Negli anni 20 la gente ballava il
Charleston mentre nel mondo si andavano affermando le più feroci
dittature che abbiano mai calpestato il suolo terrestre, diretta
emanazione di una crisi economica epocale del capitalismo rampante.
Oggi la colonna sonora di una crisi che
appare per interi popoli come una condanna ad una lenta ma
inesorabile garrota, potrebbe essere una vecchia canzone di Gino
Paoli: Senza fine...soprattutto nel ritornello che ripete...non hai ieri, non hai domani..in particolare pensando alle nuove generazioni e considerando la negazione della storia e della cultura del passato, in funzione dell'assolutizzazione del presente.
Il Capitalismo ha sempre avuto, come è
stato messo perfettamente in risalto da Marx, mire egemoniche,
imperialiste ed oligarchiche, questa è sempre stata la sua vocazione
originaria e questa sarà sempre la sua tendenza fino alla sua
estinzione.
Se dunque abbiamo avuto lunghi anni di
democrazia, dopo la seconda guerra mondiale e di distribuzione
sociale della ricchezza, è stato solo perché il Capitalismo non era
ancora uscito dalla sua crisi rigenerativa e doveva fare i conti con
un sistema concorrenziale, nei confronti del quale doveva apparire
più libero e più democratico.
Dal momento in cui si è sentito più
forte, non solo ha gettato la maschera democratica alle ortiche, già
dagli anni 80 del secolo scorso, ma, una volta liquidato anche
l'avversario concorrenziale, ha corso sempre di più verso la sua
vocazione originaria, l'accumulo di profitto a vantaggio di pochi e a danno di molti, riducendo esseri umani e natura a merce per fini
speculativi.
La crisi (nel significato originario di
scelta) attuale non è una crisi di percorso, ma di sistema, e non
però nel senso che il sistema stia fallendo, si badi, ma in quello
che il sistema è ormai assoluto, nel senso latino del termine,
absolutus: sciolto cioè da ogni legame e da ogni condizionamento.
Innanzitutto, sciolto dal confronto con un sistema economico e
sociale concorrenziale che non esiste più, poi sciolto da vincoli di
tipo culturale, poiché la sua tendenza è far credere che non
esistano alternative al suo corso, e infine sciolto da vincoli
normativi e legislativi che possano limitarne lo sviluppo e la sua
tendenza ad autoaffermarsi.
La società del capitalismo assoluto
prevede infatti che si metta in opera una democrazia meramente di
facciata e virtuale, all'interno di strutture politiche, sociali ed
economiche rigidamente oligarchiche e classiste, costituite da
pochissimi privilegiati ricchi quanto interi stati, assicurati e
rafforzati da organizzazioni globalmente dominanti (WTO, NATO, BCE,
BILBERG, ecc.), pochi funzionari molto ricchi, esecutori vassalli
delle loro direttive in ambito transnazionale e globale, altri
valvassori abbastanza ricchi nella gestione territoriale del loro
potere a fini di profitto, ed altri ancora valvassini molto
benestanti, in grado di controllare le masse ed impedire sul nascere
ogni forma di dissenso e di protesta nella sua attuazione pratica,
pur lasciando piena libertà di parola e di sfogo in ambito però
esclusivamente teorico e virtuale. Al di sotto di questo vertice
piramidale, una massa di precari, da usare e gettare in base ai
comodi e alle necessità di orientare la ricerca dei migliori
profitti, ovunque, nel mondo, superando frontiere e regole di ogni
tipo, anche in ambito legislativo.
E' del tutto evidente che, in un
contesto del genere, sempre più globalizzato, la sovranità popolare
è un concetto destinato non solo ad essere svuotato, ma, con il
passare del tempo, sempre più rimosso e messo ai margini. Le
Costituzioni nate quindi in periodi storici in cui la costruzione
della democrazia, seppur borghese, era funzionale a contrastare altre
forme di strutturazione sociale e politica, oggi, mutatis mutandis,
non servono più, anzi, sono solo un ostacolo alla crisi necessaria
per affermare il sistema del capitalismo assoluto in maniera
definitiva e permanente.
