalienabile diritto di ogni persona alla dignità umana che caratterizzò tutto lo sviluppo della civiltà occidentale e che oggi è fortemente messo in crisi, bisogna risalire alle sue origini.
L'Humanitas per i latini era una risultante di varie componenti e fattori, tutti indispensabili a definire come un essere umano potesse risaltare in ogni contesto civile e distinguerlo dal barbaro, non solo in ambito linguistico: il primo concetto assimilabile alla filantropia, è quello di riconoscersi appartenenti tutti a un unico destino naturale, indipendentemente dalle origini, del sesso, della religione o della etnia di ciascuno, un principio questo mutuato dallo stoicismo
Il secondo è quello di avere una cultura che non sia erudizione ma scienza dei valori umani, non solo in ambito umanistico, ma anche in quello scientifico. I nostri nonni e bisnonni non avevano, per la gran parte di loro, una laurea ma avevano una cultura ereditata dai loro genitori e dalle comunità in cui vivevano che li proteggeva, con i suoi tabù, dalle peggiori efferatezze messe in atto oggi anche da tanta gente laureata.
Il terzo fattore, altrettanto importante, è il senso del decoro che non è un principio meramente estetico ma è legato al concetto di onore in base al quale un atto disonorevole rende un essere umano spregevole per se stesso e per lo stesso contesto in cui egli vive, e un tempo lo portava a pene esemplari o all'esilio perpetuo costringendolo ad essere “errante” in un duplice senso, quello di colui che commette errore e quello di colui che è costretto a girovagare senza meta, fino allo sfinimento.
L'educatore, in ambito famigliare, mediatico ed istituzionale deve innanzitutto puntare sulla divulgazione e sull'insegnamento di questi capisaldi della civiltà, poi imparare ad analizzare i casi che, volta per volta, si presentano stigmatizzando ciò che li ha causati ed evidenziando come si possano prevenire
Ogni rapporto interpersonale ha le sua specificità, per cui è impossibile generalizzare creando una scuola in cui si insegni come amare e rapportarsi con i propri partners affettivi. Un libro però ci sentiamo almeno di consigliarlo, ed è “L'arte di amare” di Erik Fromm.
Alcune situazioni, però, particolarmente frequenti le possiamo analizzare cercando di scardinarne le distorsioni che portano ad atteggiamenti criminali
Perché nelle vicende dei nostri nonni e padri erano quanto meno più sporadici certi atteggiamenti? Innanzitutto il tessuto culturale, religioso e sociale era molto diverso, in particolare, poi, il ruolo della donna era svolto in maniera molto differente. E' l'emancipazione femminile che ha causato nell'uomo medio italiano la crisi depressiva, per mancanza di accettazione della perdita di rapporto, fino al donnicidio? Femminicidio ci pare infatti l'ennesima squalificazione del ruolo femminile, non diciamo infatti maschicidio ma omicidio, cominciamo quindi da una rieducazione lessicale.
Chi ha vissuto le battaglie degli anni '70, il 77 e dintorni ha difficoltà a credere a questa motivazione, perché allora si capovolgevano certi valori tradizionali in pieno e comune accordo, per cui i giovani di quelle generazioni, che si lasciavano e si mettevano insieme senza problemi e che avevano vissuto con piena passione quella stagione, sono forse i più immuni da certi fenomeni, che riguardavano piuttosto certa destra eversiva con episodi eclatanti come quello del Circeo.
Diremmo piuttosto, in accordo con Pasolini, che in Italia c'è stata, tra gli anni 60 e gli anni 80 una vera e propria “mutazione antropologica” dell'italiano medio, il quale è passato da un ruolo di maschio dominante, ereditato dal fascismo, ad uno di maschio reificante, indotto dal consumismo.
In poche parole, l'individuo medio (e non mi sento di penalizzare solo gli uomini perché anche molte donne hanno male interpretato la loro emancipazione esclusivamente mascolinizzandosi) che il fascismo aveva irregimentato nel ruolo di padre padrone destinato a credere obbedire e combattere, è bruscamente passato al ruolo di “individuo consumatore”, padrone solo, per risaltare, dei soldi, del sesso e del successo. Ma mai padrone in tal modo di se stesso, anzi destinato così ad una perpetua ignoranza di se stesso, delle proprie speranze, concrete esigenze e fragilità spesso solo represse.
