Il successo di un governo che si propone esplicitamente di raggiungere la libertà per gli oppressi dipende essenzialmente dalla sua capacità di garantire la libertà sostanziale, cioè quella economica. Ed il Sudafrica post-apartheid dominato dall'Anc è un fallimento in tal senso: basti pensare che il 40% dei cittadini di tale Paese vive con meno di 2 dollari al giorno, e che tale percentuale di miseria si concentra proprio sugli schiavi di ieri, mai realmente liberati: neri, coloured, indiani, cinesi (anche se il post apartheid ha riservato alcuni fenomeni di impoverimento anche ad alcune comunità rurali bianche, specie di afrikaner, nonostante l'impetuosa crescita economica, he però è stata guidata da filosofie neoliberiste, basate sioè sull'incremento delle diseguaglianze). La tragedia sanguinosa verificatasi nella miniera di Marikana è soltanto la logica conseguenza di un Paese che non ha saputo, né voluto, liberarsi dalla dominazione neoimperialista delle compagnie minerarie straniere e non ha saputo modificare i suoi assetti sociali.
In questi termini l'analisi fatta da Antonio Moscato è ineccepibile:
Mi limito solo ad aggiungere poche considerazioni: è corretto identificare gli effetti negativi dell'amnistia generalizzata che seguì alla fine dell'apartheid. Un Paese che esce da un regime ha bisogno di conservare la memoria storica dei crimini di quel regime. Ciò significa che i principali responsabili politici, economici e amministrativi di quel regime, nonché i subordinati che si sono resi responsabili di crimini o abusi parrticolarmente efferati, vanno processati pubblicamente e condannati a lunghe pene detentive, e che la storia dei crimini del regime va perpetuata alle generazioni future, nel sistema educativo e anche nella simbologia e nella ritualità sociopolitica. E' tuttavia assurdo pensare di poter smantellare completamente l'apparato economico, amministrativo e giudiziario/poliziesco per sostituirlo con uno nuovo di zecca. Un simile tentativo avrebbe portato il Sud Africa alla catastrofe. Al momento della fine dell'apartheid, le comunità discriminate (non solo neri, ma anche coloured ed indiani) non avevano le competenze per gestire l'economia e l'amministrazione dello Stato, da sempre nelle mani della minoranza bianca. Ma ovviamente ciò non giustifica in nessun modo l'amnistia generalizzata, e la tendenza, da parte soprattutto dei leader attuali dell'Anc, di cancellare con un colpo di spugna anche le responsabilità etiche e storiche dei bianchi, ed in particolare della comunità afrikaaner, la più razzista ed intransigente.
Quella che a me sembra non essere pienamente sviluppata nelle analisi recenti, è la considerazione della realtà economica del Sud Africa. Al momento dell'uscita dall'apartheid, la leadership nera si trovò a dover gestire un'economia che dipendeva (e tuttora dipende in buona misura), per le sue esportazioni, in larga misura dalle risorse minerarie e in secondo luogo da quelle agricole ed agroindustriali (il Sud Africa esporta derrate alimentari in tutto il continente africano). Il crimine più grande è stato quello di gestire in modo liberista, e prono agli interessi industriali esterni, l'industria mineraria, e di non avviare, in forme ovviamente molto morbide e progressive, una riforma agraria.
Però su questi aspetti occorre intendersi: L'Anc non avrebbe potuto oggettivamente nazionalizzare le concessioni minerarie già in essere, perché avrebbe subito la stessa sorte che subì Mobutu nel 1975, quando fece una drastica nazionalizzazione delle miniere dello Zaire: un feroce boicottaggio sui mercati internazionali dei minerali, ed enormi penalizzazioni competitive derivanti dall'affidare a personale inesperto la gestione.
