Le recenti elezioni
europee stanno per essere archiviate, ma la cosiddetta sinistra
sembra, almeno per certi versi, anche se non per tutti grazie al
cielo, più in vena di archiviare se stessa.
Si sente, o meglio si
risente, con un lessico solo nei sinonimi diverso, parlare di “via
mediana”, di “spazio intermedio”, di “terra di mezzo”
E' una posizione
politica, è bene dirlo con chiarezza, che in Europa non esiste, non
esisteva prima di queste elezioni e ancor meno esiste oggi, quando il
PSE, in linea generale, ha preso una sonora batosta, la GUE ha avuto
un risultato apprezzabile ma non eclatante, e sono comparsi come
fenomeni nuovi e sconcertanti, partiti ultraconservatori per la prima
volta come vincitori di tale competizione elettorale, in due dei più
grandi paesi della UE: la Francia e la Gran Bretagna.
Il PD è l'unico partito
aderente al PSE ad aver vinto con una percentuale nettamente
superiore ad ogni suo antagonista, ma sfido chiunque a dimostrare che
il PD è un partito socialista a tutti gli effetti.
Tsipras si avvia a
condurre il partito di maggioranza in Grecia, ed è quasi sicuro che
conserverà la sua maggioranza fino al rinnovo del governo di quel
paese.
Niente sarà più come
prima, e se la Germania si arrocca nella impossibile difesa di un
candidato inossidabilmente conservatore ma, per di più, avversato
dagli stessi conservatori inglesi, essendo una sorta di rottame degli
anni 80, più o meno come se si volesse a presiedere la Commissione
Europea la Tatcher, è pur certo che la sua possibilità di imporre
diktat al resto d'Europa esce fortemente ridimensionata da queste
elezioni.
Da noi la cosiddetta
sinistra batte un colpo, perché finalmente c'è, supera il quorum e
non è destinata a restare nella marginalità della mancata
rappresentanza. Essa raggiunge un risultato apprezzabile,
specialmente considerato l'alto astensionismo italiano, ben superiore
a quello che la medesima sinistra raggiunse nel 2009, anche se era
composta, nel trenino elettorale di Sinistra e Libertà, da altre
forze politiche più spostate al centro: vendoliani, socialisti del
PSI e verdi.
La differenza di
risultato segna anche la differenza di sorte.
Per altro quel trenino
durò assai poco, sebbene molti contassero sul fatto che potesse
trasformarsi in qualcosa di più omogeneo e cioè l'embrione di una
sinistra socialista, ecologista e libertaria
Questo, nel paese dei
piccoli e spesso meschini capitani di ventura politica non è
accaduto.
Dal tramonto della prima
repubblica, i personaggi ed i leader di partito, per quanto piccini o
poco dotati di cultura politica, tendono sempre a prevalere sui
progetti e sugli autentici valori.
Ci si lega ad un capitano
di ventura politica prevalentemente per avere la possibilità di
spartire le spoglie, più o meno ricche del suo bottino. Mentre in un
paese normale, fondato su valori e culture politiche degne di essere
considerate tali, i militanti e i leaders si mettono tutti al
servizio di un programma e di un obiettivo, collaborando strettamente
per raggiungerlo, e, quando non ci riescono, lasciano il posto ad
altri, per tirare la “volata del gruppo”.
I leader di SEL, da prima
delle elezioni, hanno mal digerito una proposta come la lista
Tsipras, che li avrebbe inevitabilmente messi in ombra, come era
prevedibile, date le caratteristiche dello stesso Tsipras e data la
sua metodologia di lotta politica, conseguentemente, essi hanno
aspettato i risultati (chissà magari, sotto sotto, anche cercando di
“gufare” per non raggiungere il quorum) e oggi, avendo subìto mal
volentieri lo smacco della loro base che invece ha voluto partecipare
a questo tentativo di ridare dignità e presenza alla sinistra,
riprendono indefessi la strada di prima.
Quella del partito di
lotta e di governo, di chi sta a presidiare la “terra di nessuno”
(perché questa in definitiva non è altro che la “terra di mezzo”
tra due antagonisti politici) tra chi persegue l'obiettivo di
incrementare il precariato e le privatizzazioni, limitando ancor di
più la sovranità popolare, e chi invece lotta per la
stabilizzazione del lavoro, per i beni comuni e per una democrazia
partecipativa che leghi sempre più indissolubilmente la questione
sociale a quella ambientale, fino a renderle indissolubili.
Cosa ci sia in mezzo a
tali tendenze lo sa solo lo hobbit della “terra di mezzo”, il
signore dell'anello all'orecchio.
Come sia possibile fare
un “un contenitore unico” tra queste due tendenze pienamente
contrastanti lo sa solo “il migliore dei profeti”
dell'impossibile.