La revisione costituzionale che si
vuole mettere oggi in campo nel nostro Paese, con una fretta e furia
mai viste nemmeno nelle peggiori repubbliche delle banane,
addirittura con un decreto legge, è figlia di questa situazione e
voluta dai valvassori e dai valvassini che abbiamo già preso in
considerazione, a loro volta incalzati dai vassalli europei dello
stesso sistema imperante.
Il sistema è evidentemente
interdipendente e sinergico: il vassallo mette fretta e il valvassore
si mette a gridare che bisogna correre, infine il valvassino prende
la frusta e fa correre tutti verso gli obiettivi prestabiliti.
Nel nostro caso è più che evidente
che essi coincidono con ulteriori tagli e con il più feroce e
distruttivo: quello della sovranità popolare su mezzo ramo del
Parlamento, ridotto ad una assemblea di nominati, tra i quali, ben
21, da parte del Presidente della Repubblica.
Con la scusa di ridurre i costi, si
riduce la libertà e la democrazia, dimezzandone l'efficacia e
mettendo sotto rigida tutela la metà che ne resta.
Il passo successivo non potrà che
essere la costruzione di una nuova monarchia, rafforzando i poteri
del presidente della repubblica e dotandolo di potere esecutivo e di
controllo sulle camere di rappresentanza, la sua, in particolare.
In tale sistema il presidente sarà
concretamente il primo valvassore del sistema dello sfruttamento
delle principali risorse di un paese a vantaggio dei potentati
transnazionali rigidamente dominati dai vassalli economici
continentali degli oligopoli imperiali globali. Di fatto, risulterà
un dittatore peggiore di quelli dei sistemi totalitari del passato
che, almeno, avevano a cuore l'identificazione dello stato con il
cittadino e per questo assicuravano ancora non solo l'esistenza dello
stato come comunità, ma anche la sua efficienza amministrativa e
sociale, anche se principalmente per fini di propaganda e di
consenso.
La dimostrazione che l'Unione Europea
ha ormai una struttura che ignora del tutto la necessità di
affermare la democrazia nei suoi stati membri, è la palese negazione
della autodeterminazione di quei popoli che non sono più liberi di
scegliere se appartenere o no a tale assetto (vedasi l'impedimento
alla Grecia di svolgere un referendum democratico), l'assegnazione di
governi tutoriali calati dall'alto a paesi sui quali si vuole
esercitare una pressione diretta al fine di cambiare radicalmente la
loro struttura istituzionale (vedasi gli ultimi tre governi
insediatisi in Italia che, in primis, da bravi “valvassori” sono
andati a “giustificarsi” presso i loro “padroni vassalli”), e
infine il riconoscimento anche di governi palesemente antidemocratici
o che fanno addirittura professione di xenofobia e razzismo (vedasi
quello ucraino insediatosi senza alcuna elezione) purché rientrino
fedelmente nella struttura di vassallaggio economico, sociale e
militare prevista dal Reich.
Non tutti i Reich sono uguali, basta
solo confrontare i primi tre per osservare al loro interno profonde
differenze, se dunque oggi ne abbiamo un altro, evidentemente, non si
deve per questo pensare che possa essere la mera riedizione di uno
precedente.
Quello che però lo caratterizza, oggi
come nel passato, come Reich è: 1) La pretesa che ad esso non
possano né debbano esservi alternative 2) La minaccia costante per
chi solo osa immaginare di poterne uscire 3) La costante
delegittimazione e distruzione di chi si ostina a non volerne far
parte.
Dai tempi della dittatura dei
colonnelli in Grecia non si assisteva alla legittimazione di un
governo palesemente antidemocratico come quello insediatosi in
Ucraina con un vero e proprio colpo di Stato. Non è escluso quindi
che, se uno Stato membro della UE si azzardasse ad uscire
dall'assetto che si vuole dominante senza alcuna alternativa, altri
simili colpi di Stato potrebbero essere fomentati e messi in atto, in
spregio ad ogni velleità di far permanere regole democratiche.