Per un individuo così che proietta la sua identità, sicurezza ed affermazione spesso nel ruolo che ha nei confronti di una donna, un rapporto non è mai alla pari, non è mai una scoperta, né un modo per crescere e mettersi continuamente in discussione. Uno così deve essere sempre efficiente, in grado di competere e vincere in ogni contesto, e una donna in questa demenziale dimensione non può che essere relegata nel ruolo di “stimolante” più o meno come una droga. Una donna così deve essere controllata, deve sempre assecondare, assicurare il massimo dell'efficienza nel consumo delle energie per conquistare risalto e potere.
E' del tutto evidente che un ruolo del genere, alla fine, per un uomo risulta anche peggiore di quello di padre padrone perché, in tal modo, egli perde anche ogni intento educativo soprattutto nei confronti dei figli, destinati ad essere solo soddisfatti ed accontentati perché così intralciano meno, ci si illude che diano meno problemi, se non addirittura ad essere relegati nella dimensione più problematica e frustrante, quella dell'indifferenza.
Quando una donna non ce la fa più e stacca la spina perché non si sente realizzata, quando vuole perseguire uno scopo che diventa incompatibile per un uomo o un ragazzo che ha continuamente inseguito il sogno onanistico di poterla plasmare e orientare secondo le proprie finalità, quando egli si sente relegato in una condizione di abbandono, di sofferenza per il distacco e soprattutto di mancanza di controllo sulla sua vita, ecco che scatta l'imponderabile, come in una rabbiosa crisi di astinenza per una droga potente. Non si è più capaci di vedere una donna o una ragazza per quella che è, ma si resta disperatamente attaccati alla immagine che si è preteso che lei dovesse incarnare, alla profonda illusione spacciata per amore.
Non si è capaci di comprendere che una donna ama col cervello prima che col sesso, che il suo sesso è solo un prolungamento del suo cervello, del suo cuore e del suo animo, non una delle tante immagini che i media ci sbattono in faccia per puro illusorio consumo, come piccole droghe a buon mercato. L'erotismo di una donna non è dovuto alla potenza di un atto fisico a volte brutale, ma spesso viene scatenato da un movimento impercettibile, che pervade i suoi pensieri e si diffonde su tutto il suo corpo, sono le idee, la frasi, le passioni che un uomo riesce a comunicare e condividere e che accendono le emozioni di una donna che la fanno innamorare. Sono il non dare mai per scontato nulla, specialmente un ruolo, sono la costruzione in fieri di un rapporto che non ha mai un punto di partenza o di arrivo, ma è sempre un cammino condiviso e mai definito una volta per tutte, sono la fiducia e la stima che rendono la gelosia solo un simulacro su cui ironizzare perché la fiducia è quel che soverchia tutto, oppure è quello che può rimettere tutto in discussione, che possono far continuare a stare insieme due persone. E se una non ce la fa più, bisogna rispettarla, bisogna conoscerla, perché il rispetto, dalla sua radice etimologica “respicio”, è innanzitutto riconoscere e anche riconoscenza per quello che, bene o male, si è vissuto insieme e non va mai rinnegato.
Mai pregare o insistere quando una donna ci lascia, ma sempre rispettarla, perché la nostra ansia da “perdita” non fa che accrescere in lei la disistima nei nostri confronti, non fa che spingerla a considerarci dei deboli, degli incapaci a sostenere la sua mancanza. Se vuole distaccarsi, quindi, lasciamola fare, sarà lei poi, magari mettendoci alla prova, a capire se sente la nostra mancanza oppure si sente finalmente libera e più felice. E cosa c'è di migliore nell'amare veramente una donna che saperla felice, ebbene sì, anche con un altro, anche con chi magari ha saputo comprenderla ed amarla meglio di noi.
Questo è onore, questa è la dignità e questo è il rispetto, valori degni di una società cavalleresca che la barbarie del consumismo mediatico e la prostituzione degli esseri umani asserviti ad un profitto con cui si pretenderebbe anche di comprare i sentimenti, non solo non comprendono ma tendono ad annichilire perché se tornassero in auge salterebbe tutto un apparato che si autoalimenta usando le vita umane come i vuoti a perdere delle lattine di birra
Diceva Publio Sirio: “L'onore è come lo spirito dell'uomo, non ritorna da dove se ne è andato”
Non sarà quindi la galera, o la fuga fino agli antipodi a restituire lo spirito che è la vera identità di ciascuno, a coloro che in questi crimini efferati, nella violenza disumana verso una donna hanno perso innanzitutto il loro onore. Perché in tal modo saranno loro stessi a condannarsi ad essere meno di niente, meno della polvere, meno della cenere che ha bruciato donando calore, meno del vento che è l'essenza stessa dello Spirito Universale, ma risulteranno solo un vuoto a perdere che mette ali demoniache inquinando l'universo.
Carlo Felici
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