A latere nella discussione sull'antifascismo che è stata svolta in occasione del 25 aprile, ci sembra opportuno occuparci di una vicenda che smaschera tante ipocrisie nel merito di tale questione, facendoci capire che cosa è veramente oggi lo Stato italiano.
In Italia c'è rimasto un unico fascista “irriducibile” a credere nel nulla del fascismo (perché il fascismo è morto nel 1945), o meglio, a restare fedele ai suoi sogni giovanili nutriti dal disprezzo per una democrazia profondamente e ferocemente ipocrita.
Il suo nomen omen paradossalmente racchiude tutta la sua battaglia donchisciottesca che poi tanto donchisciottesca non è.
Si chiama Vincenzo Vinciguerra, combatte tuttora la sua guerra ma è quasi impossibile che la vinca. E' in carcere, come ergastolano, da circa 43 anni, il più vecchio d'Italia, non si è mai pentito, dopo essere stato condannato per la strage di Peteano ed il tentato dirottamento di un aereo a Ronchi dei Legionari.
Potrebbe essere libero da tempo, se si fosse pentito o se si fosse lasciato “coprire” dallo Stato, ma lui ha deciso di continuare una guerra contro quello stesso Stato che lui non ha mai riconosciuto e che ha tentato di usarlo, magari per poi disfarsene, come è successo in tante occasioni con vari soggetti durante la stagione della strategia della tensione.
Vinciguerra si è sempre dichiarato fascista in guerra contro la democrazia che nella sua mente è una millantatura, sia perché l'Italia non è mai uscita da una servitù economica e militare verso la NATO e i poteri atlantisti, sia perché la “democrazia” di questo Stato sempre a suo parere, ha promosso e coperto stragi e misfatti, assoldando criminali e coprendoli con reiterati depistaggi. Tanto è che non esiste forse al mondo un Paese in cui crimini così efferati non abbiano ancora dei mandanti riconosciuti e condannati, e questo non è un parere ma una tristissima realtà
Era partito infatti un depistaggio anche per il suo crimine, da parte della stessa Arma dei Carabinieri che lui aveva colpito con una autobomba, ma lui si è autodenunciato vanificandolo, con il preciso intento di continuare in carcere una guerra iniziata da fuori.
Altri personaggi di quella stagione nefasta hanno già ottenuto i benefici di legge sebbene siano stati condannati a vari ergastoli più di lui, ma lui no. Vinciguerra se non può vincere la sua guerra, ha deciso di combatterla sino alla fine, ovviamente la “sua” fine, perché è molto improbabile che lo Stato che lui ha ritenuto di combattere finisca con la sua vita.
Lui dice però che la sua guerra vi ha aperto crepe significative, e questo è storicamente e giuridicamente provato, dato che è la stessa Magistratura a confermare le sue dichiarazioni che coincidono con l'esito delle indagini svolte.
Vinciguerra cominciò ad subodorare di essere stato incastrato, quando gli proposero nei primi anni 70, di assassinare Rumor con la complicità della sua scorta, e dato che il leader democristiano era al potere al momento della strage di Bologna, l'intento era quello di dare la colpa a gruppi anarchici e favorire una svolta autoritaria. Vinciguerra pensò bene che non si poteva combattere lo Stato con la complicità del medesimo, e di conseguenza non si lasciò incastrare, e da allora decise di agire da solitario.
Le sue azioni però furono mirate e non accettò mai di colpire vittime civili , ma solo di avere obiettivi militari, discostandosi da quella galassia neofascista che lui, in tutti questi anni in cui ha scritto vari libri, rilasciato dichiarazioni alla Magistratura, partecipato a interviste televisive, ha sempre sostenuto essere cooptata dai servizi segreti italiani, con lo scopo di stabilizzare e rafforzare il potere e rendere impossibile ogni alternativa ad esso. In buona sostanza, come feroce braccio armato di uno Stato profondamente carente di trasparenza, credibilità e sovranità.
Per cui la stragrande maggioranza dei movimenti neofascisti era manovrata da servizi segreti nostri e americani in funzione anticomunista, nel perdurare dell'esistenza del più grosso partito comunista d'Europa che è sempre stato incapace sia di essere concretamente indipendente sia di mettere in atto il ben che minimo intento rivoluzionario, e per di più pervicacemente attaccato formalmente per decenni ad una falsa identità marxista leninista, essendo concretamente dedito al consociativismo, e sempre ostinatamente incapace di assumere una identità pienamente socialista e democratica.
Come si è già detto, Vinciguerra avrebbe potuto sparire nell'anonimato, magari all'estero dove si era rifugiato durante la sua latitanza, assieme ad altri suoi camerati transfughi, presso le sanguinarie dittature sudamericane di allora o presso il perdurante e agonizzante regime franchista in Spagna.
Ma la sua battaglia contro lo Stato comportava anche quella contro i suoi complici deviati, per cui Vinciguerra ha preferito continuare da solo, smascherando conseguentemente, durante gli interrogatori a cui è stato sottoposto, non solo le complicità dei suoi camerati, manovali stragisti, ma anche quella di tale “fiamma tricolore” che allora spesso faceva da tramite tra la manovalanza e le strutture dei servizi segreti dello Stato.
