L'ipocrisia umanitaria aiuta la rete criminale internazionale che organizza gli imbarchi dei migranti
di Roberto Massari
Premetto che mi riconosco pienamente nel recente articolo di Roberto Savio («Immigrazione, molti miti e poca realtà») in cui si mostrano le cifre reali del processo immigratorio, si elencano i vantaggi che derivano all’economia dai flussi migratori (anche se si sottovalutano i danni che tali flussi provocano ai Paesi di provenienza) e mi dichiaro favorevole alla massima accoglienza di tali flussi purché compiuta in maniera umana, legalmente programmata e secondo tradizioni e valori della civiltà laica occidentale (ciioè illuministica).
Nel testo che segue non si parla quindi del fenomeno dell’immigrazione o degli «sbarchi» in quanto tali. Si parla del traffico internazionale di esseri umani e quindi del crimine contro ogni principio di umanità rappresentato dagli «imbarchi», punto terminale di una rete criminale internazionale. Questa è sempre esistita, ma si è rafforzata negli ultimi anni per ragioni che non sono sempre chiare avendo essa delle connivenze negli apparati statali dell’Italia e della Libia, in primo luogo, ma anche di Turchia, Spagna ecc., oltre ai paesi di provenienza.
Per queste ragioni desidero dare la massima visibilità alla lettera che segue, di Fred Kuwornu, regista italiano di origini ghanesi, che dice con franchezza ciò che io penso da molto tempo e che le cifre dimostrano in maniera inoppugnabile: vale a dire che tutta questa storia umanitaria degli imbarchi/sbarchi è gestita da mafie nazionali e internazionali come traffico di esseri umani, una vera e propria «tratta» del XXI secolo. Essa cominciò sfruttando l'emotività pisicologica provocata dai primi naufràgi di gommoni (e forte è il sospetto che essi fossero provocati ad arte) e proseguì come incentivo a un esodo di massa dall'Africa e dall'Asia, violando tutte le norme della civiltà, del rispetto della persona umana, della salvaguardia della vita, creando traffici di prostituzione e nuovo schiavismo, e danneggiando anche la condizione economica dei paesi di provenienza.
Ben presto le «carrette della morte» furono sostituite da navi delle Ong (superpagate per svolgere il trasporto fino a destinazione) e il traffico di esseri umani potè svolgersi più o meno indisturbato per alcuni anni.
La verità è che le Ong (finché è stato concesso loro), le associazioni umanitarie impegnate a favorire gli sbarchi (in realtà… gli imbarchi), i settori della marina coinvolti, faccendieri vari e aziende locali particolarmente interessate agli sbarchi stavano perpetrando o fornendo copertura a uno dei più grandi crimini dell'epoca attuale .
Se esiste il dramma degli sbarchi e se ci sono migliaia di persone morte nelle acque del Mediterraneo è perché esiste il traffico degli imbarchi, gestito da associazioni criminali che fino ad oggi hanno potuto compiere il loro sporco lavoro indisturbate. Anzi, agli inizi, quando erano costrette a usare proprie imbarcazioni, queste venivano loro gentilmente restituite perché potessero continuare la tratta.
So di essere colpevolmente in ritardo, perché da tempo era arrivato l’obbligo morale di gridare forte che tutti coloro che favoriscono in un modo o in un altro il commercio degli imbarchi sono complici più o meno preterintenzionali di questa rete criminale. Essa parte da paesi lontani come il Bangladesh (che è il secondo gruppo etnico per quantità di profughi in questa tratta camuffata da richiesta di asilo politico e proprio il Bangladesh sta a dimostrare che l'asilo politico non c'entra niente, è solo un pretesto), passa per l'Africa centrale e arriva alle sponde del Mediterraneo.
Che queste cose le dica un intellettuale di origini ghanesi (e quindi africane) può forse aprire delle brecce nel cervello della presunta area «progressista» che con le sue campagne umanitarie sugli sbarchi non si rende conto di favoriregli imbarchi, col loro triste seguito di morti o di gommoni fatti affondare appositamente per suscitare la reazione umanitaria dei media. Questo non significa che non si debbano accogliere tutti coloro che riescono ad arrivare sulle coste italiane: ciò è fuori discussione. Ma significa che se non si vuole essere moralmente corresponsabili delle morti per annegamento e del traffico criminale che si svolge prima e dopo gli sbarchi, si deve impedire che avvengano gli imbarchi, si deve cioè intervenire duramente e prima di subito nei luoghi in cui ha origine la tratta. Ma per farlo non c'è altra via che la distruzione fisica delle imprese criminali che gestiscono il traffico.
Misure timide e parziali possono per ora tamponare qualche situazione, come ha dichiarato Massud Abdel Samat (capo dei guardiacoste libici e dipendente dal comando di Tripoli):
«Il nuovo governo italiano ha fatto bene a fermare le Ong, che nei fatti erano funzionali alla tratta. Per i trafficanti e le organizzazioni criminali che prosperano sulla vendita di esseri umani è crisi nera. Una crisi tanto grave che stanno spostando le loro attività in Tunisia e Marocco» (Corriere della Sera del 15/7/2018, p. 3)