di Carlo Felici
E' piuttosto meschino liquidare quel che sta avvenendo a Cuba, con le numerose proteste in corso e la repressione in atto da parte delle autorità governative, come i conati di un regime in crisi, per non aver saputo far fronte alla sua esigenza di rinnovarsi e nemmeno alle legittime esigenze della popolazione, così come è una palese idiozia imputare il malessere generale che pervade l'isola solamente alla voracità predatoria dell'imperialismo e al blocco economico e commerciale contro l'isola che perdura da ben 60 anni.
Cuba necessita di un cambiamento ma anche di una profonda riflessione e molto probabilmente di una seconda rivoluzione o meglio, di una rivoluzione debitamente aggiornata, le proteste mai così partecipate da 60 anni a questa parte, lo dimostrano palesemente.
A Cuba l'inflazione è aumentata del 500% e la carenza di generi alimentari si somma alla crisi del sistema sanitario e al suo affanno nell'affrontare la pandemia, dovuta soprattutto alla difficoltà di modernizzare le infrastrutture per mancanza di fondi destinati ad investimenti in tale settore. Persino reperire la farina è diventata una impresa proibitiva così come garantire a tutti acqua, energia elettrica e cibo basilari per la vita quotidiana.
E' del tutto evidente che se una rivoluzione finisce per non garantire a tutti ciò per cui ha lottato e ha cercato di affermarsi, allora essa è destinata a collassare su se stessa.
Per un Paese che importa il 70% dei beni alimentari che consuma e che ha visto crollare il suo PIL dell'11%, vedendosi arrestare uno dei principali canali di autofinanziamento pari al 10% del PIL, cioè il turismo, questo è il prologo del collasso.
Cuba che ha sempre fatto della sua lotta strenua all'imperialismo e della sua irriducibilità al diktat del gigante statunitense la sua fiera bandiera di Davide contro Golia, ora si riduce a imporre a molti negozi autorizzati dallo Stato che vendono generi alimentari l'uso dei pagamenti solo in dollari. Questa non può che essere l'ennesima beffa, la goccia che fa traboccare il vaso e rischia di aprirlo come quello di Pandora.
A ciò si aggiunga la riduzione delle vendite di petrolio dal Venezuela che per anni ha sostenuto l'economia cubana, fornendo la principale materia prima energetica a prezzi stracciati, di qui l'arresto di molte centrali elettriche e i numerosi black out nell'isola, e anche il fatto che la principale fonte produttiva dell'isola, la canna da zucchero ha subito una raccolta che è stata tre le peggiori degli ultimi anni.
Cuba ha uno dei migliori sistemi sanitari al mondo e un numero di medici straordinario in rapporto alla popolazione, ma tutto ciò è destinato ad essere vanificato dal fatto che mancano le medicine.
A fronte di tutto ciò, dobbiamo dar ragione al governo cubano quando rileva che l'embargo ha gravissime responsabilità per l'acuirsi della crisi, esso per esempio, dal 2001, esclude i generi alimentari, i medicinali e il materiale sanitario, ma prevede che sia vietato ogni metodo di finanziamento di generi alimentari, imponendo di fatto all'isola di acquistare cibo solo in contanti ed in valuta pregiata, cioè in dollari, ed è evidente che se manca la principale fonte di approvvigionamento in dollari, cioè il turismo a causa della pandemia, comprare cibo dagli Usa che ne sono il principale esportatore nell'isola, diventa alquanto proibitivo
E' vero, d'altra parte, che il governo cubano non ha dimostrato alcuna capacità di riformare il sistema economico, favorendo maggiore flessibilità, controllo ed efficienza. Un sistema che non consente alcuna iniziativa imprenditoriale, che nella sua centralizzazione, non ha facoltà di comprendere come certe leggi non siano più adeguate ai tempi (per esempio anche solo quelle che consentono la macellazione dei capi di bestiame), che in periodi di crisi non serve barricarsi dietro agli slogan, ma bisogna soprattutto più che scendere nelle piazze a contrastare la protesta, andare nei campi e nelle fabbriche a lavorare e a dar il buon esempio, non può che perdere di credibilità verticalmente agli occhi del suo popolo.
Ormai non solo la Chiesa ma anche la Massoneria che ha visto tra le sue file autorevoli protagonisti della indipendenza prima e della rivoluzione poi a Cuba, fanno levare la loro voce per un autentico cambiamento, e un leader che non ha più alle spalle la lotta rivoluzionaria da cui poter trarre anche una benché minima forma di carisma residuo, è come un re nudo in una gabbia che rischia di finire arrosto, perché le sbarre diventano sempre più incandescenti.
Di fronte a tutto ciò, non può che tornare alla mente il fulgido esempio del “guerrillero eroico” non come un mito logorato dal tempo o come un testimonial buono per bandiere sbiadite di ogni stagione, ma per le sue parole e soprattutto per l'esempio che egli seppe dare sia come combattente in tutte le contrade del mondo che come governante e al contempo lavoratore in prima persona in tutti i settori della economia.
Ernesto Che Guevara, tra i suoi numerosi discorsi e scritti diceva così: “O siamo capaci di sconfiggere le idee contrarie con la discussione, o dobbiamo lasciarle esprimere. Non è possibile sconfiggere le idee con la forza, perché questo blocca il libero sviluppo dell'intelligenza”
E' evidente che se si blocca il libero sviluppo dell'intelligenza, si blocca conseguentemente qualsiasi altro settore che si basa sulla stessa intelligenza costruttiva.
Cuba ha dunque bisogno di un'altra rivoluzione ma non armata, perché essa si ridurrebbe ad una tragica e cruenta guerra civile e a guadagnarne sarebbe solo di nuovo il solito capitalismo predatorio.
Cuba ha bisogno di una rivoluzione dell'intelligenza, tale da mettere a confronto per il libero sviluppo delle sue energie pregiate e vitali, tutte le migliori intelligenze dello straordinario popolo che le appartiene, fuori e dentro Cuba, tenendo anche conto del fatto che da Cuba non si scappa più, e non per colpa del cosiddetto regime cubano, ma a causa di chi predica da una parte i diritti del popolo cubano e dall'altra, come Alejandro Mayorkas, segretario alla sicurezza dell'amministrazione Biden, impone alle imbarcazioni di immigrati cubani un disumano respingimento. Un governo americano che non solo continua ad imporre un embargo anacronistico e tragico dopo ben sessant'anni e dopo che lo stesso ONU si è dichiarato contrario per decine di volte, ma che ora nega pure accoglienza agli affamati emigrati cubani,, non è in condizione di pontificare su diritti e democrazia, anche se è retto da un presidente che appartiene ad un “partito democratico”
Cuba si rinnoverà solo grazie allo spirito indomabile e indipendente di tutto il popolo cubano, solo mediante il dialogo tra chi sta fuori e chi sta ancora dentro Cuba, non per l'interesse degli avvoltoi del mercato multinazionale o di qualche boss in cerca di rivincita e nemmeno per quello di chi crede ostinatamente che una nomenklatura di potere possa arrogarsi il diritto di governare in eterno il destino dell'isola, solo grazie agli slogan o alla strumentalizzazione di un passato glorioso.
Cuba saprà rinnovarsi solo se il suo popolo, dentro e fuori dell'isola, comprenderà che “vale la pena di lottare solo per le cose senza le quali non vale la pena di vivere” prime tra tutte la giustizia sociale e la libertà.
“La durezza di questi tempi non ci deve far perdere la tenerezza dei nostri cuori”
Sarà bene stampare nella mente queste “perle” del Che, piuttosto che la sua immagine logora sulle magliette.
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