Nel 2016 il presidente La Russa portò un mazzo di fiori al monumento di alcuni partigiani caduti nella Lotta di Liberazione ma, si badi bene, lo stesso fece al campo X o dell'«Onore» che raccoglie le spoglie dei caduti della Repubblica sociale italiana.
Oggi ricorda solo quel mazzo ai partigiani in replica a chi lo accusa di non voler festeggiare il 25 aprile, precisando che le sue parole sono state travisate, in quanto non gli piace che questa data venga strumentalizzata in senso propagandistico dalla sinistra
Possiamo dire, pensando all'estromissione della Brigata Ebraica, e alla partecipazione di movimenti filopalestinesi, che effettivamente non ha tutti i torti. La questione però è un'altra.
Già nel 2016 La Russa ebbe a dire: «Non vogliamo dare lezioni a nessuno ma non c'è atto di maggior barbarie di quello di suddividere in meritevoli o meno della pietà umana»
Ora basterebbe ricordare al Presidente del Senato che il 25 aprile non è il 2 novembre e che sicuramente la sua affermazione è validissima, ma si adatta meglio ad una data in cui si celebrano tutti i morti, in nome della pietà umana e senza fare distinzioni tra di loro.
Il 25 aprile resta la data che nella nostra Repubblica democratica segna lo spartiacque tra dittatura e libertà, prima di quella data la libertà era negata, dopo quella data la libertà è stata data a tutti, anche a chi non si riconosce in quel giorno
Diceva Pertini, citato per altro da La Russa nel suo discorso di insediamento al Senato: “Non si può tollerare chi non tollera” e lo diceva riferendosi al fascismo, perché esso era l'incarnazione dell'intolleranza nei confronti di chi la pensava diversamente da quella ideologia
Invece siamo arrivati al punto da tollerare anche i nostalgici che in camicia nera sfilano a Predappio, i vari calendari con il faccione del Duce e i movimenti di varia estrazione che si riciclano continuamente per ripresentarsi con le sigle più diverse ma sempre con la stessa ideologia neofascista. Potremmo dire che questa è la democrazia, anche questa la conquista di coloro che morirono da partigiani e che vivono da cittadini liberi
Ma se avessero vinto gli altri che combattevano con le truppe naziste e che per altro parteciparono ai rastrellamenti di gente inerme e alle brutali rappresaglie? Cosa sarebbe successo? Ovvio che la storia non si fa con i se e con i ma, però non è difficile immaginarlo in un racconto di fantastoria.
La prima cosa sarebbe stata la mutilazione della Patria. Quella che era costata più di un milione di feriti, mutilati e morti tra Risorgimento e Prima Guerra Mondiale che ne fu la conclusione
Adriatische kustenland e Operationszone Alpenvorland si chiamavano le zone di fatto annesse al Reich tedesco, sottratte all'amministrazione della Repubblica Sociale Italiana e amministrate direttamente dai tedeschi che vi arruolavano anche soldati da mandare in Italia, come a via Rasella, in divisa tedesca. Esse comprendevano la provincia di Bolzano, di Trento, Belluno, Gorizia, Trieste, Fiume, quindi buona parte del Veneto, tutto il Friuli e anche Trentino Alto Adige ed l'Istria che allora era ancora italiana
Se i tedeschi avessero vinto la guerra, sicuramente si sarebbero tenute quelle terre, azzerando non solo i risultati della Grande Guerra, ma anche buona parte di quelli ottenuti con le guerre del Risorgimento
Ecco, tralasciando quello che sarebbe accaduto agli sconfitti con la repressione e le deportazioni di massa, soffermiamoci proprio su questa “mutilazione” dell'Italia avvenuta con la complicità di Mussolini e della sua Repubblica Sociale, solo per capire la differenza non certo irrisoria tra chi combatteva da una parte e chi militava nell'altra
C'è una sequenza del film “Il partigiano Johnny” in cui alcuni reduci repubblichini catturati dai partigiani si allontanano su una barca e chiedono ai partigiani rimasti sulla riva: “Se vincete voi che ne sarà della nostra Patria?” Gli altri rispondono seccamente: “Non vi preoccupate..”
