Quando si discute dello sviluppo di un
Paese si discute esclusivamente del suo sviluppo economico, non
culturale, sociale, ambientale. E questo e', di certo, un limite. Lo
sviluppo complessivo di un Paese si riduce miseramente a cartina di
tornasole della sua sola crescita economica come se questo fosse
sufficiente ad innalzare gli standard di vita della popolazione e ad
aumentare il benessere e la qualita' della vita del cittadino. E'
necessario ma di certo non sufficiente. Sono un po di anni che ormai
sappiamo questa verita'.
Se poi, la rincorsa sfrenata alla sola
crescita economica, oltre che a deprimere la qualita' della vita di
sacche sempre piu' vaste di popolazione, ti dimentica riducendoti a
vittima sacrificale di forme sempre piu' incisive di poverta', allora
alla beffa c'e' anche il danno.
Teniamo conto, infatti, che il reddito
disponibile delle famiglie, dal 2000 ad oggi, si e' ridotto del 4% per
il quintile piu' povero della popolazione a fronte di una crescita del
9% del PIL pro-capite. Il divario tra la fetta piu' ricca e quella piu'
povera della popolazione italiana e' aumentato.
Quando si percepisce, quasi a pelle, la
stanchezza nell’essere forzatamente imprigionati nella povertà e nella
miseria della propria condizione sociale mentre intorno si dispiega
sfacciatamente il graduale dissolvimento della solidarieta' umana per
colpa di una cultura di stampo liberista, ci si rende testimoni di una
vera rassegnazione sociale e civile. Una lenta morte culturale che tiene
il passo ad un degrado sociale ed economico decennale. Sono otto i
milioni di cittadini italiani che vivono in condizione di povertà e
quasi quattro milioni in poverta' assoluta. Tutti rivendicano con rabbia
la riconquista della propria dignità di essere umano.
E’, allora, indubbio che la società
italiana vada rifondata nel suo tessuto economico. Focalizziamoci su due
aspetti. Aumentare e migliorare il lavoro (che sia sempre piu' voluto e
non subito) e, parallelamente, migliorare la sua qualita'
contestualmente alla qualita' della vita, ricordandoci che il lavoro e'
"solo" parte dell'esistenza umana. A rafforzare il binomio
lavoro-qualità della vita è l’idea che l’esercizio di un’attività
professionale sia strettamente legata alla soddisfazione nella vita
sociale. Un lavoro soddisfacente, infatti, porta ad avere contatti
sociali, autostima ed una migliore qualità della vita. La disoccupazione
di lunga durata, invece, è causa essenziale della povertà e del
conseguente deterioramento degli standard di vita. E’ evidente, allora,
che una politica economica che si concentri sul lavoro in quanto tale
senza prendere in considerazione la qualità della vita dell’individuo
sia una politica deficitaria che manca di analizzare il problema lavoro
da una prospettiva più ampia, strategica. Parliamo, quindi, di
progettualità per la definizione e l’implementazione di nuove tipologie
di lavoro inserite in un quadro che tenga conto della dignità della
persona e dell’ambiente.
Cominciamo, quindi, ad incamminarci
lungo due binari principali: 1) abbattimento dell'industria inquinante e
2) riconversione del lavoro verso forme occupazionali ambientalmente
compatibili (vedi l'ILVA di Taranto) le quali, paradossalmente,
potrebbero produrre piu' lavoro e "nuovi" mestieri. Da corollario, ci
sarebbe da valorizzare le risorse del Paese e, di conseguenza, le
energie da fonti rinnovabili; incentivare la piccola-media impresa per
un economia piu' a misura d’uomo; allontanarsi da una mobilita' a
combustione interna; implementare una edilizia che tenga conto del
giusto utilizzo di materie prime e dello smaltimento di rifiuti prodotti
dall’edilizia stessa, evitando il rilascio di sostanze tossiche
all’interno degli ambienti costruiti.
La bonta' delle nostre scelte, le
politiche che porteremo avanti andranno pero' misurate a dovere, tenendo
conto non della quantita' dello sviluppo, ma della sua qualita'.
Dovremo, quindi, fare una battaglia forte per superare il P.I.L, ormai
obsoleto e non piu' coerente con le nostre esigenze, ed utilizzare,
estendendolo al modello Paese, il Q.U.A.R.S., sintesi di quattro indici:
l’indice di Sviluppo Umano, elaborato dall’ONU; l’indice di Qualità
Sociale, composto da indicatori su sanità, salute, scuola e pari
opportunità; l’indice di Ecosistema Urbano, ottenuto da Legambiente;
l’indice di Dimensione della Spesa Pubblica, che valuta i livelli di
spesa su istruzione, sanità, ambiente ed assistenza.
Indichiamo, quindi, la strada al Paese e all'Europa. Che sia percorribile e sostenibile. E che dia una speranza.
Manuel Santoro
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