Grande burattinaio di quel periodo, che è stato pure premiato con l'elezione a Presidente della Repubblica persino coi voti dei comunisti, fu Cossiga, che spesso, prima di affrontare le sue responsabilità probabilmente più ampie e complesse dei manovali del terrore di quel periodo nell'oltretomba, ha sovente dichiarato non solo di prendersele tutte, ma ha persino suggerito la stessa metodologia repressiva a chi dovesse trovarsi nelle stesse condizioni oggi, in varie interviste. Forse ora ci è ben chiaro come sia difficile in questo Paese in cui a chi governa l'impunità è garantita, arrivare ai mandanti delle peggiori efferatezze. Cossiga riteneva o meglio voleva che la parentesi fosse chiusa in fretta e furia con il crollo del muro di Berlino e la fine del partito comunista in Italia, ma, osservando la storia con il senno di poi, vediamo bene che l'esigenza di mettere l'Italia “sotto tutela” economica, politica, geostrategica e militare non si è mai esaurita. Non solo continua tuttora, ma anzi oggi a governare il nostro Paese è quella stessa fiamma tricolore, almeno nel simbolo che per questo ci risulta profondamente indigesto, che allora era, per stessa ammissione di Vinciguerra, contigua alla manovalanza neofascista con la duplice funzione di terrorizzare e stabilizzare, anche se i protagonisti di allora ormai sono spariti o morti. Fini lo sapeva bene e per questo volle liberarsi di quel simbolo nefasto che pare però gli sia sopravvissuto non a caso politicamente, come una ciliegina su una torta rancida.
La storia del neofascismo italiano non è complessa, ma abbastanza semplice per chi la vuol osservare. I reduci di Salò furono indirizzati dallo stesso ultimo Mussolini della Repubblica Sociale verso Nenni, ex compagno di gioventù di Mussolini, con intenti socialisteggianti fuori tempo massimo. Nenni, per ovvie ragioni, li respinse, allora essi si rivolsero al Partito Comunista che in parte li accolse, la storia dei “camerati rossi” e di Stanis Ruinas è ben nota. A quel punto i servizi segreti americani cominciarono a preoccuparsi, nell'immediato dopoguerra, che intenti anticapitalisti e antiamericani rossi e neri si sommassero e potessero persino dare origine a cambiamenti rivoluzionari e geostrategici. Di conseguenza, con i loro referenti in Italia, finanziarono abilmente chi potesse “infiammare” i neocamerati e riportarli alla sacrosanta lotta contro il comunismo, creando al contempo una rete paramilitare, chiamata Gladio, in grado di attivarsi in qualsiasi momento e coordinare una strategia della tensione tale da impedire al PCI l'avvicinamento al potere, e al contempo per stabilizzare un “regime democratico” senza possibilità di alternanza politica, ma solo dotato di una certa sua dialettica interna. Non al punto però da mettere in discussione l'assunto generale che l'Italia non può essere un paese pienamente autonomo, indipendente e sovrano.
I neofascisti parlamentari ed extraparlamentari collaborarono e furono pienamente protagonisti di questo servaggio di cui Vinciguerra è diventato pienamente cosciente, tanto da decidere, lui fedele al fascismo che aveva combattuto gli Alleati e la democrazia, di combattere la sua guerra da solo, soprattutto per smascherare le millantature di quell'ambiente dove egli stesso era cresciuto e che aveva tentato di manovrarlo, diremmo fino ad oggi, in cui forse è ancora più contento di ieri di stare in carcere per non condividere il trionfo governativo di quella stessa fiamma tricolore che lui ha sempre considerato la quinta colonna dello Stato atlantista, e la più grossa artefice della millantatura della indipendenza e sovranità dell'Italia, di un patriottismo inesistente che oggi spedisce armi anche da rottamare e porterei dove il “grande capo” comanda. Tanto che se da una parte ci appare assurdo che un uomo così coraggioso e per certi versi dotato di un suo singolare "onore" debba marcire in carcere, dall'altra tirarlo fuori sembrerebbe fargli il più grave torto.
E' chiaro alla luce di tutto ciò che anche certo antifascismo odierno, non quello storico, si intenda, che si celebra il 25 aprile oppure omaggiando Matteotti che ne fu vittima illustre, ma pretestuoso e strumentale perché utile solo ad autolegittimarsi, sia un fantasma tanto velleitario ed inesistente quanto consustanziale alla negazione di ogni qualsivoglia sovranismo o patriottismo possibile che non sia quello delle celebrazioni storiche del passato.
E' tanto assurdo infatti proclamarsi antifascisti in assenza di concreto e sostanziale fascismo, perché il neofascismo, come abbiamo detto e come Vinciguerra conferma non è che una espressione dell'atlantismo, solo un'altra faccia dello stesso neoliberismo che tende a governare il mondo occidentale e non solo, quanto definirsi fascisti, perché l'unico fascista rimasto che non sia nei libri di storia pare sia Vinciguerra nella sua perdurante velleità perché, essendo nato nel 1949, non è mai vissuto durante il fascismo
La cruda realtà è che per noi in Italia il "divide et impera" è l'unica dottrina che regna sovrana e sovranista, l'unica che ci è consentita come negazione di una Patria che non ci deve appartenere. Chi davvero ha provato a scardinarla..Mattei..Moro..Craxi..ma anche coraggiosi magistrati come Falcone e Borsellino, o giornalisti come Pecorelli, scoperchiando certi intrecci con i liquami segreti di certi apparati dello Stato, collusi anche con una manovalanza mafiosa sovente usata nella stessa maniera di quella neofascista, è stato ammazzato senza tanti scrupoli, nella piena convinzione di una perdurante impunità dei vertici di ogni istituzione di una Italia che già Dante definiva più di sette secoli fa “serva e di dolore ostello”, mentre il soldato Ryan continua a guardarci sorridendo e sussurrando: “meritalo se sei capace”.
Carlo Felici
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