Leonardo Boff*
All'inizio
di ogni anno si fanno e si ricevono auguri di pace e felicità. Se
guardiamo con realismo la situazione attuale del mondo e anche dei
singoli paesi, Brasile compreso, quello che manca è proprio la pace. Un
bene così prezioso è sempre desiderato. E dobbiamo mettercela tutta
(quasi quasi dicevo: bisogna lottare, il che sarebbe contraddittorio)
per avere quel minimo di pace, che rende la vita desiderabile: pace
interiore, pace in famiglia, pace nelle relazioni di lavoro, pace nei
rapporti politici, pace tra i popoli. E come è necessaria! Senza contare
gli agguati terroristici, esistono al mondo 40 focolai di guerra o
conflitti, generalmente devastanti.
Sono
molte e a volte misteriose le cause che distruggono la pace o ne
impediscono la costruzione. Mi limito alla prima di queste: la profonda
diseguaglianza sociale mondiale. Thomas Piketty ha scritto un libro
intero sulle Disuguaglianze (Università
Bocconi, 2014). Il solo fatto che circa l'1% di questi multimiliardari
controllino gran parte delle rendite dei popoli; e, in Brasile, secondo
lo specialista del ramo Marcio Pochmann, sei famiglie si dividono il 46%
del PNL mostra il livello della diseguaglianza. Piketty riconosce cha la
maggior parte delle rendite da lavoro sono forse diventate il problema
centrale della diseguaglianza dei nostri tempi e forse addirittura di
tutti i tempi (Op.cit.p.12). Reddito altissimo di pochi, infame miseria di sterminate maggioranze.
Non
dimentichiamo che diseguaglianza è una categoria analitico-descrittiva.
Essa è fredda, perché non lascia trasparire il clamore della sofferenza
che nasconde. Etico-politicamente si traduce come ingiustizia sociale. E,
teologicamente, come peccato sociale e strutturale che coinvolge il
disegno del creatore che ha fatto gli esseri umani a sua immagine e
somiglianza con uguale dignità e stesso diritto ai beni della vita.
Questa giustizia originale (patto sociale e creaturale) si è spezzata
nel corso della storia e ci ha lasciato in eredità l'attuale stato di
una ingiustizia clamorosa, perché riguarda chi non sa difendersi da
solo.
Una delle parti più dirompenti dell'enciclica di papa Francesco su La Cura della Casa Comune è dedicata alla diseguaglianza planetaria (nn.48-52). È bene citare le sue parole:
Gli
esclusi sono la maggioranza del pianeta, migliaia di milioni di
persone. Oggi sono menzionate nei dibattiti politico-economici
internazionali, ma molto frequentemente pare che i loro problemi siano
relegati in una specie di appendice, come un problema che si aggiunge
quasi per obbligo o perifericamente quando addirittura non sono
considerati puri danni collaterali. Di fatto nella implementazione
concreta rimangono spesso all'ultimo posto... è necessario che il tema
della giustizia completi sempre i dibattiti sull'ambiente, perché sia
ascoltato il grido della Terra insieme a quello dei poveri (n.49)
È
qui che sta la causa principale delle distruzione delle condizioni per
la pace, sia tra i singoli esseri umani, sia con la Madre Terra:
trattiamo ingiustamente i nostri consimili; non coltiviamo il sentimento
di equità e solidarietà con quelli che hanno meno e affrontano ogni
tipo di bisogno, condannati a morire prima del tempo. L'enciclica va al
punto nevralgico quando dice: è necessario rinvigorire la coscienza che siamo una unica famiglia umana. Non ci sono frontiere o barriere politiche
o sociali che permettano di isolarci e, per ciò stesso, non c'è spazio
per la globalizzazione dell'indifferenza (n. 52).
L'indifferenza
è assenza di amore, espressione di cinismo e di mancanza di
intelligenza cordiale e sensibile. Argomento sempre ripreso nelle mie
riflessioni, poiché senza di queste non abbiamo voglia di tendere la
mano all'altro né di curare la Terra, essa pure sottomessa a gravissima
ingiustizia ecologica: le facciamo guerra su tutti i fronti fino al
punto che essa è entrata in un processo di caos, con il riscaldamento
globale e i suoi effetti estremi.
Riassumendo: o saremo persone sociali e ecologicamente giuste, oppure mai arriveremo a godere una pace serena.
A
mio modo di vedere, la miglior definizione di pace sta scritta nella
Carta della Terra, dove si dice: La pace è la pienezza che risulta dai
rapporti corretti con se stessi, con le altre persone, con altre
culture, con altre vite, con la Terra e con il Tutto di cui facciamo
parte (n. 16, f). A questo punto è chiaro che la pace non è una realtà a
se stante; essa è il risultato di relazioni corrette con le differenti
realtà che ci circondano. Senza queste relazioni corrette (questo è
giustizia), mai avremo pace.
Per
me è chiaro che nel quadro di una società produttivistica,
consumistica, competitiva e assolutamente non cooperante, indifferente e
egoista, organizzata mondialmente, non potrà esserci pace. Al massimo
qualche rappacificazione. Dobbiamo creare un altro tipo di società che
prenda posizione in relazioni giuste fra tutti, con la Natura, la Madre
Terra e con il Tutto (Il mistero del mondo) a cui apparteniamo. Allora
fiorirà la pace, che la tradizione etica ha definito come opera della
giustizia (Opus justitiae, pax).
*Leonardo Boff, teologo e columnist del JB on line
Traduzione Romano Baraglia e Lidia Arato
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