Ovviamente se in questi stati le
popolazioni si mettono la museruola o la catena da sole è meglio,
basta solo che non osino pensare o immaginare il contrario, e che
cambino le loro Costituzioni a tal scopo, ovviamente dopo avere
inserito in esse la mina destinata a farle saltare in aria, come il
pareggio di bilancio o il fiscal compact.
In tale assetto, il singolo cittadino
massificato non ha nessun margine di protesta o di possibilità di
cambiamento, specialmente se le tradizionali organizzazioni sindacali
e politiche che un tempo lo tutelavano, vengono progressivamente
assorbite nel sistema di vassallaggio.
Le possibilità quindi di resistenza si
riducono fondamentalmente a tre: 1) l'appartenere ad una
organizzazione, o movimento di contestazione globale di tale sistema,
legata ad un leader capace di tenere unito lo stesso movimento e di
orientarlo verso obiettivi fondamentali di rovesciamento degli
assetti dominanti, 2) la costruzione di un movimento
transcontinentale di contestazione e di rimozione delle tendenze
imperanti, raccordando tra loro forme di protesta politica e
sindacale in ogni settore ed in ogni stato, collegandole inoltre con
strutture ed associazioni che agiscono per i diritti democratici e partecipativi a livello
globale 3) Spingere la protesta alle estreme conseguenze per
radicalizzare lo scontro e fare così uscire allo scoperto la
reazione repressiva, in modo tale da estremizzarla ulteriormente,
palesandola come liberticida.
La prima forma rischia di essere
controllata in maniera non democratica e risultare così, di fatto,
mediante la costruzione di una organizzazione personalistica,
l'ennesima forma di vassallaggio pienamente speculare a quelle
ufficialmente riconosciute. La terza è la più strumentalizzabile,
con opportune infiltrazioni, per fini ulteriormente e ancora più
efficacemente eversivi.
La seconda è dunque quella
maggiormente praticabile e necessaria, ma che comporta un altissimo
livello di partecipazione, impegno e soprattutto di integrità
morale, perché ad essa il sistema imperante non potrà che opporre
la corruzione dei suoi leaders per farne degli strumenti docili di
ammaestramento e divisione delle masse, secondo i propri fini.
Un movimento transeuropeo che davvero
voglia incidere nella struttura portante del Reich in costruzione,
non può limitarsi alla presentazione di liste elettorali, alla
creazione di cartelli di mere alleanze politiche, ma deve sapersi
muovere rapidamente ed efficacemente in ogni settore nevralgico,
politico ed economico del continente, facendo sorgere in
contemporanea e in più nazioni: scioperi, mobilitazioni, forme
variegate di resistenza passiva, occupazioni, e manifestazioni varie
di protesta che, proprio per la loro tempestività, diffusione ed
efficacia, non possano essere occultate dai media controllati dal
sistema.
L'Europa ha di fronte a sé due strade:
o il rafforzamento di un Reich fondato su rigorismo autoreferenziale
e sul taglio drastico delle risorse vitali: in primis della
democrazia, oppure una rapida ed irrefrenabile nuova Primavera dei
Popoli che, come nel 48 del XIX secolo e nel 68 del XX, dilaghi come
un incendio ovunque, non solo in questo continente, ma anche nel
resto del mondo. Non pochi ormai in Sudamerica considerano che quello
che loro vissero negli anni più bui e cruciali della loro storia, è
divenuto oggi destino dei popoli europei.
Non dobbiamo essere pochi, dunque, a
considerare che il sole di una nuova speranza e di un concreto
cambiamento globale non possa e non debba tramontare mai in un mondo
realmente altro, tanto possibile quanto necessario, non solo per le future generazioni ma anche per la Terra e per i suoi popoli minacciati da un sistema liberticida ed ecocida
C. F.
Perche' l ' oppressore varrà' sempre meno del servo che se ne libera.
RispondiEliminaGATTO ROSSO
...soprattutto se i liberatori sono tanti e uniti
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