Il fatto è però che
quando un carro di tanti vincitori comincia a muoversi, in questo
caso con la pesantezza di un carro armato, e deciso a spianare senza
mezzi termini il suo percorso, la tentazione di svicolare o di
saltarci sopra è inevitabilmente più forte di quella di opporsi o
di prendere un bazooka.
E' del tutto evidente che
non si tratta di aprire l'ennesima “guerra civile della sinistra”,
però si tratta di capire seriamente che cosa si può fare, e
soprattutto se si può fare, con un Partito Democratico
a conduzione neodemocristiana, che non ha intenzione, nelle mire del
suo leader attuale, di scendere a patti con nessuno, forse ancor meno
di come fosse costretto in precedenza lo stesso Berlusconi in vari
casi.
Quando sentiamo parlare
di “soggetto unico della sinistra”, ci chiediamo seriamente cosa
c'entra il PD con la sinistra? E' il PD, specialmente a guida
renziana, un partito di sinistra?
Cosa vuol dire “di
sinistra”? Ha un senso? Specialmente considerando che l'elettorato
è sempre più allergico, nella stragrande maggioranza dei casi, a
quella parola?
Aboliamola che è meglio,
soprattutto vista la perdurante asfitticità di Sinistra Ecologia e
Libertà e la piena nullità della cosiddetta Sinistra Socialista.
SEL non ha ossigeno e non
cresce, ma si ostina a restare seme per se stessa e per il suo gruppo
dirigente, costringendo tutti all'underground dell'underquorum se lo
sbarramento resterà tale. La Sinistra Socialista proprio quando
doveva battere un colpo, tutti i piedi forse anche qualcos'altro
opponendosi nettamente al patto federativo tra PSI e PD, in nome in
una autonomia socialista che reclama ben 122 anni di storia,..si è
squagliata più velocemente della neve al sole.
Oggi il problema numero
uno degli italiani, lo sappiamo benissimo tutti, è il problema del
lavoro.
E quindi a prescindere
dalle etichette o dalle dietrologie, non ci vorrebbe molto per
mandare finalmente in soffitta o in cantina a tracannare sopra i suoi
fallimenti la sinistra, per trasformare un simbolo che pur un
successo, anche se minimo lo ha ottenuto, in qualcosa di più
convincente.
Basterebbe infatti
sostituire la dicitura L'Altra Europa con Tsipras..con L'ALTRA ITALIA
CON IL LAVORO. Vi pare poco? Il lavoro: bene comune numero uno, per tutti a destra, a sinistra e persino sopra e sotto....non un reddito minimo garantito da una elemosina di stato, ma un lavoro, una piena occupazione, tassando di più chi precarizza e delocalizza e sgravando di tasse chi invece lotta per stabilizzare il lavoro degli italiani. Però cambiare simboli o diciture non serve a niente se non si cambia seriamente indirizzo, se non si privilegia l'unità necessaria ad un intento comune.
Ma no..si preferisce
invece continuare a parlare di terre di mezzo, di funeral-comunisti,
di alleanze spurie, di socialismi europei che oramai esistono solo
nella memoria dei sogni postdatati e via dicendo..
Un grande leader come
Thomas Sankara che forse fu il miglior rivoluzionario del XX secolo,
anche più di Guevara perché per primo non solo affrontò, ma anche
risolse insieme la questione sociale e quella ecologica, lottando per
i beni essenziali e comuni del suo popolo, contrastando
contemporaneamente la desertificazione che ne minacciava le pur
misere risorse e trasformando il suo paese da più povero e derelitto
del mondo in un faro di civiltà per tutto il continente africano,
mediante uno sforzo collettivo che mobilitò e restituì dignità e
lavoro ad un intero popolo, denunciando lo strozzinaggio del debito,
molto prima che esplodesse a livello globale la crisi dei debiti
sovrani, anche nei paesi ricchi, e ancor prima che a seguire le sue
orme, democraticamente, fossero leader politici liberamente eletti
come Mujica, ribatezzò la sua terra da Alto Volta in Burkina
Fasu che, nella lingua more e in quella bamanankan, parlate da quelle
popolazioni locali, vuol dire: “la terra degli uomini integri”
Aveva
capito che per far progredire un paese seriamente non serve una
destra o una sinistra, e forse nemmeno un “soggetto politico
unitario”, ma servono essenzialmente uomini integri, non corrotti,
non contaminati dal verbo del profitto e del potere a tutti i costi,
non assuefatti alla poltrona incollata al sedere, non collusi con gli
avvelenatori della terra, non protesi a mantenere enormi privilegi prostituendo i loro seguaci.
L'altra
Italia quindi, quella di cui abbiamo bisogno, è Burkina
Fasu, è
una terra, potremmo dire, riesumando la parola che animò le stagioni
più esaltanti della nostra storia recente: il Risorgimento e la
Lotta di Liberazione, DI PATRIOTI.
Dove
il salto della quaglia è impallinato in partenza.
Carlo
Felici
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