L'Anc avrebbe però dovuto avviare un percorso morbido di nazionalizzazione, iniziando ad esempio dalla proprietà statale delle nuove concessioni, per passare poi all'imposizione di forme di joint venture paritarie Stato/privati sulle concessioni esistenti, al fine di evitare pesanti boicottaggi, e soprattutto di acquisire un know how nella gestione statale delle miniere. E solo a quel punto, nazionalizzare completamente le concessioni in essere. In questo periodo intermedio, poi, avrebbe dovuto costringere le compagnie minerarie non a rispettare i ridicoli parametri del programma BEE (black economic empowerment) che, come peraltro ammette lo stesso governo sudafricano, non è un'azione redistributiva, ma soltanto un intervento (peraltro molto mitigato nel caso di multinazionali che operino nel Paese) per incrementare la partecipazione azionaria e manageriale dei neri nelle imprese minerarie, che peraltro nel 2010 era, nel settore in questione, pari ad appena il 9%, contro l'obiettivo del 15%. L 'Anc non doveva accontentarsi di avere qualche dirigente nero nell'organigramma delle imprese minerarie, oppure qualche mini-azionista nel capitale, a mò di scimmietta per ingannare i fessi (peraltro, stante la endemica corruzione che attraversa il Governo dell'Anc, neri selezionati non di rado in base alla loro fedeltà al partito) oppure gioire perché l'83% della manodopera nelle miniere è nera (peccato però che agli operai venga pagato un salario da fame, e vengano stipati, come bestie, in township fatiscenti e prive di servizi, che ricordano un bel pò le township dei tempi dell'apartheid). Inoltre, da quanto riferisce il Fedusa, il secondo sindacato del Paese, nel settore del platino, dove è esplosa la rivolta, non vi è contratto collettivo, e quindi non vi sono diritti minimi garantiti uniformemente, ma solo contratti aziendali, con i quali le imprese strangolano i lavoratori.
L'Anc avrebbe però dovuto avviare un percorso morbido di nazionalizzazione, iniziando ad esempio dalla proprietà statale delle nuove concessioni, per passare poi all'imposizione di forme di joint venture paritarie Stato/privati sulle concessioni esistenti, al fine di evitare pesanti boicottaggi, e soprattutto di acquisire un know how nella gestione statale delle miniere. E solo a quel punto, nazionalizzare completamente le concessioni in essere. In questo periodo intermedio, poi, avrebbe dovuto costringere le compagnie minerarie non a rispettare i ridicoli parametri del programma BEE (black economic empowerment) che, come peraltro ammette lo stesso governo sudafricano, non è un'azione redistributiva, ma soltanto un intervento (peraltro molto mitigato nel caso di multinazionali che operino nel Paese) per incrementare la partecipazione azionaria e manageriale dei neri nelle imprese minerarie, che peraltro nel 2010 era, nel settore in questione, pari ad appena il 9%, contro l'obiettivo del 15%. L 'Anc non doveva accontentarsi di avere qualche dirigente nero nell'organigramma delle imprese minerarie, oppure qualche mini-azionista nel capitale, a mò di scimmietta per ingannare i fessi (peraltro, stante la endemica corruzione che attraversa il Governo dell'Anc, neri selezionati non di rado in base alla loro fedeltà al partito) oppure gioire perché l'83% della manodopera nelle miniere è nera (peccato però che agli operai venga pagato un salario da fame, e vengano stipati, come bestie, in township fatiscenti e prive di servizi, che ricordano un bel pò le township dei tempi dell'apartheid). Inoltre, da quanto riferisce il Fedusa, il secondo sindacato del Paese, nel settore del platino, dove è esplosa la rivolta, non vi è contratto collettivo, e quindi non vi sono diritti minimi garantiti uniformemente, ma solo contratti aziendali, con i quali le imprese strangolano i lavoratori.
L'Anc avrebbe invece dovuto imporre salari minimi dignitosi, abitazioni decenti, condizioni di sicurezza sul lavoro su standard ottimali, turni di riposo adeguati, diritti per i lavoratori. Non scimmiette da esibire come prova di una presunta uguaglianza nei consigli di amministrazione o nelle assemblee degli azionisti, come previsto dal BEE. Altro che programmi di formazione continua o di start up di nuove micro imprese per i dipendenti, ancora una volta inseriti nel BEE. La base è quella di garantire diritti minimi. E non è stata adempiuta, con la complicità dell'Anc, preoccupato di non disturbare gli investitori esterni, e di mantenere il suo controllo politico sull'elettorato nero, distribuendo prebende ai suoi elettori, anche tramite il programma BEE. Infatti, la piccola borghesia nera arricchitasi tramite il BEE è la base elettorale dell'Anc, mentre il suo braccio sindacale, il COSATU, di gran lunga il sindacato più rappresentativo del Paese, insieme al partito comunista del Sud Africa, alleato di governo (con tanto di Ministri) dell'Anc, vero esempio di stalinista fronte popolare, si sono preoccupati di mantenere sottomesso il proletariato, in un Paese in cui l'astensionismo elettorale oscilla fra il 40 ed il 45%, concentrandosi ovviamente nelle fasce più povere e sfruttate della popolazione, e l'unica opposizione elettoralmente consistente, ovvero Alleanza Democratica, è ancor più a destra dell'Anc.
