*Leonardo
Boff
Nell'articolo
precedente ci siamo sforzati di riscattare la dimensione di "spirito" vastamente
affogata nella cultura consumista e materialista della modernità. Adesso
vogliamo riscattare la figura dello Spirito Santo, sempre lasciata a margine o
dimenticata nella Chiesa latina. Siccome si tratta di una chiesa di potere, mal
convive con il carisma proprio dello Spirito Santo. Lui è la fantasia di Dio e
il motore delle trasformazioni, proprio tutto quello che la vecchia istituzione
gerarchica non desidera. Ma lui sta ritornando.
Il Concilio Vaticano
II afferma con enfasi: "lo spirito di Dio dirige il corso della storia con
ammirabile provvidenza, rinnova la faccia della Terra e è presente
nell'evoluzione" (Gaudium et spes, 26/281). Lui sta sempre in azione. Ma appare
più intensamente quando succedono cesure instauratrici del nuovo. Quattro
cesure, vicino a noi, meritano di essere menzionate: la realizzazione del
concilio ecumenico Vaticano II (1962-1965); la conferenza episcopale dei vescovi
latinoamericani a Medellin (1968); la nascita della chiesa della liberazione; il
rinnovamento carismatico cattolico.
Con il Vaticano
secondo (1962-1965) la Chiesa ha raccordato il suo passo con il mondo moderno e
con le sue libertà. Soprattutto ha stabilito un dialogo con la tecno-scienza,
con il mondo del lavoro, con la secolarizzazione, con l'ecumenismo, con le
religioni e con i diritti umani fondamentali. Lo Spirito ha ringiovanito con
aria nuova l'edificio crepuscolare della chiesa.
A Medellin (1968) ha
sintonizzato il passo con il sotto-mondo della povertà e della miseria che
caratterizzava e ancora caratterizza il continente latino americano. Con la
forza dello spirito, i pastori latinoamericani fecero un'opzione per i poveri e
contro la povertà e decisero di implementare una pratica pastorale che fosse di
liberazione integrale: liberazione non solo dai nostri peccati personali e
collettivi, ma liberazione dal peccato di oppressione, dall'impoverimento delle
masse, dalla discriminazione dei popoli indigeni, dal disprezzo per i
discendenti dei popoli africani e dal peccato di dominazione patriarcale degli
uomini sulle donne fin dal neolitico.
Da
questa pratica è nata la Chiesa della liberazione. Essa mostra il suo volto
attraverso l'appropriazione della lettura della Bibbia da parte del popolo,
attraverso un nuovo modo di essere Chiesa mediante le comunità ecclesiali di
base, le varie pastorali sociali (degli indigeni, degli afro discendenti, della
terra, della salute, dei bambini e altre) e della loro corrispondente
riflessione che è la teologia della liberazione.
Questa
chiesa della liberazione ha allevato cristiani impegnati politicamente dalla
parte degli oppressi e contro le dittature militari, soffrendo persecuzioni,
imprigionamenti, torture e assassinii. Forse è una delle poche chiese che può
contare con tanti martiri come suor Doroti Stang e perfino vescovi come
Angelelli in Argentina e Oscar Arnulfo Romero a El Salvador.
La quarta irruzione è
stata il sorgere del rinnovamento carismatico cattolico a partire dal 1967 negli
Usa e in America Latina a partire dagli anni 70 del secolo 20º. Questo ha
portato di ritorno la centralità della preghiera, della spiritualità, della
vivenza dei carismi dello spirito. Furono create comunità di preghiera, per la
coltivazione dei doni dello Spirito Santo e per l'assistenza ai poveri e
malati. Questo rinnovamento ha aiutato a superare la rigidezza
dell’organizzazione ecclesiale, la freddezza delle dottrine, ha rotto il
monopolio della parola tenuto dal clero, aprendo spazi per l’espressione libera
dei fedeli.
Questi quattro eventi
sono ben valutati teologicamente unicamente quando li osserviamo con l’ottica
dello Spirito Santo. Lui irrompe sempre nella storia e in forma innovatrice
nella Chiesa che allora si fa generatrice di speranze e di allegria di vivere la
fede.
Oggi viviamo forse la
maggiore crisi della storia dell’umanità. Questa è la crisi maggiore perché può
essere l’ultima. In effetti, ci siamo dati gli strumenti dell’autodistruzione.
Abbiamo costruito una macchina di morte che può ucciderci tutti e liquidare
tutta la nostra civiltà, costruita con tanta fatica in migliaia migliaia di
anni di lavoro creativo. E insieme a noi potrà perire gran parte della
biodiversità. Se questa tragedia avverrà, la Terra continuerà la sua
traiettoria, coperta di cadaveri, devastata e impoverita, però senza di
noi.
Per
questo motivo, diciamo che con la nostra tecnologia di morte abbiamo inaugurato
una nuova era geologica: l’Antropocene. Voglio dire, l’essere umano sta
mostrando di somigliare alla grande meteora che passa radente minacciando la
vita. Lui è capace di preferire l’autodistruzione di se stesso e il danno
perverso della Terra viva, di Gaia, piuttosto che mutare lo stile di vita, di
relazione con la natura e con la Madre Terra. Come un tempo nella Palestina, i
giudei preferirono Barabba a Gesù. Gli attuali nemici della vita potranno
preferire Erode ai santi innocenti. Di fatto appariranno come il Satana della
Terra invece di essere l’angelo Custode della creazione.
È in questo momento
che invochiamo, imploriamo e gridiamo la preghiera liturgica della festa di
Pentecoste: “Veni, sancte Spiritus, et emitte caelitus lucis tuae radium”:
vieni, Spirito Santo e manda dal cielo un raggio della tua luce”. Se lo Spirito
non torna, corriamo il rischio che la crisi smetta di essere una opportunità di
purificazione e degeneri in tragedia senza ritorno. Nelle comunità ecclesiali si
canta: “vieni, o Spirito Santo e rinnova la faccia della terra”.
Leonardo Boff è
teologo, filosofo e scrittore.
Traduzione: Romano
Baraglia – romanobaraglia@gmail.com
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