Tutto il cosiddetto mito della Patria su cui il fascismo fondò le sue radici fin dall'inizio, fin da quando Mussolini si presentò al re dicendo: “Maestà vi porto l'Italia di Vittorio Veneto”, sarebbe stato rinnegato, e fu effettivamente azzerato quando Mussolini consegnò senza fiatare le conquiste di Vittorio Veneto ad Hitler che non ci avrebbe mai più restituito quei territori, mentre gli americani avrebbero potuto tranquillamente annettersi la Sicilia, contando sul consenso anche di una certa parte dei siciliani, ma si guardarono bene dal farlo e ci aiutarono anche a riprenderci quei territori momentaneamente perduti, e se non ci fossero stati molti comunisti che credevano più nella patria sovietica che in quella italiana, forse avremmo potuto anche conservarne altri lungo il confine orientale.
Ma la storia è sempre quello che è stato, non quello che avrebbe potuto essere, anche dopo la fine della guerra con un prolungamento di rappresaglie e di guerra civile a cui solo il varo della nostra Costituzione pose veramente fine
San Bernardo diceva che “dove la verità e la misericordia si corrispondono, anche la giustizia di Dio e la pace stanno insieme”
E' questa una frase emblematica per trovare la via di una pacificazione definitiva in Italia dopo quasi ottanta anni dai tristi eventi della Seconda Guerra Mondiale. Perché la verità, anche quella storica, se non deve mai comportare la mancanza di pietà e di misericordia, anche nei confronti dei vinti, allo stesso tempo non può e non deve rinnegare se stessa
Pietà dunque e misericordia per i morti della Repubblica Sociale, ma non diciamo che storicamente fossero dei patrioti, nel senso anche inteso dal nostro Presidente del Consiglio, perché erano semplicemente dei giovani prigionieri di una idea sbagliata, una idea che se si fosse realizzata, anzi, che mentre essi stavano cercando di realizzarla, stava portando alla morte della Patria, con la sua mutilazione territoriale e con la negazione definitiva della libertà.
Al contrario gli altri, che giustamente chiamavano loro stessi allora patrioti e non partigiani, quella Patria la volevano libera ed integra e alcuni di loro sacrificarono anche la la loro vita per difenderla da quei comunisti che occupavano quei nostri territori ad Est, in combutta con partigiani italiani ai loro ordini, altrettanto traditori della loro Patria come quelli fascisti. Non si possono mettere sullo stesso piano tutti quei morti, sarebbe una offesa alla storia e alla dignità umana.
Se vogliamo dunque una vera pacificazione in nome della Patria comune, cerchiamo innanzitutto di emendare dal nostro DNA queste perniciose ideologie, non perché si possano mettere sullo stesso piano fascismo e comunismo, ma perché, in modo differente tra loro, hanno a lungo impedito che l'Italia fosse una Patria libera. Il fascismo con la dittatura, il comunismo con la mancanza dell'alternanza politica, perché se i comunisti contribuirono alla stesura della nostra Costituzione e al progresso civile poi, di fatto, prigionieri per 40 anni della loro ideologia, non consentirono che ci fosse, come in tutti i paesi europei, una normale alternanza democratica tra governo ed opposizione, rifiutando a lungo di assumere la fisionomia di un partito socialista moderno, democratico e liberale come ne esistono in tutti i paesi liberi europei, persino in Spagna che uscì dalla dittatura 30 anni dopo di noi.
Io per altro il 25 aprile non lo associo tanto alle manifestazioni, ma ai ricordi di mio padre che non c'è più, un ragazzino a cui bruciava lo schiaffo di un fascista che gli aveva fatto saltare il cappello dalla testa e che sparava alle cicogne tedesche, i ricognitori aerei che schiaffeggiavano le nuvole, roteando come avvoltoi sulla nostra Patria. Ogni anno celebro questa data come fondante del conquista della dignità di una persona e di un popolo. E di schiaffi non ne ho mai dati, nemmeno a mio figlio.
Carlo Felici
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