La reazione del presidente Zuma al massacro (presidente peraltro più noto per i numerosi procedimenti giudiziari per corruzione, reati sessuali, riconoscimenti di figli naturali, bislacche affermazioni come quella per cui “l'Anc governerà il Paese fino alla nuova apparizione di Gesu' Cristo sulla Terra” che per le sue politiche) è a metà strada fra la stupidità e l'ipocrisia: si lamenta del fatto che si sia fatto ricorso alla violenza per risolvere questioni “risolvibili con il dialogo”. Ma di quale dialogo si sta parlando? Con contratti di lavoro aziendali, con un Governo che non fa politiche redistributive o politiche attive del lavoro, ma solo interventi mirati a garantire la riproduzione della piccola borghesia nera di privilegiati a esso legati? Con un partito comunista compiaciuto di stare al potere, ed un sindacato di Governo che reagisce nervosamente, se non aggressivamente, alle iniziative dei sindacati autonomi e di base non allineati alle sue politiche accondiscendenti con il padronato? (Vale la pena di ricordare che il massacro dei 34 minatori è il culmine di una lunga fase di violenza fra il COSATU ed il sindacato autonomo, AMCU, che non è nemmeno riconosciuto ufficialmente come parte integrante delle Commissioni Governo-parti sociali relative all'industria mineraria, come la MIDGETT e la MHSC).
Un problema analogo riguarda la questione agraria. Non basta richiamare l'esigenza di una riforma agraria che espropri i bianchi dalle aziende agricole più redditizie e competitive. Un processo di tale tipo, condotto in modo troppo rapido e radicale, porterebbe semplicemente ad una grave crisi alimentare, ed alla catastrofe del settore agricolo. Tale esperimento è stato fatto da Mugabe, nello Zimbabwe: l'esproprio brutale delle proprietà terriere dei bianchi e la loro redistribuzione a coltivatori neri ha portato il Paese, un tempo autosufficiente sotto il profilo alimentare, ad una gravissima e persistente penuria di generi alimentari di base, ed a una enorme miseria, specie nelle aree rurali sottoposte alla riforma. Tale processo va condotto progressivamente e in modo accorto, espropriando ed assegnando a coltivatori neri soltanto i terreni improduttivi o a bassa produttività, incentivando la proprietà agricola comune fra bianchi e neri nelle imprese sinora di proprietà dei primi, facilitando forme di cooperazione e di comuni rurali sui terreni agricoli in mano a piccoli agricoltori neri che operano oggi in condizioni di mera sussistenza, incentivando una maggiore meccanizzazione, un maggior utilizzo di tecniche agricole efficienti ed un migliore orientamento al mercato delle stesse imprese agricole di sussistenza in mano ai neri.
Il problema vero è che la politica sudafricana deve cambiare profondamente direzione. Il richiamo al Freedom Charter del 1955 è solo un feticcio, poiché le cose che vi stavano scritte (inclusa la necessità di nazionalizzare le risorse minerarie, processo che a mio avviso va realizzato, sa pur con la progressività e le cautele di cui ho prlato prima) sono sistematicamte disattese dal partito che del Freedom Charter è in teoria il portabandiera. Partito di Governo che sta al potere dal 1994, e che ha costruito un sistema di potere basato sulla corruzione, il clientelismo ed il corporativismo sindacale, l'alleanza con i poteri economici esterni, in bocco con poteri bianchi ancora in sella dopo la fine dell'apartheid, e con la piccola borghesia nera, l'unica ad aver beneficiato del superamento di tale regime. Governo che, peraltro, con Zuma, ha assunto anche pericolosi atteggiamenti antidemocratici, con episodi preoccupanti di oppositori che denunciano abusi polizieschi nei loro confronti.